La messa è finita. Una cronaca
di Vincenzo Rizza
Caro Valli,
di seguito la cronaca della messa della vigilia di Natale in una città del centro Italia. La chiesa, molto bella e molto grande, con mio stupore e compiacimento, è piena di fedeli. Altri arriveranno e dovranno stare in piedi.
Sui banchi sono appoggiati i libretti appositamente stampati per l’occasione.
Comincio a sfogliarne uno e capisco che sarà una serata difficile.
La funzione ha inizio alle 23. Si comincia con la lettura di due testimonianze di una madre palestinese e di un ragazzo israeliano. Si prosegue con testimonianze di “alcuni testimoni della pace in tempi di violenza”. Cattolici? Neanche per idea: Martin Luther King, Dietrich Bonhoeffer (teologo luterano tedesco ucciso dai nazisti), Anna Frank, Mahmoud Darwish (poeta palestinese). Bei messaggi, non c’è che dire, che il sacerdote, tuttavia, esplicitamente spaccia come “preghiere” e che non capisco (ma sarà certo un mio limite) cosa c’entrino con la vigilia della nascita del Redentore.
In mezzo, finalmente, la lettura di qualche salmo e preghiera cattolica, ma soprattutto brani dai discorsi di due papi.
Il primo, di papa Francesco, tenuto a Manila nel 2015, sulla famiglia. Parole belle e condivisibili: “Dio ci chiama a riconoscere i pericoli che minacciano le nostre famiglie e a proteggerle dal male. Stiamo attenti alle nuove colonizzazioni ideologiche che cercano di distruggere le famiglie. Non nascono dal sogno, dalla preghiera, dall’incontro con Dio, dalla missione che Dio ci dà. Custodite le vostre famiglie! Proteggete le vostre famiglie! Le famiglie avranno sempre le loro prove … siate santuari di rispetto per la vita, proclamando la sacralità di ogni vita umana dal compimento fino alla morte naturale”.
Mi domando: ma è lo stesso papa Francesco che sei anni dopo approva un documento che nega la benedizione alle coppie omosessuali e due anni dopo concede la sua approvazione a Fiducia supplicans adeguandosi a quelle “ideologie che cercano di distruggere le famiglie”? Pare di sì.
Cosa sarà cambiato in questo lasso di tempo? Trovo la risposta nel profetico discorso del secondo papa, Benedetto XVI. È tratto dall’omelia pronunciata dall’allora cardinale Ratzinger nella Missa pro eligendo romano Pontifice del 2005: “Quanti venti di dottrina abbiamo conosciuto in questi ultimi decenni, quante correnti ideologiche, quante mode di pensiero…. Avere una fede chiara, secondo il Credo della Chiesa, viene spesso etichettato come fondamentalismo. Mentre il relativismo, cioè il lasciarsi portare ‘qua e là da qualsiasi vento di dottrina’ appare come l’unico atteggiamento all’altezza dei tempi odierni. Si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie. Noi, invece, abbiamo un’altra misura: il Figlio di Dio, il vero uomo. È lui la misura del vero umanesimo. ‘Adulta’ non è una fede che segue le onde della moda e l’ultima novità; adulta e matura è una fede profondamente radicata nell’amicizia con Cristo. È quest’amicizia che ci apre a tutto ciò che è buono e ci dona il criterio per discernere tra vero e falso, tra inganno e verità …”.
Constato, allora, con rammarico che, incuranti degli ammonimenti di papa Benedetto XVI, i vertici della neo-chiesa in uscita sono rimasti ammaliati prorpio da “qualsiasi vento di dottrina” che soffia sulla Barca di Pietro, sballottata dal relativismo e dalle mode del momento. È così che, perso anche il senso del ridicolo e insensibile al dovere di ogni buon pastore di curare il gregge e ogni anima anziché assecondarne ogni capriccio, il nuovo pontefice arriva a smentire perfino sé stesso autorizzando ciò che aveva negato appena due anni fa.
La celebrazione prosegue con l’omelia: il sacerdote, approfittando del fatto che a San Pietro la vigilia è stata celebrata nel tardo pomeriggio, fa una sintesi ai fedeli dell’omelia di papa Francesco e conclude augurando a tutti buon Natale. Parte subito dalle gradinate un applauso di ringraziamento, fortunatamente non assecondato dalla maggior parte dell’assemblea.
Dulcis in fundo: il celebrante prepara i fedeli per la benedizione solenne istruendoli a rispondere amen a ogni invocazione. Ad un tratto, tuttavia, viene preso dall’irrefrenabile impulso di precisare che, alla faccia di tutti i critici, lui la benedizione la dà proprio a tutti, belli e brutti, perché così si fa. Ogni riferimento a Fiducia supplicans è chiaramente voluto.
La messa è finita … il novissimus ordo della chiesa universale è appena iniziato.