Su una falena in casa nostra
Giorni fa, chissà perché, un bruco ha scelto una tenda di casa nostra per la sua metamorfosi. È stata mia figlia ad accorgersi dell’ospite inaspettato, lungo forse un centimetro o anche meno, di un verde intenso.
Una volta agganciatosi alla tenda bianca, il bruco, come certi alpinisti in parete, ha incominciato a imbozzolarsi con rapidi movimenti da destra a sinistra. Dopo alcuni giorni, terminata questa fase, il bozzolo, ora di un marrone scuro, è diventato crisalide e infine… ne è saltata fuori una falena.
Forse perché abbiamo osservato tutto il processo da vicino, la falena – dalle ali nere e dorate – è stata accolta come un animale domestico e l’abbiamo lasciata volteggiare nell’appartamento. Ha volato così per due giorni, specie di notte. Poi non l’abbiamo più vista. Dov’era finita?
Una rapida ispezione ed eccola lì, sotto il divano. Morta.
Di già? A quanto pare, sì. Ho provato, delicatamente, a darle una spintarella. Magari si stava solo riposando tra un volo e l’altro. Ma niente da fare. Morta. Senza dubbio. Non ci è restato altro da fare che portarla sul terrazzo e lanciarla nel vuoto, affidandola al vento.
A pensarci bene, non le abbiamo dato nemmeno un nome. Troppo poco è rimasta fra noi.
Ora che se n’è andata, ogni tanto mi capita di ripensarci. Tutto quel lavoro per trovare il luogo adatto, per imbozzolarsi. E poi la trasformazione in crisalide, e la nascita… Per una vita durata un battito d’ali. Perché?
Cara falena, sospetto che tu sia arrivata con un messaggio. E ti ringrazio. Un memento mori fa sempre bene.