Buon Natale! E andiamo a canestro!
Mentre scrivo ho la febbre (non so perché, ma a Natale spesso mi ammalo) e quindi le quattro idee che esporrò potranno risultare sconnesse (ancora più sconnesse del solito, voglio dire). Comunque il tutto si può riassumere in una sola parola: stanchezza.
Sì, sono stanco. Stanco di tutte le complicazioni con cui stanno rovinando la nostra fede cattolica.
Se c’è una cosa che mi è sempre piaciuta dell’essere cattolico è la bellezza della nostra fede. La bellezza della verità divina.
Da un bel po’ di tempo, però, qualcuno la vuole imbruttire. A colpi di ambiguità umana.
La sciagurata Fiducia supplicans, da questo punto di vista, è solo l’ultimo schiaffo. Ed eccoci qui, tutti quanti, per l’ennesima volta a precisare, distinguere, puntualizzare, sottilizzare. Eh, una cosa sono i sacramenti e una i sacramentali! Eh, una cosa le benedizioni ascendenti e una le benedizioni discendenti! Eh no, guarda che il documento dice così ma anche cosà! Eh, guarda, non è proprio così, ma anche cosà. Eh, la regola c’è, ma, vedi, Francesco si preoccupa della diversità…
Sembra che per essere cattolici oggi si debba essere un po’ aruspici, intenti a indagare tra le viscere dei documenti vaticani, e un po’ enigmisti esperti, in grado di decrittare messaggi in codice.
Lo stesso papato ormai è diventato oggetto di elucubrazioni sempre più sottili e inestricabili. E chi è veramente il papa e chi non lo è. E che cosa ha veramente voluto Benedetto XVI e qual è il codice sotteso alle sue scelte. E il munus e il ministerium. E la sede impedita e la sede usurpata. E rinunzia sì, rinuncia no, rinuncia valida e rinuncia invalida, rinuncia ma, forse, chissà, boh… E che cosa vuol dire veramente il dato testo e che cosa veramente non vuol dire…
Massimo rispetto verso chi si impegna onestamente in tali distinzioni. Ma c’è un limite oltre il quale si cade nella supercazzola. Da semplice cattolico, chiedo pietà. Tutti questi cavilli, tutte queste complicazioni, tutti questi dibattiti, questi arzigogoli senza fine! Per favore, fatemi scendere!
Davvero nostro Signore ci chiede di diventare occhiuti azzeccagarbugli armati di codici, tutti intenti a scovare il cavillo più cavilloso? O non ci parla, piuttosto, con l’eterna limpidezza del Vangelo? Ascoltiamolo.
“Guardatevi dai falsi profeti che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro son lupi rapaci. Dai loro frutti li riconoscerete. Si raccoglie forse uva dalle spine, o fichi dai rovi? Così ogni albero buono produce frutti buoni e ogni albero cattivo produce frutti cattivi; un albero buono non può produrre frutti cattivi, né un albero cattivo produrre frutti buoni. Ogni albero che non produce frutti buoni viene tagliato e gettato nel fuoco. Dai loro frutti dunque li potrete riconoscere” (Matteo 7, 15-20).
“Dai frutti li riconoscerete”. C’è forse bisogno di aggiungere altro?
Proposito per il nuovo anno: tornare alla limpidezza della Parola accolta e meditata con fede, evitando di lasciarci logorare dalle dispute cavillose.
Siccome mi piace la pallacanestro, lo dirò così: vorrei pochi palleggi e tanti passaggi! Basta con i lunghi palleggi che non portano da nessuna parte. Basta con i palleggiatori che si compiacciono delle loro parole, si parlano addosso, ma non passano la palla, non fanno viaggiare la fede, non trasmettono nulla.
No, non è così che si va a canestro.
Buon Natale!
A.M.V.