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Che fare? / Un’altra selezione di contributi

Carissimo Aldo Maria,

se avesse voluto, Cristo avrebbe potuto governare la Chiesa direttamente nello Spirito Santo senza la mediazione di Pietro. I luterani e gli ortodossi sono persuasi che il papato sia un’istituzione umana, nient’affatto voluta da Cristo, nata dal progressivo potere che la comunità romana si conquistò nei secoli grazie all’appoggio prima di Costantino e poi del successivo potere politico fino a oggi, quando il papato è appoggiato dalla grande finanza internazionale sionista, mondialista, globalista e massonica.

Secondo luterani e ortodossi i papi guidano la Chiesa servendosi di un potere che non arriva da Cristo, ma che essi stessi si son presi come espressione del potere politico dominante. Secondo questa visione, non c’è quindi da stupirsi se i papi non sempre riflettono l’autentica dottrina di Cristo.

Oggi noi che amiamo la Chiesa cattolica e accettiamo l’istituzione del papato siamo divisi tra chi stima papa Francesco considerandolo liberatore, avanzato e rinnovatore e chi lo vede come un eretico sovversivo e vorrebbe tornare al periodo preconciliare. Ai primi non interessa un papa che conservi un deposito dottrinale immutabile, perché non credono in verità immutabili, ma vogliono che il papa sia moderno, liberale e democratico. Ad altri pare che Francesco tradisca la Tradizione e quindi non sia un mediatore della dottrina di Cristo.

Ma è possibile che un papa ci guidi contro Cristo? Cristo potrà mai permetterlo? Se Cristo ha promesso a Pietro che le forze dell’inferno non prevarranno sulla Chiesa e se oggi Francesco, nella sua incapacità di governare la Chiesa, fa vedere che le forze dell’inferno stanno prevalendo, vuol dire allora che Cristo ci ha ingannati?

Un papa può essere eretico? Se è eretico, come fa ad assolvere al mandato di Cristo confirma fratres tuos? Siamo certi che sia eretico o forse lo interpretiamo male? Un papa può essere imprudente, negligente, invidioso, ingiusto, ipocrita, avaro, lussurioso, simoniaco, parziale, prepotente, opportunista; ma può insegnare il falso nella fede?

Francesco ci sta guidando a Cristo, ci mostra Cristo, ci rappresenta la dottrina e la morale di Cristo, sta facendo il bene della Chiesa o la sta rovinando, ci divide tra noi, ci sta allontanando dalla Tradizione e dalla Bibbia? Promuove l’evangelizzazione o il relativismo? Ci guida verso l’alto o verso il basso? Favorisce la spiritualità o la mondanità? Crea problemi o li risolve? Crea certezze o scetticismo? Le sue novità sono sovversione? Sono rivoluzione? Sono falsità? Deforma il volto di Cristo? Che cosa è diventata la Chiesa? La casa dei cattolici o la bolgia dove c’è tutto e il contrario di tutto?

Le novità di Francesco sono avanzamento, miglioramento di costumi, maggior misericordia, esplicitazione, approfondimento e progresso nella conoscenza del dogma e della Tradizione, in continuità con essi? Oppure imbarbarimento, retrocessione, secolarismo, modernismo, mondanità?

Ti confesso che anche a me spesso sorgono questi interrogativi. Ma se rifletto mi accorgo che alla fine riconosco Pietro in Francesco.

D’altra parte, ammettendo che il papa abbia reso inospitale la Chiesa per chi vuol seguire Cristo nella Tradizione, dove sarebbe la vera Chiesa? Sarebbe quella di don Minutella? Quella dei lefebvriani, dei luterani, dei valdesi, degli anglicani, degli ortodossi, quella di monsignor Viganò? Di Radaelli? Di de Mattei? Di Enzo Bianchi? Di Hans Küng? Di Kasper? Di Gutierrez? Di Schillebeeckx? Di Rahner? Vogliamo lasciare a loro decidere chi è il vero cattolico?

Un segreto per accettare la presenza dei modernisti nella Chiesa è quell’opera di misericordia segnalata dal Catechismo di san Pio X: “Sopportare pazientemente le persone moleste”.

Fuori della Chiesa non c’è salvezza. Uscendo dalla Chiesa cattolica, guidata da papa Francesco, dove andare? Esiste forse una Chiesa migliore? Più fedele a Cristo?

Papa Francesco non è cattolico? Ma chi giudica se un papa è o non è cattolico? The Wanderer? Onepeterfive? Monsignor Lefebvre? Monsignor Williamson? Don Pagliarani? Monsignor Viganò?

Padre Giovanni Cavalcoli

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Caro Valli,

pur essendo affezionato lettore dell’Investigatore Biblico, non condivido il suo atteggiamento remissivo dinanzi all’apostasia dilagante. Apprezzo moltissimo la preparazione, la serietà e il metodo dello studioso e del sacerdote, ma prendo decisamente le distanze dalla posizione che egli ha assunto in merito al comportamento che a suo avviso ogni cattolico dovrebbe fare proprio in questo tempo. Dal giorno in cui un cattolico ha ricevuto il sacramento della Cresima, egli è divenuto un milite di Cristo, e come tale è tenuto ad agire in difesa della Chiesa contro i suoi nemici.

Mi sia permessa una similitudine medica. Di fronte a un corpo umano colpito da un terribile male, non si resta inerti. Si fa tutto il possibile per curare la persona, ricorrendo anche a terapie invasive, che possono essere molto dolorose ed estenuanti per il paziente. Ma lo si fa con il preciso fine di perseguire un bene maggiore: la guarigione del malato. Purtroppo, non sempre le terapie portano l’effetto sperato. Ma molte volte sì. Bisogna pertanto sempre guardare a quel bene maggiore, mai rinunciare a priori, perché ogni malato potenzialmente può rientrare tra coloro che guariscono grazie alle terapie.

Di fronte al terribile male che ha colpito la Chiesa all’inizio del secolo scorso – il modernismo, “la sintesi di tutte le eresie” come bene lo definì Pio X, successivamente, a partire dal Concilio Vaticano II, divenuto metastasi – noi cristiani cattolici, confermati nella fede, non possiamo per nessuna ragione ritagliarci il ruolo di spettatori. Dobbiamo agire! Periculum est in mora, mi insegnarono i professori di clinica medica veterinaria e di chirurgia veterinaria sui banchi dell’università. E se questo principio vale per la cura degli animali, non vale forse anche – e ancora di più – per la cura degli uomini, fatti a immagine e somiglianza di Dio? E se vale per gli uomini, non vale anche per la Chiesa, Corpo mistico di Cristo, di cui ogni battezzato è parte?

Ognuno di noi nell’ora presente, terribile e decisiva, è chiamato a compiere la sua parte per soccorrere il Corpo mistico di Cristo, facendo ricorso a tutte le conoscenze, capacità, possibilità, risorse. Ognuno di noi può fare molto! Non è più tempo di attendere. Rifuggiamo qualsiasi forma di ignavia e di pavidità! I cinghiali hanno devastato la vigna del Signore e i lupi e i mercenari hanno fatto scempio del suo amato gregge, acquistato al prezzo del suo Sangue. L’abominio della desolazione di cui siamo testimoni è stato possibile soprattutto perché finora solo pochissimi si sono opposti con forza e risolutezza ai tantissimi e fortissimi nemici della Chiesa. Le numerose e gravi responsabilità vanno individuate nelle negligenze dei papi conciliari e post conciliari, dei cardinali, dei vescovi, dei sacerdoti, ma anche in quelle di noi laici, che per interi decenni abbiamo accettato tutto, perché ci fidavamo delle autorità superiori, pur avvertendo nel cuore il grido della nostra coscienza, che ci avvertiva che quello che i nostri occhi vedevano e le nostre orecchie udivano era manifestamente contrario alla Sacra Scrittura, alla Tradizione e al Magistero della Chiesa.

Ora, riconosciuti gli errori, dobbiamo destarci, alzarci e agire. Periculum est in mora. La Chiesa ha urgente bisogno di tutti e ciascuno. Siamo chiamati a combattere la buona battaglia (cfr. 2Tm 4,7). Ricordiamoci che Costantino vinse a Ponte Milvio non perché – nonostante l’inferiorità del suo esercito – rimase a guardare rassegnato lo sviluppo degli eventi, ma perché contro le truppe dell’usurpatore Massenzio mosse battaglia. Il Signore era con lui. A noi la battaglia. A Dio la vittoria!

Leone Serenissimo

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Caro Valli,

il proposito di farsi scomunicare per salvarsi l’anima, formulato da Fabio Battiston, mi sembra incongruente. Se infatti Jorge Mario Bergoglio è vero papa, farsi scomunicare comporta piuttosto il perdere l’anima; e se Bergoglio non è vero papa, la scomunica è priva di fondamento, di senso e di utilità. Chi non è investito dell’ufficio petrino come può mettere fuori dalla Chiesa della quale non è espressione, fondamento e principio visibile? Mi persuade molto più chi sceglie di rimanere in comunione con Bergoglio, trangugiando tutto quanto si è inventato e si inventerà (perché respingere un singolo errore è possibile, ma rinnegare la parte integrante di un magistero no: cfr. § 892 CCC); oppure chi sceglie di non rimanerci in comunione, ma da cattolico e perciò adottando l’unica soluzione possibile, ossia proclamando che non è legittimo papa essendo stato eletto in conclave insanabilmente nullo perché convocato a pontefice regnante (Benedetto XVI), vivente e non abdicatario (e perché questa invalidità non può essere coperta dall’adesione universale, che peraltro in fatto nemmeno c’è). Né si dica che questa scelta è interdetta dalla mancanza di una pronuncia della Chiesa, perché la costituzione Universi dominici gregis, § 76, sancisce che l’elezione in violazione del canone 332, § 2, CJC è nulla e non produce alcun effetto “absque ulla declaratione“, senza cioè che necessiti alcun pronunciamento ufficiale (norma che parecchi sembrano ignorare, o voler ignorare: e non saprei se sia peggiore l’ignoranza inescusabile o la implicita malafede). Sembra una norma scritta per il nostro presente: ogni singolo cattolico, il quale ritenga in scienza e coscienza che Bergoglio non sia papa (“ideoque electo nullum ius tribuit“, continua il cit. § 76), è per ciò stesso e sotto la propria esclusiva responsabilità abilitato a considerare il cosiddetto papa Francesco uno scismatico (perché è andato contro il legittimo papa o comunque non si cura di appurarlo una volta che la questione è diventata di pubblico dominio ed è stata ritualmente portata a conoscenza del collegio cardinalizio con l’invio ufficiale della Petizione per il riconoscimento della sede impedita di Benedetto XVI): dal quale scismatico occorre dunque separarsi per rimanere nella Chiesa cattolica e per non finire nella setta nemica che egli capeggia. Inutile girarci intorno: o si fanno finalmente i conti col problema della legittimità canonica (ma seriamente, non con gli pseudo argomenti del tipo “munus è sinonimo di ministerium“, che sono un insulto all’intelligenza di chiunque) o si resterà in mezzo al guado e, nel caso che Bergoglio non sia papa legittimo, ci si preparerà ad avere dopo di lui un altro antipapa e così via, in un crescendo di sciagure distruttive del residuo simulacro di Chiesa romana le quali non hanno e non avranno nulla a che fare con la Passione di Nostro Signore, malissimamente invocata da molte anime pie (?) per non fare nulla, posto che Cristo almeno non fu messo in croce dagli stessi apostoli, come invece accade ora.

Laudetur.

Paolo Menti

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Caro Valli,

mi sono perfettamente ritrovato nella lettera scritta “con cuore di mamma” da Elena Martinz. Come lei ho avuto, nel corso del tempo, brutte esperienze dai cosiddetti “maestri cattolici” che ci sono adesso.

Quando sono entrato nella chiesa (ero buddista) mi hanno riempito la testa di melensaggini, di catechesi, molto spesso eretiche, che erano solo cascami di parole. Ma quando sarà il momento del dunque, non saranno le catechesi a sfondo psico-sociologico a salvarci. Io credo che sarà la perfezione del cuore maturata in anni di preghiera.

Personalmente sono convinto che Bergoglio non sia il papa, ma, come è stato detto dalla signora Elena, non mi interessa più.

La messa novus ordo non mi rappresenta, e francamente non penso che sia più necessaria. Non sarà il numero di Comunioni ricevute a salvarci. Quanto alla Confessione, penso che l’importante sia conservare la contrizione del cuore.

I cattolici giapponesi, mi corregga se sbaglio, hanno mantenuto intatta per duecento anni la fede nel loro paese, senza sacerdoti e senza messe. Che ne è stato di quegli uomini? Sono finiti in purgatorio o all’inferno perché non rispettavano il precetto domenicale? Non lo credo.

Quello che conta è un cuore ardente. I sacerdoti di adesso hanno perduto quel cuore. Noi ricordiamo di chi siamo eredi? I sacerdoti lo ricordano?

Il peccato dell’Ecclesia è l’oblio: abbiamo dimenticato da dove veniamo, chi ci ha generati. Per questo satana si è impadronito delle strutture, e le governa con questo falso pontefice e con i suoi degni compari. Il male è crusca: al minimo alito di vento si disperde. Se rimane, vuol dire che i sacerdoti oggi hanno perduto la capacità di spazzarlo via.

Oggi nessun sacerdote parla più di diavolo perché non ha mai ingaggiato una battaglia con lui. Non lo vedono perché non pregano più, o non hanno mai pregato. Per questo satana governa nella Chiesa. Esibisce fiero le sue corna, e gli eredi degli apostoli non lo riconoscono, mentre si ubriacano di sofismi e sciocchezze.

La domanda alla quale bisogna ritornare è solo questa: “Voi che siete eredi di Cristo, ricordate oggi di chi siete eredi?”.

Lettera firmata

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Caro Valli,

congratulazioni per la sua attività splendida. Intervengo per dire che non condivido la posizione dell’Investigatore Biblico quando dice che questo periodo della Chiesa è la Seconda Passione di Cristo Mi sembra una definizione semplicistica. La Chiesa sta soffrendo per opera dei suoi membri più autorevoli e si sta autodistruggendo inconsapevolmente, ma non da oggi soltanto. Che fare? Pregare, certamente, ma non solo. In futuro il Signore ci potrebbe rimproverare una passività che può rasentare la codardia o la colpevole cooperazione. Lei stesso, con Duc in altum, è un esempio: si può e si deve fare qualcosa.

Spesso leggo i testi della Fraternita sacerdotale San Pio X e debbo riconoscere la loro fedeltà al magistero di sempre. Lo stato di necessità per spiegare la consacrazione episcopale in assenza del consenso papale ha fondamento teologico. Forse monsignor Lefebvre aveva visto prima degli altri la deriva inevitabile della Chiesa post-conciliare. I sacerdoti che escono dai seminari della FSSPX hanno una visione teologica del tutto cattolica, com’era sempre stato fino al Concilio, e nessuno di loro potrebbe mai condividere le idee anticattoliche coltivate dai teologi delle moderne università pontificie. Del resto, anche sacerdoti post-conciliari riconoscono la solidità teologica della FSSPX e la stimano.

Roberto

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Caro Valli,

pur essendo d’accordo con l’Investigatore Biblico trovo che non sia del tutto errato, per noi laici, far valere le nostre ragioni anche a voce alta, nei modi, nei luoghi e nelle occasioni praticabili. Io stesso ho scritto tre volte al mio vescovo per vari motivi. La prima volta mi ha mandato una risposta formale e politicamente corretta, dalla seconda in poi solo un assordante silenzio.

La fede e l’esperienza mi hanno portato, nel tempo, a capire l’estrema importanza della preghiera rispetto, per esempio, all’inutile pioggia di email spedite a Bergoglio per protestare contro l’ultima eresia. Credo possa aver senso protestare quando si può sperare di recuperare un’anima, di far ragionare un fedele ingannato o, ragionevolmente, di ottenere qualcosa di concreto.

Nel mio piccolo ho trovato la strada per tentare di fare un apostolato senza sconti ma in tono leggero, aprendo nel maggio del 2020 un canale pubblico su Telegram (si chiama Non praevalebunt), che concilia le Sacre Scritture e la tradizione con notizie di resistenza cattolica e civile. A Dio piacendo, senza aiuti e con il semplice passaparola, è sempre cresciuto, in modo lento ma costante.

Preghiera quotidiana, adorazione e rimanere sempre svegli con il pieno d’olio nelle lampade: credo sia la ricetta migliore.

Lettera firmata

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Caro Valli,

dagli interventi di coloro che partecipano al dibattito sul tema “che fare?”  emergono due elementi. Anzitutto, in un momento di grandi dubbi come il nostro, appare quanto sia importante la parola di chi sa indicare con chiarezza la via più coerente con la fede. In secondo luogo emerge la calda esortazione a rimanere nella Chiesa. È proprio quando la situazione si fa incerta e confusa che bisogna mantenere i nervi saldi e utilizzare bene la ragione. Uscire, cercare azioni clamorose o addirittura voler fondare ” chiese nuove” non porta da nessuna parte. La permanenza nella nostra Chiesa richiede certamente fiducia nel suo Fondatore, quindi la preghiera e lo stare, come Maria, ai piedi della croce. Ciò non toglie, però, che si possa anche scendere in battaglia per difendere la verità sul piano dialettico, come si sta già facendo (guarda caso da parte di molti laici). In che modo? Anzitutto continuando a denunciare la macroscopica contraddizione che c’è tra il proporre continuamente il dialogo, l’apertura, l’inclusione di “tutti, tutti, tutti” e poi escludere proprio i fratelli nella fede che osano esprimere dubbi, osservazioni e critiche.

La storia della Chiesa insegna che la ricerca della verità è sempre stata molto difficile e ha dato luogo a pericolosi sbandamenti anche nelle alte gerarchie (abbiamo avuto anche di peggio). Non dobbiamo avere troppa fiducia nelle nostre povere capacità umane e ricordare invece il principio che un santo della carità, don Luigi Guanella, amava ripetere continuamente: “… è Dio che fa”.

Cirillo

Aldo Maria Valli:
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