di The Wanderer
Una premessa. Per i pazienti lettori, come per me, è sicuramente stancante e noioso continuare a parlare dello sciagurato documento Fiducia supplicans promulgato dal Vaticano e delle malefatte del pornocardinale Víctor Fernández. Quanto vorremmo discutere su questa pagina, come facevamo ai bei tempi di papa Benedetto, di argomenti più profondi e appassionanti! Tuttavia, la situazione nella Chiesa è estremamente grave, e i colpevoli dell’ulteriore aggravamento sono stati, negli ultimi mesi, papa Francesco e il prefetto della Dottrina della fede. E il conclave si avvicina.
Noi, come laici, possiamo parlare liberamente di questi argomenti (il Concilio Vaticano II non ci ha forse considerati figli maturi della Chiesa e con pieni diritti?), cosa che molti sacerdoti e vescovi, pur desiderandolo, non possono fare per il ragionevole timore che su di loro si possa abbattere una tempesta di misericordia.
Dunque, il cardinale Mauro Gambetti, arciprete della basilica di San Pietro in Vaticano, ha annunciato che le coppie omosessuali che lo richiederanno potranno ricevere la benedizione della loro unione nel più grande tempio della cristianità. Si tratta dello stesso cardinale che ha vietato severamente la celebrazione nella basilica della messa tradizionale, quella che la Chiesa celebra da duemila anni, e persino la celebrazione privata della messa novus ordo, che ora può essere solo concelebrata. Siamo di fronte a una catastrofe a cui alcuni giustamente attribuiscono connotazioni apocalittiche: in San Pietro possono essere benedetti due omosessuali, ma la santa messa non può essere celebrata.
Il pontificato di Francesco, iniziato come una farsa, ha assunto i connotati di una catastrofe. In questo blog lo avevamo previsto fin dal fatidico 13 marzo 2013: il problema di Bergoglio non era che fosse un progressista; il problema era il suo essere un porteño (abitante di Buenos Aires, del porto, N.d.T.) che aveva finalmente realizzato le ambizioni di potere che covava fin dalla giovinezza (il nunzio Bernardini lo definì “un uomo malato di potere”) e avrebbe condotto la Chiesa a una rovina senza precedenti. Purtroppo, non ci sbagliavamo.
È importante chiarire che il colpevole è Jorge Mario Bergoglio, reso Francesco da un’imperdonabile imprudenza dei cardinali, anche se è stato il suo pupillo, il cardinale Víctor Fernández, a portare all’estremo la situazione di crisi. Come lui stesso ha dichiarato qualche giorno fa, Francesco sapeva dell’esistenza del pornolibro prima che Tucho fosse nominato alla Dottrina della fede. E come ha giustamente scritto Luisella Scrosati, l’affaire Tucho non è una coincidenza, è un metodo. Siamo sotto un regime pontificio che si può ben definire una pornocrazia. Basti ricordare nomi come quelli di Battista Ricca, Arthur McCarrick, Gustavo Zanchetta, Francesco Coccopalmiero, Godfred Daneels e dello stesso Fernández per convincerci che coloro che gestiscono la Chiesa sono, in molti casi, capaci delle peggiori perversioni. E tutti loro sono stati scelti personalmente dal papa felicemente regnante.
C’è una domanda, tuttavia, che incombe su tutti gli ambienti cattolici: come è stato possibile commettere un errore madornale come la pubblicazione di Fiducia supplicans? Il cardinale Fernández, come sempre, ha scaricato la responsabilità sul papa. È quanto ha dichiarato in un’intervista all’agenzia di stampa Efe. Gli addetti ai lavori della Curia sostengono, però, che l’unico responsabile sia Tucho, il quale, convinto della sua intelligenza e delle sue capacità, è giunto all’incarico di prefetto credendo di poter conquistare il mondo. Subito ha iniziato a scrivere, rilasciare documenti e concedere interviste senza i dovuti controlli della Segreteria di Stato, i cui officiali probabilmente non hanno fede, ma sono i membri della burocrazia più antica del mondo. E il Tucho, da Alcira Gigena, pensava di poter gestirli! Come si dice nei circoli della terza loggia, “non siamo addestrati per vincere, ma per far perdere gli altri”, e far perdere Tucho è la cosa più facile del mondo: basta incoraggiarlo a continuare a fare quello che ha sempre fatto.
Di certo nessuno si aspettava che, una volta venuta allo scoperto la sua inclinazione a scrivere storie pornografiche, il papa avrebbe rimosso Fernández dall’incarico. Francesco non si permetterebbe mai una tale dimostrazione di debolezza. Tuttavia, Tucho è stato gravemente ferito. E non solo per la comparsa del libro, ma anche per il rifiuto delle sue manovre pro-gay da parte dell’episcopato di un intero continente e di molti altri vescovi nel mondo. È stato scavalcato, tra gli altri, dal cardinale Fridolin Ambongo, presidente di tutti i vescovi africani, e dallo stesso segretario di Stato, il cardinale Parolin. Ora Tucho non ha più alcuna autorità propria per imporre qualcosa ai vescovi del mondo: una situazione mai vista prima nella storia della Chiesa.
Ma torniamo alla domanda: com’è possibile che Tucho abbia commesso un errore così eclatante come la Fiducia supplicans? A suo favore va detto che egli ha sempre dichiarato, e scritto, quello che pensava sull’amore omosessuale: quanto si legge nel libro La pasión mística era emerso in articoli giornalistici pubblicati decenni fa su quotidiani argentini, lo ha detto apertamente nelle sue lezioni alla facoltà di Teologia di Buenos Aires e lo ha scritto ampiamente, solo sei anni fa, nientemeno che sulla rivista della Conferenza episcopale latinoamericana: «È lecito chiedersi se gli atti di una convivenza more uxorio debbano sempre rientrare, nel loro senso pieno, nel precetto negativo che proibisce la “fornicazione”. Dico “in senso pieno” perché non è possibile sostenere che questi atti siano, in tutti i casi, gravemente disonesti in senso soggettivo» (p. 455). Ma al di là del fatto che tutto questo era noto a Francesco, come si può spiegare la palese goffaggine di Tucho nel pensare che in un ambiente come la Curia romana sia sufficiente avere la protezione di sua santità?
La sventatezza era prevedibile perché siamo in presenza di un personaggio infatuato della sua porpora, che si percepisce come un uomo di genio ma che, per quanto si pavoneggi, non riesce a nascondere la sua mediocrità. È il caso tipico di molti dittatori come Bergoglio: per evitare di essere messi in ombra dai loro sottoposti, scelgono di circondarsi di personaggi limitati e rozzi. Tutto funziona più o meno bene finché il capo può esercitare il controllo dei danni, ma se per qualche motivo questa possibilità viene meno il pavone reale, messo in una posizione di rilievo, apre a ventaglio il suo piumaggio e comincia a vagare per la fattoria commettendo una miriade di misfatti.
Si possono così comprendere le risposte del cardinale Fernández alle critiche rivolta alla Fiducia supplicans, le quali sono riconducibili a tre gruppi: 1) quelli che non hanno capito il documento; 2) gli africani, una sorta di categoria speciale e primitiva di cristiani che vivono in Paesi barbari dove l’omosessualità è ancora punita dalla legge; 3) gli scontrosi.
In quale categoria includereste, per esempio, i cardinali Müller o Sarah? Sono somari che non capiscono o sono piuttosto scontrosi? È veramente più che sbalorditivo vedere un personaggio di questo (basso) calibro che occupa un posto così importante e decisivo nella Chiesa.
Com’è possibile che il cardinale Fernández non abbia sondato le acque in anticipo per verificare quale sarebbe stata la reazione al documento? Chiunque ricopra una posizione manageriale lo avrebbe fatto. E domande come queste fanno nascere dubbi sulle reali motivazioni alla base del documento. Al di là delle dichiarazioni che si sentono qua e là, la dichiarazione non ha una causa e uno scopo pastorale. Consentire la benedizione alle coppie eterosessuali in situazione irregolare sembra superfluo. Se si tratta di persone sposate, separate dal coniuge legittimo e che vivono in una situazione di convivenza, sembra che, dopo Amoris letitiae, la nuova dichiarazione sia arrivata troppo tardi, perché se queste coppie possono ricevere la comunione potranno tanto più ricevere la benedizione. Chi ha la possibilità di fare di più, ha anche la possibilità di fare di meno. E se, invece, si tratta di una coppia di conviventi, sappiamo tutti che se erano cattolici praticanti prima di iniziare la convivenza, lo rimangono anche dopo, perché sono pochissimi i sacerdoti che li avvertono che stanno vivendo in peccato mortale. Da tempo sono convinti che è l’amore che conta e che, se si amano, un pezzo di carta, un abito bianco o una marcia nuziale non cambiano nulla. Non c’è quindi alcuna obiezione a questo tipo di convivenza, che è diventata la cosa più normale del mondo.
Se, viceversa, la coppia è composta da persone dello stesso sesso, non sembra che molti siano interessati a ricevere una semplice benedizione, che percepiscono come un premio di consolazione che li offende piuttosto che confortarli. Ma, soprattutto, qualsiasi coppia interessata a una benedizione potrebbe ottenerla senza bisogno di una dichiarazione pontificia: è sufficiente rivolgersi al sacerdote competente. Abbiamo visto foto di benedizioni di questo tipo in Germania e in Belgio, e il vescovo di Almeria ha fatto sapere di aver benedetto “parecchie persone in questo modo”. So anche che in molte città argentine, soprattutto nelle chiese dei gesuiti, le coppie omosessuali vengono benedette da almeno trent’anni. E non si tratta di benedizioni spontanee e private: vi partecipano familiari e amici dei benedetti, si svolgono in chiesa e il sacerdote usa paramenti sacri. In altre parole, la pratica ampiamente applicata è molto più generosa di quanto la dichiarazione ammetta. Allora qual era il suo scopo? Perché rischiare quello che sta accadendo, una grande divisione all’interno della Chiesa?
Non possiamo essere certi dei motivi, ma possiamo fare delle congetture. Un interessante articolo [qui] di Paolo Gulisano, pubblicato sul blog di Aldo Maria Valli, ipotizza che la Fiducia supplicans «abbia come principali destinatari i membri del clero omosessuali, che potrebbero trovare nella “benedizione” prevista da Fernández una forma di gratificazione e di “legittimazione” del rapporto col proprio partner». È probabile che sia così. Ed è probabile anche l’interpretazione di don Santiago Martín: la dichiarazione non è altro che un modo per aumentare la temperatura dell’acqua in cui si cucina la rana. Ovvero, l’obiettivo non è altro che l’accettazione pura e semplice delle relazioni omosessuali e l’autorizzazione al matrimonio tra persone dello stesso sesso, sia per i laici sia per i sacerdoti. Tuttavia, senza escludere altre teorie, propendo per il proverbio coniato da un mio caro e saggio amico: “Tutto è autobiografia”. Dietro molte delle decisioni che vengono prese si nascondono motivazioni personali, spesso sconosciute al protagonista stesso. Proprio per questo motivo, ipotizzo che il motivo principale – anche se non l’unico – della Fiducia supplicans sia stato di natura personale.
L’elevazione del cardinale Fernández all’importantissima carica che ricopre e la sua inguaribile tendenza alla verbosità e al protagonismo offrono a qualsiasi osservatore la possibilità di delineare la sua particolare psicologia. La cronaca scritta da un abitante del piccolo paese in cui è nato, e che abbiamo pubblicato qualche giorno fa, è stata molto rivelatrice. Tucho era un bambino e un giovane dallo spirito delicato, con un’intelligenza superiore alla media dei sui coetanei, uno che si è sempre sentito sminuito. Nel suo villaggio natale la sua sensibilità contrastava con i modi duri dei figli dei contadini. In seminario si sentiva isolato per gli stessi motivi e per la sua propensione ad adulare i superiori. Nella vita di ecclesiastico, lo perseguitava la piccolezza delle sue origini. Nella sua vita di accademico, era penalizzato dalla sua modesta intelligenza, poiché non doveva più misurarsi con ragazzi che amavano il calcio e le donne più dei libri, ma con intellettuali di spessore. Qualsiasi psicologo potrà spiegare che questo tipo di personalità tende a generare, nel profondo della sua psicologia, un enorme risentimento che cerca di compensare, ad esempio, attraverso la rivalsa. Lo strano fatto che il cardinale sia tornato al villaggio natale indossando la sua scintillante talare porpora è una chiara rivendicazione di cui probabilmente non è del tutto consapevole; è il modo in cui il poveruomo si vendica delle umiliazioni subite durante l’infanzia e l’adolescenza. Ora i suoi coetanei non sono altro che contadini sudaticci o fruttivendoli panciuti, mentre lui è una celebrità mondiale. E questo spiega la sua mania incontinente di pubblicare libri insipidi, così come la Fiducia supplicans e le risposte ai dubia e l’altra caterva di documenti emessi nelle settimane precedenti: si vendica delle umiliazioni che i teologi di Buenos Aires e di Roma gli hanno fatto subire e, soprattutto, delle illazioni che, quando era in corsa per la carica di rettore dell’Università Cattolica argentina, essi diffusero ai tempi del cardinale Levada e dallo stesso dicastero che ora egli presiede,
Alcuni ritengono che la dichiarazione sia stata rilasciata perché la questione delle benedizioni per le coppie omosessuali non ha raggiunto le maggioranze necessarie al sinodo della sinodalità, che era la strategia escogitata da Francesco per ripagare i voti ai tedeschi e agli altri europei che lo hanno reso papa. Il testo era in preparazione da molto tempo e sarebbe stato pubblicato dopo il fallimento del sinodo. Altrimenti non si spiegherebbe la rapidità con cui è stato redatto (appena tre mesi dopo l’insediamento di Fernández). Un’ipotesi non toglie l’altra, ma non darei troppa importanza alla velocità della redazione: è evidente a chiunque che si tratta di un testo di qualità teologica infima ed elementare, come tutta la produzione di Fernández, e che può essere facilmente scritto in pochi giorni.
Si potrebbe obiettare che la spiegazione psicologica sarebbe sufficiente se, e solo se, il cardinale Fernández fosse stato il responsabile ultimo della dichiarazione, ma il fatto è che è stata avallata da papa Francesco stesso. Perché l’ha permessa? Vedo tre possibilità che non si escludono a vicenda. La prima è che il pontefice è sottoposto a forti pressioni da parte degli episcopati progressisti, soprattutto quello tedesco, in merito alle riforme che ha promesso di realizzare nella Chiesa in cambio dei voti ricevuti, come ci ha detto a suo tempo il cardinale Daneels. E con Fiducia supplicans getta loro un osso per divertirli un po’ mentre guadagna tempo… in attesa della morte. È la tattica che ha seguito in tutti questi anni: dare loro ciò che già hanno, un argomento di cui abbiamo già parlato in questo blog. La seconda possibilità è che Bergoglio, vecchio e malato, non ha più l’astuzia di qualche tempo fa. Si lascia abbindolare più facilmente, cede alle lusinghe dei suoi beniamini e si fida di loro ciecamente. Le cose non funzionano più bene come un tempo. Infine, è possibile che Fiducia supplicans sia stato un errore da parte di Tucho, per il quale pagherà caro. Si sono verificate conseguenze inaspettate che complicheranno non solo il resto del pontificato di Francesco, ma anche il prossimo conclave. Un errore analogo a quello di Traditionis custodes che ha causato l’esilio del cardinale Arthur Roche (per inciso, l’interpretazione che abbiamo dato poco meno di un anno fa dell’annunciata costituzione apostolica, che avrebbe spazzato via i resti della liturgia tradizionale e per la quale siamo stati duramente criticati, si è rivelata corretta).
Infine, vorrei mettere in guardia su un aspetto metodologico che la Fiducia supplicans solleva ed è preoccupante. La dichiarazione fonda il suo sostegno argomentativo su una distinzione innovativa: l’esistenza di benedizioni liturgiche o rituali e di benedizioni pastorali, una distinzione che avrebbe come unico locus theologicus il magistero di papa Francesco. Si tratta, ovviamente, di un cavillo che non supera la minima analisi seria e può essere facilmente smentito. Il problema, però, è che il cardinale Fernández avrebbe intenzione di continuare ad applicare questo stesso principio ad altri casi. Il prossimo sarebbe l’ordinazione delle diaconesse. Per questo ricorrerebbe alla distinzione tra ordinazioni sacramentali, che continuerebbero a essere riservate solo agli uomini, e ordinazioni pastorali o come le si voglia chiamare, alle quali potrebbero accedere anche le donne. Al di là dell’assurdità di questa novità teologica, il principio potrebbe essere applicato in modo analogo a un’infinità di casi. Ad esempio, potremmo avere sacerdotesse pastorali che sarebbero abilitate a una consacrazione non sacramentale del pane e del vino e a concedere un perdono pastorale e non sacramentale nella confessione. Oppure, l’inventiva del cardinale Fernández potrebbe distinguere tra relazioni sessuali peccaminose e relazioni sessuali amorose: le prime sarebbero quelle tra persone di entrambi i sessi in situazioni di sesso occasionale, e sarebbero comunque peccato mortale; le seconde si verificherebbero quando c’è una relazione affettiva tra i partecipanti. Le possibilità sono infinite.
Il pontificato di Jorge Mario Bergoglio – rammentiamolo tutti – è iniziato come una farsa. Dieci anni dopo è diventato una catastrofe.
Fonte: caminante-wanderer.blogspot.com
Titolo originale: De la farsa a la catástrofe
Traduzione di Valentina Lazzari