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“Ite… ibi videbitis”

di Rita Bettaglio

Sed ite, dícite discípulis ejus et Petro, quia præcédit vos in Galilǽam: ibi eum vidébitis, sicut dixit vobis.

Andate, dice il giovane alle donne, dite ai suoi discepoli e a Pietro che egli vi precede in Galilea: là lo vedrete, come vi disse.

È Pasqua: il Signore è risorto, le donne al sepolcro non lo trovano.

Questo è un mistero, anzi il mistero. Lo crediamo ma non lo capiamo. Non sarebbe un mistero.

Le donne erano andate al sepolcro di buon mattino: prima avevano comprato gli unguenti profumati per ungere Gesù. Questi profumi significano le virtù. Dice san Gregorio Magno, nell’omelia che si legge al Mattutino di Pasqua: “Noi, dunque, che crediamo in lui che è morto per noi, andiamo veramente al suo sepolcro con aromi e profumi se, intrisi dell’odore delle virtù, cerchiamo il Signore con la raccomandazione delle buone opere”.

Il buon odore delle virtù, le buone opere: queste due realtà sono così correlate da essere causa ed effetto l’una dell’altra. Le buone opere spandono all’intorno il profumo, inebriante, delle virtù e questo a sua volta trascina e genera nuove opere di bene.

Tutti noi abbiamo esperienza di quanto l’esempio trascini: exempla trahunt, dicevano i nostri padri, gli esempi hanno una forza propulsiva innegabile.

Nel bene e nel male, nella santità e nella rovina. Si isti et istae, cur non ego? si domandava sant’Agostino. Se tanti sono diventati santi, perché non potremmo anche noi?

Le buone opere sono strumenti, come c’insegna san Benedetto nel IV capitolo della sua Regola, per ottenere dal Signore la ricompensa promessa.

Il giovinetto al sepolcro esorta le donne a riferire a Pietro e ai discepoli di andare in Galilea.

“Là lo vedrete, come vi disse”. Cosa c’è di più semplice? Aveva detto Gesù: “Dopo la mia risurrezione, vi precederò in Galilea”. L’aveva detto il giovedì sera, mentre uscivano dal Cenacolo e si avviavano al Monte degli ulivi. Quindi non restava che andare.

Quante cose ha detto e ha fatto Gesù, non solo per gli apostoli, ma anche per ciascuno di noi, ma ci scivola addosso.

La risurrezione di Gesù era stata da lui annunciata, ma l’ottundimento dell’animo e dell’intelletto, conseguente al peccato originale, rese i discepoli (e tutti noi) stolti e tardi di cuore, incapaci di comprendere e riottosi alle realtà divine.

Vogliamo veramente che quest’opacità sia tolta dagli occhi della nostra anima? O forse ci fa comodo perché è una coperta di Linus che abbiamo in comune con gli altri?

Se accettassimo che il Signore terga i nostri occhi, non potremmo più dire che non vediamo. E se ammettiamo di vedere, non possiamo più dubitare e baloccarci a cogliere le margheritine sulla via del Calvario. Il Golgota non è un parco-avventura, non è un film, né un racconto mitologico o una graphic novel. È la via della salvezza vera.

Al ricco Epulone che supplicava Abramo di mandare Lazzaro ad avvertire i suoi fratelli perché non finissero all’inferno, il santo patriarca rispose: “Se non ascoltano Mosè e i profeti, neanche se uno risuscitasse dai morti saranno persuasi”.

Eh già. Quante volte abbiamo (ho) udito il Vangelo della risurrezione: “Dite ai suoi discepoli e a Pietro che egli vi precede in Galilea: là lo vedrete, come vi disse”.

Andare in Galilea con la promessa di vederlo. O girare sui tacchi e far finta di niente? Dire: al sepolcro non c’era, e fare spallucce.

Vedere Gesù non è cosa che molti vogliano fare. È pericoloso, molto. Poi non si può tornare alle cipolle d’Egitto, quelle care, solite cipolle a cui abbiamo fatto la bocca.

La chiesa va male. Sì. Molti in essa danno cattivo esempio. Sì.

Cristo è risorto. Sì. Ci precede in Galilea. Sì.

Che facciamo, allora? Stiamo a brontolare, mesti ma, tutto sommato, comodi, o partiamo per la Galilea?

La mia Galilea è la grotta, dove alle volte mugugno a più non posso. Però è una grotta con vista sul Calvario e questo non ha prezzo. Inutile chiudere le gelosie.

 

Aldo Maria Valli:
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