Il cristianesimo contraffatto e la falsa misericordia di “Fiducia supplicans”. Nel regno della menzogna, come sotto il comunismo

di Robert Lazu Kmita

In Romania, sotto la dittatura di Nicolae Ceaușescu, i concetti di “surrogato” o “sostituto” erano diventati comuni. La mancanza di beni di prima necessità – soprattutto cibo e vestiti – era qualcosa di normale, così come le lunghe file davanti ai negozi.

Contro la povertà diffusa, l’unica difesa a disposizione della gente era l’umorismo. Era tutto ciò che ci restava. Ed ecco una delle barzellette più note di quel periodo.

Un compagno (termine usato dai comunisti in alternativa al “signore” borghese o aristocratico) si mette in fila davanti a un negozio di alimentari. Ansioso di sapere quali prodotti stanno tutti aspettando, chiede alla persona davanti a lui. Non lo sa. Chiede alla persona successiva. Nemmeno lei lo sa. Va allora di persona in persona in persona chiedendo sempre la stessa cosa ma, con suo grande stupore, nessuno sa che cosa stanno aspettando. Infine chiede al compagno che è il primo della fila. “Compagno! Che cosa stiamo aspettando? Che cosa vendono?”.

Quello lo guarda e dice: “Ieri sera ho bevuto troppo. Stordito, mi sono appoggiato a questo muro e mi sono appisolato. Quando mi sono svegliato, dietro di me si era già formata la coda”.

Incredulo, il nostro uomo dice: “Quindi non si vende nulla! Ma allora perché te ne stai qui?”.

Il finale è assolutamente surreale: “Non vorrai che me ne vada ora che sono il primo!”.

Ecco. Nonostante l’imbarazzo, nella Romania comunista noi ridevamo di queste battute. L’illusione era che l’umorismo ci aiutasse ad affrontare meglio la situazione drammatica.

Il mondo creato dal comunismo si riduce a questo: un’enorme bugia. Un mondo nel quale bevevamo nechezol al posto del caffè e mangiavamo salame di soia mentre i propagandisti ripetevano incessantemente che presto avremmo raggiunto il paradiso terrestre creato dal sistema monopartitico.

Per mantenere l’apparenza del trionfale percorso del proletariato verso la società socialista sviluppata, a partire dagli anni Ottanta i comunisti escogitarono il trucco degli alimenti sostitutivi. Che in realtà erano alimenti surrogati. Il caso del nechezol è tipico. Dopo che il vero caffè scomparve dai negozi, fu introdotto un sostitutivo, il nechezol appunto, che era caffè solo per un quinto, perché il resto era composto da orzo, avena, ceci e castagne. Di qui il nome, perché a necheza significa nitrire e l’avena viene data ai cavalli. In più ci aggiunsero il suffisso ol per conferire al nome un tocco scientifico (necessario dal momento che Elena Ceaușescu, moglie del dittatore Nicolae Ceaușescu, era definita ufficialmente “scienziata di fama mondiale”).

Bugia, finzione, inganno. Ecco il comunismo. Il nechezol non era caffè ed Elena Ceaușescu non era una scienziata chimica. Anzi, intellettualmente non era nemmeno al livello di una studentessa delle medie. Ma questo è il mondo creato dal comunismo.

Ebbene, la situazione della Chiesa negli ultimi decenni è incredibilmente simile a quella della Romania di Ceaușescu. Per decenni ci sono stati offerti continuamente surrogati invece di tutto ciò che la Tradizione della Chiesa di nostro Signore Gesù Cristo ci ha donato per più di due millenni per la nostra purificazione, santificazione e salvezza. La grande falsificazione cominciò ben prima del Concilio Vaticano II, già nel XIX secolo, quando pseudo-teologi influenzati dal metodo storico-critico cominciarono a proporre interpretazioni dei testi sacri della Bibbia in palese contraddizione con tutto ciò che i santi del passato ci avevano insegnato. Questi nuovi “dottori”, che somigliavano più a Martin Lutero che a san Giovanni Crisostomo, ci dicevano che i testi sacri erano stati fraintesi sotto l’influenza delle correnti intellettuali medievali dominate da una visione gerarchica, monarchica e non egualitaria, propria dell’Impero Romano d’Oriente e d’Occidente cristianizzato da imperatori come Costantino, Teodosio e Carlo Magno. Se le rivoluzioni – protestante, francese e bolscevica – sostituirono la regalità e la gerarchia cristiana con la democrazia e l’egualitarismo, i riformatori riscrissero l’intera storia per proletarizzare la Chiesa e democratizzare la sua gerarchia.

Dopo la distruzione dell’esegesi della Sacra Scrittura, il successivo grande colpo sferrato da questi falsari modernisti fu senza dubbio la sostituzione della liturgia cattolica romana, di origine apostolica, con una versione contraffatta. Il cardinale Ratzinger, in un momento di ispirazione, descrisse magistralmente il processo di falsificazione della liturgia tradizionale: “Non c’era mai stato nulla di simile in tutta la storia della teologia. Il vecchio edificio fu demolito e ne fu costruito un altro”. La liturgia non fu più uno sviluppo vivo, “ma il prodotto di un lavoro scientifico e dell’autorità giuridica”. Il che ha causato “un danno enorme” perché da allora la liturgia è qualcosa che l’uomo fa, non qualcosa di dato [1].

Nella lingua romena c’è una parola – făcătură – che esprime molto bene ciò che i riformatori di Paolo VI guidati dall’arcivescovo Annibale Bugnini fecero con la santa liturgia. Questa parola può essere tradotta con “falso”, “non autentico”, “contraffatto”. Ed è ciò che ci viene offerto da decenni con la versione novus ordo della sacra liturgia. Il trucco, usato nel passato, è utilizzato anche adesso. L’ho capito durante un colloquio con una “teologa” formata in una illustre università cattolica europea.

Visibilmente indignata per le critiche da me espresse nei confronti della nuova liturgia, lei controbatteva alle mie argomentazioni con una risposta unica, basata più sul principio di identità che su un solido ragionamento: “La messa novus ordo è la stessa di quella vecchia. Non c’è alcuna differenza significativa”. Secondo lei non era cambiato nulla. Non vedeva alcuna discrepanza, nessuna rottura, nulla di discontinuo.

“Ma se così fosse – obiettai – perché cambiare? Perché un’operazione di sostituzione così totale? Perché eliminare l’antica liturgia, celebrata e venerata per secoli dai santi?”.

Ma per lei la mia domanda non aveva senso. Ripeteva che non era stato sostituito nulla: “C’è stata solo qualche modifica estetica, qualche adattamento alla mentalità moderna. Per il resto tutto è rimasto uguale”. Questa la convinzione della “teologa”, che è poi quella di tutti coloro secondo i quali dobbiamo partecipare alla nuova liturgia senza guardare al passato.

Non ho mai dubitato della buona fede e delle intenzioni della mia interlocutrice. Purtroppo, però, conosciamo fin troppo bene quel vecchio detto: “La via per l’inferno è lastricata di buone intenzioni”. Oggi ci rendiamo pienamente conto che proprio questa è la ragione più profonda per cui i cosiddetti cattolici “conservatori” non hanno alcun problema con i cambiamenti apportati negli ultimi decenni dai papi modernisti. L’argomentazione è sempre la stessa: nulla è cambiato, abbiamo solo adattato un po’ la Tradizione alle esigenze del mondo moderno. La famosa nozione di aggiornamento è stata usata per minare, probabilmente inconsciamente ma certamente senza incontrare quasi alcuna resistenza, tutto ciò che nella Chiesa era ed è veramente tradizionale.

Non solo la liturgia, ma anche i sacramenti, le ore canoniche, il dogma cristiano (soprattutto gli insegnamenti su Dio come giudice che punisce i peccati e premia le virtù), la moralità: tutto è stato completamente alterato e trasformato in qualcosa di nuovo. Tutto questo, ripeto, è stato probabilmente fatto in buona fede, come nel caso di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Sono (quasi) certo che anche papa Francesco sia convinto che le sue opere servano la nobile, grande causa di riformare e adattare la fede cristiana al contesto caotico di un mondo al crepuscolo. Come ho detto: la strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni.

La strategia è sempre stata la stessa. Perseguita con la convinzione che fosse l’unica soluzione possibile di fronte al mondo moderno, essa consiste nell’affermare gli insegnamenti tradizionali e contemporaneamente, nella pratica e talvolta nella dottrina, negarli e respingerli. Ad esempio, mentre si respingeva categoricamente la possibilità che le donne venissero ordinate sacerdote, sotto il pontificato di Giovanni Paolo II si sosteneva e promuoveva l’emancipazione della donna e l’inserimento nella liturgia delle chierichette. Oppure, nel caso di Benedetto XVI, mentre le esigenze della morale cristiana erano chiaramente affermate, allo stesso tempo il successore di Pietro sosteneva la necessità di un governo unico e globale.

Oggi, però, dopo le innumerevoli innovazioni di papa Francesco e, soprattutto, dopo la pubblicazione della dichiarazione Fiducia supplicans, la situazione è arrivata a un punto parossistico.

Il cardinale Fernández vuole farci credere che il documento della Congregazione per la dottrina della fede è una risposta diretta contro i vescovi tedeschi e i “riformatori” laici: quelli di cui George Weigel ci ha parlato, non solo eretici ma apostati [2]. Nel recente comunicato della Congregazione da lui guidata, il cardinale Fernández afferma ancora una volta che l’insegnamento tradizionale e immutabile della Chiesa riguardo al matrimonio non è cambiato [3]. Posso quasi vedere gli amici conservatori annuire in segno di approvazione e dirmi: “Vedi, non c’è problema, l’insegnamento va bene. Niente è cambiato”. Ma questa volta alcuni di loro non riescono più a dormire sonni tranquilli, perché hanno incominciato a rendersi conto che ciò che sostiene e promuove l’attuale successore del pescatore Pietro è sospetto. Lo dimostrano chiaramente le reazioni di alcuni vescovi coraggiosi di diversi Paesi.

Allo stesso tempo, però, per la stragrande maggioranza dei “conservatori” le spiegazioni fornite dalla Congregazione per la dottrina della fede sono soddisfacenti. Niente deve scuotere la loro convinzione basata sul cosiddetto iperpapalismo brillantemente analizzato dal professor Peter Kwasniewski: secondo loro, essendo una sorta di superuomo spirituale, il papa non può mai sbagliare. E, naturalmente, non può in nessun caso essere un eretico o uno scismatico. Sfortunatamente per loro, il principio di realtà li contraddice.

L’immensa confusione generata e amplificata negli ultimi anni è indicativa di azioni senza precedenti da parte di molti gerarchi eterodossi (cioè eretici). In sostanza, tutto quello che abbiamo ascoltato negli ultimi dieci anni ci porta a credere che l’attuale pontefice abbia convinzioni contrarie agli insegnamenti più basilari della fede, come quello della punizione eterna per chi si ostina a non pentirsi, violando i principi della morale cristiana. I veri precursori dell’Anticristo, come Giuda e Lutero, così come i leader della “teologia della liberazione”, vengono ora presentati come vittime, non come colpevoli. E i vescovi tedeschi “riformatori”, e altri vescovi come loro, sono affrontati con il dialogo, non con le scomuniche e l’appello al pentimento. Tutto ciò ci mostra chiaramente le convinzioni intime e profonde della gerarchia vaticana. In pratica, al grande cambiamento liturgico voluto da Paolo VI è seguito, a poco a poco, un grande cambiamento nella fede cristiana. E noi ne vediamo e sperimentiamo le conseguenze.

Come i comunisti ci diedero il nechezol al posto del caffè, chiedendoci di fingere che tutto fosse bello, meraviglioso e paradisiaco in un mondo di pace e di armonia proletaria, oggi la Chiesa ci propone una fede diversa da quella del Vangelo, una fede contraffatta, in nome della pace e dell’armonia universali.

Ma tra le bugie dei comunisti e quelle dei modernisti c’è una differenza enorme. Nessuno, che io sappia, è morto a causa del surrogato venduto dai comunisti al posto del caffè. Ma la fede mista al veleno delle eresie è qualcosa che certamente uccide l’anima di chi si lascia ingannare. Come hanno più volte affermato vescovi e sacerdoti della Fraternità San Pio X, è impossibile bere l’acqua di un pozzo in cui sia stata versata anche una piccola quantità di veleno, con il pretesto che non esiste alcun pericolo. In realtà il pericolo è enorme. E i segnali ci sono tutti.

Sapete che la Polonia, a maggioranza cattolica, ha uno dei tassi di natalità più bassi d’Europa? Quale potrebbe essere la spiegazione? Lascerò i dettagli di tali analisi per altri articoli. Dirò solo questo: la morte delle anime è sempre accompagnata dal dilagare di una cultura di morte che fa di tutto per ostacolare, come un Erode globale, la procreazione, la vita e soprattutto la santità. Come si è visto nel caso di tutti i paesi comunisti, che hanno prodotto in serie orrori come l’Arcipelago Gulag descritto da Alexander Solzhenitsyn o il Fenomeno Pitești descritto da scrittori come Virgil Ierunca, Cassian Maria Spiridon e Romulus Rusan, questo è sempre stato il risultato della contraffazione, non solo per quanto riguarda il cibo, ma l’intera società e i suoi valori fondamentali incentrati sulla famiglia monogama.

Noi laici possiamo parlare molto, ma tutte le nostre parole non equivalgono all’intervento decisivo di un vescovo o di un cardinale fedele al Vangelo di Cristo Salvatore. A tutti loro desidero qui ricordare, con filiale rispetto, una sola parola del santo cardinale Roberto Bellarmino. Egli, pur propendendo per la pia ipotesi dell’impossibilità dell’esistenza di un papa eretico, tuttavia, riflettendo su tale possibilità, scrisse quanto segue:

Per la Chiesa sarebbe la condizione più miserabile se fosse costretta a riconoscere per pastore un lupo manifestamente vagante (De Romano Pontifice, Libro II, Capitolo 30).

_______________

[1] Peter Seewald, Benedetto XVI. Un ritratto intimo, Ignatius Press, San Francisco, 2008, p. 204.

[2] George Weigel, La crisi tedesca, la Chiesa mondiale e papa Francesco: «Si dice spesso che il cattolicesimo tedesco sia in uno scisma di fatto. Questa è una descrizione inadeguata della crisi tedesca. Il cattolicesimo tedesco manifestato nei documenti del Cammino sinodale è apostasia. Il Cammino sinodale tedesco non accetta la “fede che è stata trasmessa una volta per tutte ai santi” (Gd 1,3). Piuttosto, uno dei suoi testi “fondamentali” affermava all’inizio di quest’anno che “anche nella Chiesa opinioni e modi di vita legittimi possono competere tra loro, anche in termini di convinzioni fondamentali”».

[4] Dicastery for Doctrine of the Faith clarifies application of “Fiducia supplicans”

Fonte: remnantnewspaper.com

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