di Vincenzo Rizza
Caro Valli,
monsignor Staglianò, presidente della Pontificia accademia di teologia, in un articolo pubblicato su Avvenire [qui] circa il dialogo tra cattolici e massoni ha apostrofato alcuni cattolici con l’ennesimo misericordioso aggettivo inteso in senso dispregiativo: “Convenzionali”. In particolare il nostro prova ad accomunare i “massoni” con i “cattolici convenzionali” che dimenticano che la Verità nella Carità “giudica tutti per la salvezza eterna. Non solo i massoni ma anche i cattolici convenzionali”.
L’uso dell’aggettivo “convenzionale” in senso dispregiativo, che si unisce a ben altri lusinghieri epiteti coniati dal papa per descrivere i cattolici che non la pensano come lui (da “vecchie comari” a “seminatori di aceto”), non è una recente iniziativa di monsignor Staglianò ma trae origine da approfonditi studi condotti negli anni.
Basta fare una veloce ricerca su internet per trovare [qui] una pubblicazione del 2018, Pop-Theology per giovani. Autocritica del cattolicesimo convenzionale per un cristianesimo umano, nella cui sinossi si spiega che “la Pop-Theology in quanto teologia popolare s’incarica di pensare criticamente il cattolicesimo convenzionale, svecchiando la predicazione cristiana, affinché la fede non rischi di diventare solo una maschera religiosa senza riferimento al Dio di Gesù e alla sua umanità”. Il volume è infarcito di dotte citazioni di Padri della Chiesa: sant’Agostino o san Tommaso? Neanche per idea: la prefazione è di Antonio Spadaro (una garanzia) e le illustri citazioni sono di Nek e Renato Zero, neo profeti della pop-teologia.
È, poi, del 2019 Oltre il cattolicesimo convenzionale. L’umanità di Gesù, verità, senso, libertà per tutti [qui], testo nel quale la critica si fa più dura. Sempre dalla sinossi del libro: “Che cos’è il cattolicesimo convenzionale? Una religione vuota di carità e dunque – per dirla con le parole di san Giacomo – una fede morta (Gc 2,26). Una fede che lascia praticare i riti sacri, le assemblee liturgiche, le feste religiose, le devozioni e le tradizioni popolari, ma non converte i cuori delle persone, non fa incontrare Gesù nei sacramenti (oggi troppo spesso appaltati alla mentalità consumistica del centro commerciale) e, dunque, non accompagna le persone e le comunità alla pratica dell’amore”.
Senza contare le tante interviste rilasciate in passato in cui Straglianò esalta la pop-teologia contro il cattolicesimo convenzionale e cita altri giganti del pensiero pop-teologico, da Mengoni a Gabbani.
In fondo, tuttavia, cosa significa convenzionale? È un termine che davvero può essere considerato dispregiativo?
Il vocabolario Treccani on-line offre tre definizioni di convenzionale:
Stabilito per convenzione, che è conforme a una convenzione, a un accordo, o ne dipende…
Che segue passivamente una consuetudine, una maniera comunemente accettata, quindi artificioso, privo di originalità e naturalezza: arte c., modi di dire, espressioni, frasi, giudizî convenzionali; davanti alla chiesa … un c. senso religioso si mescolava a un c. senso mondano e determinava tra la piccola folla lì radunata ogni domenica uno spirito comune (Raffaele La Capria). b. Di cosa fatta per puro rispetto delle convenienze sociali: saluti, cortesie convenzionali.
Più genericamente (sul modello dell’inglese conventional), e senza senso di biasimo, di cosa che presenta le forme usuali, ordinarie, come sinonimo di tradizionale, in contrapposizione a ciò che è nuovo e fortemente diverso o addirittura rivoluzionario: aeroplano di modello c.; macchine c.; in particolare, armi c., l’armamento classico delle forze armate dei diversi paesi, in contrapposizione alle armi nucleari (per estensione, guerra c., fatta con armi convenzionali).
Delle tre definizioni solo la seconda può avere una valenza negativa. Le altre due hanno invece connotati positivi.
Il linguaggio, ad esempio, secondo le teorie aristoteliche nasce per convenzione: è la convenzione che permette di stabilire in maniera comune le denominazioni al fine di consentire una comunicazione reciproca più rapida ed efficace. È sempre la convenzione, tramutata poi in norma, che ci fa fermare davanti ad un semaforo rosso (e non verde) e ci consente di circolare per le strade con ordine.
Il convenzionale, invece, come sinonimo di tradizionale, richiama ciò che ci è stato trasmesso dai nostri antenati e, in senso cattolico, ciò che ci è stato trasmesso da Gesù e dai Padri della Chiesa. Non è un caso che il suo contrario sia ciò che è rivoluzionario e rompe con il passato.
Molti considerano Gesù il più grande rivoluzionario della storia. In realtà, come insegna Benedetto XVI, “Gesù non viene come distruttore; non viene con la spada del rivoluzionario. Viene col dono della guarigione”. Anche considerando, tuttavia, la “rivoluzione” della Nuova Alleanza portata da Gesù, oggi siamo chiamati a rinnovarla nella tradizione, non certo a modificarla sostituendo la Rivelazione con la rivoluzione.
Trovo, allora, del tutto fuori luogo parlare di cattolici convenzionali per colpire gratuitamente i cattolici rei di opporsi alle moderniste evoluzioni della chiesa in uscita e della pop-teologia. Né possono essere definiti convenzionali quei cattolici che vivono la propria fede in maniera indifferente, in modo meramente ripetitivo e abitudinario; rischio che purtroppo può colpire e spesso colpisce ogni cattolico (senza inutili aggettivi). Affidiamoci, sul punto, alle parole non di improvvisati (pop)teologi ma di un grande teologo, sempre papa Benedetto XVI, che ci invita a chiedere “al Signore perdono per la nostra indifferenza, per la nostra miseria che ci fa pensare solo a noi stessi, per il nostro egoismo che non cerca la verità, ma che segue la propria abitudine, e che forse spesso fa sembrare il Cristianesimo solo come un sistema di abitudini” (https://www.vatican.va/content/benedict-xvi/it/homilies/2012/documents/hf_ben-xvi_hom_20120902_ratzinger-schuelerkreis.html).