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Per la prima volta parlano in pubblico le suore che accusano Rupnik: “Il muro di gomma deve cadere”

Per la prima volta a viso aperto in una conferenza stampa, davanti a decine di giornalisti. Mjriam Kovac e Gloria Branciani, l’una slovena, l’altra italiana, ex religiose della comunità Ignazio di Loyola, hanno raccontato la loro verità. Una vicenda di abusi psicologici e sessuali, di manipolazione e sopraffazione, da parte di padre Marko Rupnik, gesuita, teologo e mosaicista noto in tutto il mondo per le sue opere.

“Ci siamo conosciute in comunità” ha spiegato Mirjam seduta accanto a Gloria. “Eravamo tutte ragazze giovani, piene di ideali, ma proprio questi ideali, insieme alla nostra formazione all’obbedienza, sono stati sfruttati per abusi di vario genere: di coscienza, di potere, spirituali, psichici, fisici e spesso anche sessuali”.

Gloria conobbe Rupnik a Roma quando era una giovane studentessa di Medicina e lui era già un nome affermato, anche come padre spirituale. “All’inizio – ha detto – mi sono sentita disorientata e confusa perché Rupnik è entrato nel mio mondo spirituale deformando anche la mia relazione con il Signore. Vi è entrato con l’autorità del padre spirituale, del confessore e anche come garante del carisma della nascente comunità”.

Ecco l’abuso, “un vero abuso di coscienza” fatto di “manipolazione e plagio”, perché “Rupnik è in grado di manipolare molte persone attorno a sé creando una rete molto ampia, in un contesto abusante”. Ed ecco perché, dice Gloria, “sento che è un dovere etico e morale riscrivere la mia storia”.

L’ex religiosa racconta nei dettagli, raccapriccianti, “abusi fisici, psicologici e sessuali”, tre aspetti di quell’unico abuso di coscienza messo in atto da un abile manipolatore, qualcosa di “devastante”. All’epoca Gloria aveva ventuno anni. “Ero molto ingenua”, ricorda. E a un certo punto lasciò la comunità. “Scappai per il profondo senso di angoscia che provavo. Non volevo più sentire il dolore e il senso di perdita della mia identità”.

“Mi sono perdonata e ho perdonato Rupnik” assicura Gloria, che allo stesso tempo però chiede “verità e giustizia”. Nessuna rivalsa personale, assicura. Solo un bisogno di trasparenza e “riconoscimento pubblico di tutto il male che abbiamo subito nella comunità”.

Venute allo scoperto nel quinto anniversario del summit sugli abusi indetto da papa Francesco in Vaticano, le due ex suore hanno sostenuto che nel corso degli anni sono state circa una ventina le religiose abusate, la metà di quelle che formavano la comunità.

Drammatica anche la testimonianza di Mjriam Kovac. “Ci siamo trovate dinnanzi a un muro di gomma contro cui rimbalza ogni tentativo di curare questa situazione malsana. È il momento che questo muro di difesa di disvalori si sgretoli”.

La legale delle due donne, Laura Sgrò, ha tenuto a precisare: le vittime “non devono perdere la fiducia nella giustizia”, “non devono perdere la speranza di trovare la verità”. Ma “non devono limitarsi ad andare a chiedere aiuto al vescovo o alla madre superiora. Devono andare a denunciare alle autorità dello Stato. Andare dai carabinieri, alla polizia, da un avvocato, dalle procure”. Perché i responsabili di questi abusi “devono finire in carcere”. Il coraggio di denunciare è di fondamentale importanza. “Bisogna assolutamente squarciare questo velo”.

Alcuni video della conferenza stampa: qui, qui, qui, qui e qui

Nello stesso giorno della testimonianza delle due ex suore il sito Vatican News) ha diffuso un articolo (Rupnik, prosegue l’indagine della Dottrina della fede: allo studio la documentazione) in cui si legge fra l’altro:

Contattate nei mesi scorsi le istituzioni coinvolte; allargato “il raggio della ricerca” anche a realtà con le quali non c’erano stati precedentemente contatti; acquisita documentazione, ora allo studio. Prosegue il lavoro del Dicastero per la dottrina della fede sul caso di Marko Rupnik, il noto mosaicista e predicatore, accusato di abusi psicologici e sessuali da alcune consacrate maggiorenni e dimesso nel giugno 2023 dalla Compagnia di Gesù di cui era membro. All’ex Sant’Uffizio il Papa aveva affidato il 27 ottobre dello scorso anno il compito di esaminare il caso, dopo aver deciso di “derogare alla prescrizione per consentire lo svolgimento di un processo”. Una decisione presa a seguito delle segnalazioni inviate nel mese di settembre dalla Pontificia commissione per la tutela dei minori al Papa su “gravi problemi” nella gestione del caso Rupnik e “la mancanza di vicinanza alle vittime”.

Aldo Maria Valli:
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