I cattolici, i liberali e il suicidio dell’Occidente. Un’analisi
di don Samuele Cecotti
Il convegno svoltosi al Senato il 31 gennaio scorso su Il suicidio dell’Occidente ha certamente avuto il merito di affrontare di petto una verità quasi sempre taciuta alle nostre latitudini quando non negata con stolta autosufficienza: la civiltà occidentale vive una crisi senza precedenti e sembra avviata al suicidio.
Come Osservatorio abbiamo scelto di pubblicare i testi delle relazioni svolte al convegno dal senatore Marcello Pera [qui] e dal sottosegretario Alfredo Mantovano [qui], entrambi testi di notevole interesse.
In particolare, la relazione del presidente emerito del Senato – intitolata L’arma del suicidio. La laicità – si evidenzia come testo capace di riassumere in poche pagine il pensiero che Pera è andato sviluppando negli ultimi vent’anni, sull’Occidente e la sua crisi, sul rapporto tra liberalismo e cristianesimo, sulla Chiesa e il baratro in cui sembra precipitata.
In quanto scrive Pera vi è molto, moltissimo di condivisibile: nella diagnosi del male che corrode l’Europa, nella denuncia della autodemolizione della Chiesa in un processo che ha i tratti dell’apostasia, nel rilevare l’insostenibilità della pretesa occidentale odierna di stare in piedi e prosperare tagliando le proprie radici, nel riconoscere l’incapacità della liberaldemocrazia ad autofondarsi.
Pera è un laico liberale – è il gran liberale dell’Italia odierna – e il suo pensiero delinea un percorso intellettuale affascinante e degno di grande attenzione che da Popper lo avvicina sempre più al cattolicesimo (importante in questo il suo rapporto umano e filosofico con Ratzinger) pur non cessando di essere un liberale. E questo è, a mio modesto avviso, il cuore del problema: il liberalismo è compatibile con il cristianesimo?
Ho il piacere di conoscere il presidente Pera da più di dieci anni e l’onore di potermi considerare suo amico (Pera ed io ci consideriamo amici non ignorando la distanza che separa i nostri orizzonti concettuali, lui laico liberale, io cattolico intransigente; siamo due amici di cui uno liberale l’altro anti-liberale), proprio per questo sono certo apprezzerà la schiettezza con cui intendo affrontare la questione che è cuore di tutto il suo argomentare.
Per Pera – e non solo per lui, in questo la tesi di Pera è largamente condivisa al giorno d’oggi tra i conservatori e sostenuta da autorevolissimi nomi, basti tra tutti quello di J. Ratzinger – la liberaldemocrazia è figlia legittima del cristianesimo e dunque non solo liberalismo e cristianesimo sono compatibili, ma il liberalismo sarebbe espressione del cristianesimo. La liberaldemocrazia sarebbe dunque in continuità con la civiltà cristiana e l’errore sarebbe quello, commesso da certo liberalismo, di aver disconosciuto questo legame e aver così separato la liberaldemocrazia dal suo terreno vitale dato dal cristianesimo. Da qui l’impazzimento della liberaldemocrazia nelle forme patologiche che oggi vediamo: “Poi è successo il cataclisma. È successo che, prima i principi sono stati staccati dal cristianesimo su cui Locke li aveva fondati, e si è cercato di goderne i frutti senza più curarsi della pianta. Poi, questi frutti sono stati coltivati separatamente, facendo esplodere una miriade incontrollata e incontrollabile di diritti. Infine, proprio questi diritti sono stati usati contro il cristianesimo. Si è passati dalla privatizzazione della fede, alla sua emarginazione, alla sua espulsione” (Pera).
In ciò che afferma Pera il novanta per cento e più è condivisibile, non solo condivisibile ma apprezzabile per lucidità e abilità diagnostica, è però inficiato, a mio avviso, dall’opzione previa che Pera compie a favore del liberalismo (e della modernità filosofica) e che colloca dunque le lucide analisi e i validi argomenti entro un sistema che è esso stesso il problema.
Pera vede con grande lucidità la decadenza dell’Occidente, il suicidio di Europa e Chiesa, il cataclisma (come lo chiama lui) che conduce al liberal-radicalismo dei nostri giorni, la follia d’un ordinamento giuridico che si afferma negando il diritto naturale, l’insostenibilità di una ragione laica assoluta e autofondantesi e molto altro ancora, ma non prende mai in considerazione che sia proprio il liberalismo (in se stesso) ad essere causa di tutto ciò, che tutto ciò non sia una patologia della modernità (filosofico-politica) ma che sia piuttosto l’esito coerente della modernità (filosofico-politica) e dunque che la modernità (filosofico-politica) in se stessa sia la patologia.
Pera riconosce che il liberalismo fu condannato, ad esempio dal beato Pio IX, ma non sviluppa le ragioni di tale condanna. La condanna del liberalismo – e di tutta la modernità filosofico-politica – non è episodica nella Chiesa, non è l’atto isolato di un Papa, è la risposta costante del Magistero innanzi alla modernità assiologica, innanzi all’idea moderna di Stato, di diritti, di libertà eccetera. A questo riguardo, ad esempio, il noto saggio di Félix Sardá y Salvany El liberalismo es pecado può ben rappresentare la posizione antimoderna-antiliberale del cattolicesimo intransigente.
La Chiesa ha chiarissimamente giudicato come nemica di Cristo la modernità politica (e con essa il liberalismo in primis) e ha altrettanto chiarissimamente riproposto la res publica christiana come orizzonte socio-politico da restaurare. Basterà scorrere i pronunciamenti in merito di papi come Pio VI, Pio VII, Leone XII, Gregorio XVI, Pio IX, Leone XIII, Pio X, Pio XI e sino a Pio XII.
Si dirà che poi è venuto il Concilio Vaticano II e la dottrina è mutata, la Chiesa si è riconciliata con la modernità e si è fatta liberale (ad esempio con la dichiarazione Dignitatis humanae sulla libertà religiosa) e democratica. Ora, senza addentrarci nell’intricata disputa sul Vaticano II e la sua interpretazione, di certo non è negabile l’identità storica del cattolicesimo conciliato con la modernità con il cristianesimo che Pera dice avviato al suicidio.
Il cattolicesimo immune da tendenze suicide è il cattolicesimo pre-conciliare, antimodernista, diciamo pure antimoderno, che inequivocabilmente considera il liberalismo una peste di satanica origine (ad es. Leone XIII nella Libertas praestantissimum definisci i liberali emuli di Lucifero) e si batte per instaurare omnia in Christo, ovvero per il Regno sociale di Cristo.
Dunque, la questione che si pone è la seguente: il cattolicesimo che fa da supporto religioso al liberalismo è il cattolicesimo che si suicida, il cattolicesimo che non si suicida affatto non può essere di supporto al liberalismo perché condanna senza appello il liberalismo e lo considera satanico.
Pera parte, invece, dalla liberaldemocrazia (che non mette in discussione) e ricerca nel cristianesimo la forza spirituale-morale-religiosa in grado di sostenere quell’opzione liberale, democratica, moderna. Ma è proprio questa opzione che, invece, andrebbe “laicamente” messa in discussione, essendone oggi evidente il fallimento-impazzimento. Fallimento-impazzimento che i vecchi reazionari cattolici (e il vecchio Magistero antimoderno dei papi) avevano previsto già secoli fa!
Pera si prefigge lo scopo di salvare la liberaldemocrazia (la società aperta) dal suicidio e per fare ciò riconosce nel cristianesimo il fondamento pre-liberale e pre-razionale necessario alla vita della liberaldemocrazia e del razionalismo critico della società aperta.
In ciò Pera ha perfettamente ragione: la liberaldemocrazia, il razionalismo critico, la modernità filosofico-politica hanno prosperato per secoli in Europa presupponendo il terreno dato da una società cristiana, da una cultura cristiana, da una morale cristiana. La civiltà cristiana ha rappresentato il supporto vitale su cui ha potuto svilupparsi la modernità filosofico-politica. Ciò è storicamente indubitabile!
Ma ciò non dimostra affatto che liberaldemocrazia, razionalismo critico, società aperta, modernità filosofico-politica siano figli legittimi del cristianesimo, dimostra solo che per vivere e prosperare hanno presupposto il cristianesimo. Ritengo che il rapporto non sia fisiologico ma patologico e possa essere ben rappresentato da due analogie complementari: la modernità filosofico-politica sta al cristianesimo come una neoplasia maligna sta all’organismo in cui si sviluppa oppure un parassita sta al corpo che lo ospita.
Quando si afferma l’origine cristiana della liberaldemocrazia si dovrebbe precisare che non è di origine cattolica, ovvero che l’ideologia liberale non nasce dalla Verità Cattolica ma dall’eresia protestante e ne sviluppa l’indole rivoluzionaria, delineando una storia della modernità che da Lutero e Calvino conduce ai giorni nostri.
Se il cristianesimo avesse veramente figliato la modernità (liberalismo, razionalismo critico, laicità, etc.) non sarebbe un suo merito ma la sua imperdonabile colpa. In verità non la Verità di Cristo ma l’eresia di Lutero può essere detta madre di cotal figlia. E ciò salva l’onore del cristianesimo e rivela ancor meglio la natura diabolica della modernità filosofico-politica.
Pera chiama “cataclisma” la rottura che la modernità filosofico-politica (liberaldemocrazia, razionalismo critico eccetera) a un certo punto compie con il cristianesimo, separando nettamente se stessa dal proprio supporto vitale (la civiltà cristiana) e anzi facendo della civiltà cristiana il nemico da eliminare. Nella prospettiva liberale di Pera ciò è il suicidio dell’Europa, dell’Occidente. Ma in una prospettiva sanamente cattolica la separazione della modernità filosofico-politica dal cristianesimo perché mai dovrebbe essere biasimata? Si lamenterebbe forse quel malato dal cui corpo venisse separato il tumore che da lungo tempo lo opprime? Il suicidio della modernità filosofico-politica e della liberaldemocrazia, in una prospettiva sanamente cattolica, non è affatto il suicidio dell’Europa e dell’Occidente ma il suicidio di quel monstrum che da secoli parassita e intossica Europa e Occidente.
Certo ci si aspetterebbe che sia il malato a volersi separare dal tumore e non il tumore a volersi separare dal malato. Ma nel nostro caso il malato è così mal messo che non riesce neppure a pensare di doversi sbarazzare del tumore, anzi si identifica sempre più col tumore stesso. E il tumore è così stupidamente arrogante da non accorgersi di avere una mera vita parassitaria e si vuole ora separato e contro l’organismo che da secoli lo nutre e così si suicida. Il tumore si suicida separandosi dall’organismo di cui è parte malata e parassita.
Viene dunque da dire che è provvidenziale che il tumore, non accorgendosi di non avere vita propria e ignorando di non essere autosufficiente, compia il gesto estremo di recidersi dal corpo che da secoli lo ospita. Sarà suicidio, ma non dell’Occidente, dell’Europa, della Chiesa, bensì di “questo” Occidente, di “questa” Europa, di “questo” cristianesimo modernista ovvero dell’Occidente liberale, dell’Europa laico-illuminista, del protestantesimo che ha figliato la modernità e del cattolicesimo modernista che ha sposato la modernità quando questa era già vecchia.
Immaginiamo la forza che potrebbe avere oggi, innanzi alla crisi storica dell’Occidente liberaldemocratico, una voce cattolica senza complessi d’inferiorità e senza compromessi con la modernità filosofico-politica. Se solo la Chiesa parlasse con le parole di sant’Agostino e san Giovanni Crisostomo, di san Pier Damiani e dei Dottori medievali, del Sillabo di Pio IX, dell’Immortale Dei di Leone XIII, della Pascendi di san Pio X, della Quas primas di Pio XI, con la dottrina di san Tommaso d’Aquino: il mondo risuonerebbe di quella voce e nessuno potrebbe ignorarla.
Il più grande errore che la Chiesa e i cattolici possono fare oggi è quello di scoprirsi crocerossine solerti a soccorrere l’Occidente (liberale) moribondo (perché suicida), correre in aiuto alla liberaldemocrazia, fornire puntelli religiosi a un mondo (dopo pochi secoli già vecchio decrepito) che crolla per la propria colpevole putrescenza. Sarebbe un errore imperdonabile tanto più che il liberalismo classico che oggi si presenta come un vecchietto di buone maniere intimorito dalle follie dei suoi degenerati nipotini radical, non lo si dimentichi, altri non è che l’arrogante e baldanzoso rivoluzionario di ieri che sfasciava, sicuro di sé, il millenario equilibrio della societas christiana.
La prospettiva cattolica non può che essere anti-liberale e per la res publica christiana. Pera presuppone una opzione a favore della modernità filosofica-politica, della liberaldemocrazia, della società aperta e, partendo da tale opzione previa, struttura il suo ragionamento cercando la via per salvare dal suicidio ciò che ritiene meritevole di esistenza. Salvare la liberaldemocrazia è per Pera il fine, il cristianesimo è mezzo per il fine.
Ma se invece si riconosce nella societas christiana la fisiologia e nella modernità filosofico-politica (liberalismo in primis) la patologia, le analisi lucidissime di Pera si capovolgono e il suicidio della modernità filosofico-politica diviene una liberazione, dolorosa, traumatica, forse tragica, ma pur sempre una liberazione.
Il cattolico, memore della lezione antimoderna del Magistero papale, non verserà una lacrima per il suicidio di “questo” Occidente (liberale) ben sapendo che non è il vero Occidente (la civiltà classico-cristiana) anzi ne è il mortifero parassita, si dispiacerà solo che il Magistero di quei papi sia rimasto inascoltato e così l’Europa cristiana abbia dovuto essere sfigurata per accorgersi, solo innanzi alle macerie, che se è follia suicida quella dei nipotini radical lo era già quella dei nonni laico liberali in redingote.
Fonte: vanthuanobservatory.com