Ministri straordinari dell’Eucaristia? Ecco perché non hanno alcuna legittimità teologica
Cari amici di Duc in altum, più di un lettore mi ha scritto per segnalare il problema dei cosiddetti ministri straordinari dell’Eucaristia, spesso impiegati dai sacerdoti durante le sante messe.
Sulla questione ho chiesto un parere qualificato.
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di don Mauro Tranquillo, FSSPX
Il problema dei ministri straordinari non può essere affrontato dal punto di vista della “disciplina” del nuovo rito (in quali casi o misura le “norme” permettono il loro intervento eccetera). Il problema è teologico, o meglio dottrinale.
Il permesso concesso ai laici di amministrare la Santa Eucaristia contraddice direttamente la definizione del Concilio di Trento, sess. XXIII, cap. I:
Hoc autem ab eodem Domino Salvatore nostro institutum esse, atque apostolis, eorumque successoribus in sacerdotio potestatem traditam consecrandi, offerendi et ministrandi corpus et sanguinem eius (DS 1764).
Se è di fede che il sacerdozio è stato istituito non solo per consacrare e offrire, ma anche per distribuire il Corpo e il Sangue del Signore, il potere di distribuire l’Eucaristia non si può delegare tanto quanto non si può delegare il potere di consacrare. O si ha l’Ordine o non lo si ha. Quindi solo il sacerdote (eventualmente aiutato dal diacono, che partecipa del sacerdozio avendo ricevuto l’Ordine sacro) può amministrare l’Eucaristia.
Il caso è molto più grave della stessa comunione nelle mani: non stiamo parlando semplicemente di “far toccare l’ostia ai laici”, cosa problematica per altri motivi, ma di far distribuire un sacramento che solo i ministri sacri possono consacrare e distribuire. Il fatto che nell’Eucaristia (vista come sacramento) il momento della congiunzione della materia e della forma (consacrazione) sia separato (caso unico nei sacramenti) da quello della ricezione del sacramento stesso (e della grazia) non autorizza a pensare che il ministro del secondo momento possa essere un altro da quello del primo.
Spero sia abbastanza chiaro: è argomento che tocca direttamente la fede, forse più di altri elementi ambigui o “semplicemente sacrilegi” della nuova messa. Una ragione di più per non frequentarla assolutamente, come professione di un’altra fede.