La “chiesa in uscita” e la santa indignazione
di Vincenzo Rizza
Caro Valli,
la recente catechesi del Papa sull’ira [qui] mi ha illuminato sulle reali finalità del presente pontificato e impone una seria riflessione a tutti i cattolici (me compreso) che fino ad oggi hanno espresso severe critiche nei confronti del Santo Padre.
L’ira viene descritta come “un vizio terribile”, ma “non tutto ciò che nasce dall’ira è sbagliato”: se infatti una “persona non si arrabbiasse mai, se non si indignasse davanti a un’ingiustizia, se davanti all’oppressione di un debole non sentisse fremere qualcosa nelle sue viscere, allora vorrebbe dire che quella persona non è umana, e tantomeno cristiana. Esiste una santa indignazione, che non è l’ira ma un movimento interiore, una santa indignazione”.
Finalmente capisco, allora, perché Francesco ha, tra l’altro, approvato la dichiarazione di Abu Dhabi, acconsentito all’esposizione della pachamama in Vaticano, lodato Lutero e promulgato varie encicliche discutibili: intende coltivare la “santa indignazione” di tutti i fedeli per saggiarne la loro umanità e la loro fedeltà ai principi cristiani; vuole svegliarci dal torpore delle nostre esistenze e da una fede vissuta spesso passivamente.
Considerato che molti cattolici continuavano a resistere indifferenti alle provocazioni, ha quindi da ultimo nominato Tucho Fernández come prefetto del Dicastero per la dottrina della fede e avallato e difeso Fiducia supplicans: evidentemente per fare fremere le nostre viscere davanti alle ingiustizie e far riemergere il sensus fidei.
Di questo dobbiamo essere estremamente grati al Santo Padre.
La finalità di Francesco devono essere state ben comprese dal settimanale Famiglia (che fu) cristiana, che per svegliare definitivamente le nostre coscienze ha dedicato il n. 4 del 28 gennaio 2024 a Fiducia supplicans e agli omosessuali credenti.
Al solito, nel fascicolo si rappresenta la Chiesa pre-Francesco come ostile a chi aveva tendenze omosessuali, non si fa alcun riferimento al Catechismo della Chiesa cattolica (che non condanna la tendenza omosessuale ma gli atti di omosessualità) e a quanto san Paolo ha più volte scritto sull’argomento (ma da tempo la casa editrice San Paolo ha rinnegato l’insegnamento dell’apostolo) e si raffigurano come cristianamente accettabili le relazioni omosessuali, di fatto rappresentate al pari delle famiglie tradizionali.
Ciliegina sulla torta, le riflessioni del pop-teologo Staglianò, anch’egli incurante degli insegnamenti di san Paolo (evidentemente ne sa più di lui), che ci ricorda la parabola (già citata da papa Francesco da Fazio) del re che comandò ai servi di andare nei crocicchi delle strade per introdurre tutti al banchetto nuziale. A differenza di papa Francesco, Staglianò cita anche il passaggio della parabola in cui gli invitati che si sono rifiutati di indossare l’abito nuziale sono buttati fuori nelle tenebre, dandone un’interpretazione singolare per cui l’abito nuziale consisterebbe esclusivamente nel “perdonare il fratello”. Ne consegue che questa sarebbe l’unica condizione per poter essere ammessi al banchetto nuziale; ne consegue l’irrilevanza dei Comandamenti e del Catechismo; ne consegue l’irrilevanza di qualsiasi nostro altro comportamento; ne consegue l’irrilevanza della Chiesa cattolica che non deve guidarci verso la Verità e la salvezza.
Parole senz’altro efficaci e sufficienti a suscitare una santa indignazione.