Dopo “Fiducia supplicans” / Quei “pregiudizi” africani che sono segno di salute mentale e spirituale
Dopo Fiducia supplicans, alcuni cattolici occidentali, anche tra le alte sfere della Chiesa, non riescono a nascondere l’imbarazzo a causa delle reazioni dei loro fratelli africani.
Di fronte al netto rifiuto della farneticante dichiarazione vaticana da parte dei vescovi e dei fedeli dell’Africa, la reazione è un misto di presunzione e sufficienza: “Eh, laggiù hanno ancora pregiudizi culturali”.
Al che verrebbe da rispondere: grazie a Dio ci sono i pregiudizi culturali!
Anthony Esolen, in un commento su The Catholic Thing, lo dice bene. Un pregiudizio culturale implica che si abbia una cultura, qualcosa che da noi, in Occidente, sta scomparendo. Ciò che l’Occidente possiede oggi non è più una cultura, ma un tossico solvente che cancella il patrimonio culturale riducendolo a un globalismo monocromatico gestito dalle élite più inette, spocchiose, ottuse e irreligiose che il mondo abbia mai prodotto.
Scrive Esolen: “Se vuoi l’oscurità, il silenzio più cupo, il sospetto, lo scoraggiamento, oggi devi andare a New York, non a Nairobi; vai a Londra, non a Lagos. La Nigeria manda missionari in Inghilterra e negli Stati Uniti, e questi coraggiosi pionieri di Cristo devono costantemente invocare la sua potenza e la sua protezione per evitare di essere trascinati nel morboso e nel moribondo, di cadere davanti a orribili idoli, di diventare come bestie”.
Gli africani, ci viene detto, non hanno ancora fatto i progressi che abbiamo fatto noi in Occidente: ecco perché hanno pregiudizi. Bè, se per “progresso” si intende una malattia che consuma e uccide, possiamo essere d’accordo: gli africani non si sono ancora ammalati.
Pregiudizi? Se spieghi a un giovane che cosa fanno i sodomiti, che gettano il seme della vita in un pozzo di sporcizia e decomposizione, non provochi pregiudizio: susciti opportunamente rifiuto e disgusto. Se gli dici la verità, gli fai semplicemente capire che non si deve cadere in una simile perversione.
Scrive ancora Esolen: “Quando ero ragazzo e avvenne in me quel passaggio miracoloso dall’infanzia all’adolescenza, non mi dicevo che ora avrei potuto provare più piacere che mai. Non mi venne in mente nulla di simile. Quello che mi dissi con meraviglia fu: ora posso essere un padre. Naturalmente non avevo riflettuto a lungo, perché avevo solo tredici anni. Potremmo definire quel mio pensiero un pre-giudizio, ma era il giusto pregiudizio. Tanti sono i pregiudizi che ci derivano dalla salute del corpo, della mente e dell’anima!”.
Le diocesi africane che si sono schierate contro Fiducia supplicans non sono in balia di pregiudizi da superare. Sono razionali. Siamo noi occidentali che abbiamo rovesciato le norme sessuali, e nessun sano di mente può desiderare di essere come noi.
Che cosa c’è nella nostra cultura che dovrebbe attrarre oggi un africano? Deserti di solitudine. Coppie senza figli per scelta. Uomini e donne che in modo sguaiato partecipano a cortei indecenti davanti ai bambini. Uomini e donne ormai nemici e incapaci di apprezzare le meraviglie dell’altro sesso. Confusione, malignità. Bambini che pagano il prezzo della licenziosità degli adulti, il che è fonte, fra l’altro, della pedofilia.
Dire che non vuoi vivere a Sodoma, che vuoi starne alla larga, non è pregiudizio. È l’unico comportamento razionale. E l’Africa ce lo sta dicendo.
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Nella foto, il cardinale Fridolin Ambongo, 64 anni, arcivescovo di Kinshasa e presidente del Simposio delle Conferenze episcopali di Africa e Madagascar