Sulla vicenda di don Ramon Guidetti, scomunicato dal suo vescovo per aver detto in chiesa che Bergoglio non è papa ma un usurpatore e che il papa era Ratzinger, ricevo questo commento di Aurelio Porfiri.
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di Aurelio Porfiri
Mai come in questo ultimo decennio si è parlato tanto di misericordia, ma la parola è stata usata a volte completamente a sproposito. Certo, la misericordia è una categoria importante della spiritualità cristiana, ma questa non va mai disgiunta dalla necessaria giustizia. Le due categorie vanno necessariamente insieme e non possono esistere disgiunte una dall’altra.
Da parte progressista si parla continuamente di misericordia senza tenere in conto il ruolo della giustizia. E purtroppo oramai non ci facciamo più caso.
Sorprende che qualcosa di analogo succeda anche nella vasta e composita galassia tradizionalista. Vorrei prendere l’esempio del parroco di Livorno scomunicato dal vescovo perché nell’anniversario della morte di Benedetto XVI ha dichiarato che quest’ultimo non avrebbe veramente abdicato e che Francesco sarebbe un usurpatore. Il parroco, don Ramon Guidetti, in questo modo aderisce di fatto alle tesi che un tempo si sarebbero chiamate “sedeimpeditismo” e che hanno come rappresentante più in vista l’ex sacerdote Alessandro Minutella. Don Guidetti ha dichiarato che la lettera di scomunica del suo vescovo, monsignor Simone Giusti, è qualcosa di cui si vanta, tanto da incorniciarla. Poi ha detto di provare “amarezza nel cuore, per questa cecità e questa durezza da parte di colei che dovrebbe essere una madre, la Chiesa”, perché “dovrebbe essere materna e in realtà è una tiranna”. Quindi lasciando intendere che nel suo caso la Chiesa avrebbe mancato, appunto, di misericordia.
Ma è così? Se un sacerdote compie un atto con cui rifiuta l’autorità del pontefice (non discutiamo qui le ragioni) non è ovvio che la Chiesa, che è sotto l’autorità del pontefice stesso, eserciti la giustizia impedendo a quel sacerdote di diffondere le sue idee fra i fedeli? Un sacerdote che si richiama alla maggiore solidità dottrinale di Benedetto XVI dovrebbe sapere che la misericordia non è disgiunta dalla giustizia. È ovvio che se rifiuti l’autorità del pontefice in quanto tale (il che è diverso che criticare il suo operato) ti metti fuori della Chiesa.
Qui non si discutono o motivi che hanno spinto don Guidetti a compiere questo passo. Ovvio che esiste una crisi profonda nella Chiesa, è sotto gli occhi di tutti. Ma a questa crisi si possono dare varie risposte, come quella di chi, pur soffrendo, cerca di rimanere nella Chiesa anche se è molto difficile. Se invece si sceglie di recidere completamente il legame con l’autorità suprema della Chiesa, come don Guidetti sa bene, è ovvio che la stessa autorità a un certo punto ti notifichi il risultato della tua decisione, che è la scomunica automatica.
Naturalmente non discuto le buone intenzioni o meno del sacerdote e immagino la sofferenza profonda che lo ha portato a compiere un gesto così drammatico. Posso anche immaginare lo smarrimento dei fedeli, se affezionati al loro parroco. Come detto sopra, è evidente che nella Chiesa la crisi è profonda e fa nascere in molti di noi tante domande. Ma non tutte le risposte a queste domande sono giuste, ed è pretestuoso tirare in ballo un presunto deficit di misericordia quando in situazioni come questa essa non può che essere accompagnata dalla giustizia della sanzione. Anzi si auspicherebbe che la stessa giustizia fosse applicata sempre, non solo a “destra” ma anche a “sinistra”.