Pio X e la sua interpretazione, molto attuale, dell’abominio della desolazione
di Robert Lazu Kmita
Il 4 agosto 1903 iniziava il pontificato di san Pio X e il 4 ottobre veniva pubblicata la prima enciclica, la E Supremi, scritta per illustrare il programma pontificio rappresentato dal motto Instaurare omnia in Christo (restaurare ogni cosa in Cristo), che è anche il sottotitolo del documento. Ruotando attorno al primo versetto del secondo Salmo del re Davide, l’inizio dell’enciclica è dedicato alla situazione della Chiesa nel mondo moderno:
Infatti contro il loro Creatore “le nazioni ebbero fremiti di ribellione e i popoli concepirono idee insensate”, e quasi unanime è il grido dei nemici di Dio: “Allontànati da noi”. Perciò si è estinta del tutto nei più la riverenza verso l’eterno Dio, e nella condotta della vita, sia pubblica sia privata, non si tiene in alcun conto il principio della Sua suprema volontà; ché anzi con tutte le forze e con ogni artificio si tende a sopprimere completamente addirittura il ricordo e la nozione di Dio.
Le parole che si leggono nel paragrafo successivo sono piuttosto rare – se non uniche – per un testo pontificio. Papa Pio X si chiede infatti se l’Anticristo, il grande nemico finale di Gesù Cristo, non sia già presente nella storia:
Chi considera ciò, deve pur temere che questa perversione degli animi sia una specie di assaggio e quasi un anticipo dei mali che sono previsti per la fine dei tempi; e che “il figlio della perdizione”, di cui parla l’Apostolo, non calchi già queste terre. Con somma audacia, con tanto furore è ovunque aggredita la pietà religiosa, sono contestati i dogmi della fede rivelata, si tenta ostinatamente di sopprimere e cancellare ogni rapporto che intercorre tra l’uomo e Dio! E invero, con un atteggiamento che secondo lo stesso Apostolo è proprio dell’“Anticristo”, l’uomo, con inaudita temerità, prese il posto di Dio, elevandosi “al di sopra di tutto ciò che porta il nome di Dio”; fino al punto che, pur non potendo estinguere completamente in sé la nozione di Dio, rifiuta tuttavia la Sua maestà, e dedica a se stesso, come un tempio, questo mondo visibile e si offre all’adorazione degli altri. “Siede nel tempio di Dio ostentando se stesso come se fosse Dio”.
Ma quando dovrebbero agire i cristiani se non sanno esattamente che cosa sia l’abominio della desolazione?
Facendo eco agli insegnamenti dell’apostolo Paolo, il Santo Padre ci ricorda ciò che abbiamo appreso dagli scritti di santa Ildegarda: l’attività principale del Figlio della perdizione è la diffusione di quella dottrina perversa (doctrinam perversam) che si oppone al Vangelo cristiano con una moltitudine di eresie che contraddicono sia gli insegnamenti dogmatici sia, soprattutto, gli insegnamenti morali tradizionali (in particolare quelli relativi alla sessualità).
Ma ciò che ha attirato la mia attenzione è l’interpretazione di una delle profezie di nostro Signore Gesù Cristo menzionate nel capitolo 24 del Vangelo secondo Matteo (versetti da 15 a 20):
Quando dunque vedrete l’abominio della desolazione, di cui parlò il profeta Daniele, stare nel luogo santo – chi legge comprenda -, allora quelli che sono in Giudea fuggano ai monti, chi si trova sulla terrazza non scenda a prendere la roba di casa, e chi si trova nel campo non torni indietro a prendersi il mantello. Guai alle donne incinte e a quelle che allatteranno in quei giorni. Pregate perché la vostra fuga non accada d’inverno o di sabato.
Sottolineiamo, innanzitutto, l’enigma posto al centro della profezia: invece di dirci quale sia l’abominio della desolazione menzionato nel libro del profeta Daniele, nostro Signore ci dice subito che cosa fare. Ma quando dovrebbero agire i cristiani se non sanno che cosa esattamente sia questo abominio della desolazione? Trovare la risposta ha messo in difficoltà sia i rabbini che hanno interpretato l’Antico Testamento sia i santi padri e dottori della Chiesa.
Una moltitudine di spiegazioni riguarda le azioni sacrileghe commesse contro il Tempio di Gerusalemme. Ad esempio, una delle interpretazioni rabbiniche più significative considera l’intronizzazione da parte di Antioco IV Epifane (215 a.C. circa – 164 a.C.) di una statua di Zeus nel Santo dei Santi. Altri studiosi ebrei hanno visto l’abominio della desolazione nell’introduzione di immagini scolpite nel tempio da parte del re Manasse (709 circa – 643 a.C.). Anche san Girolamo cita un’interpretazione simile, riferendosi alla collocazione della statua equestre dell’imperatore romano Adriano (76 – 138 d.C.) nel Tempio, mentre sant’Ambrogio menziona una testa di maiale usata dai romani per contaminare il luogo sacro della Tradizione ebraica. I santi Agostino e Giovanni Crisostomo identificano l’abominio della desolazione con l’accerchiamento stesso di Gerusalemme da parte degli eserciti romani di Tito Cesare Vespasiano (39 – 81 d.C.) nell’anno 70 d.C., evento drammatico descritto con straordinaria precisione da Giuseppe Flavio. Come si può facilmente notare, tutte queste interpretazioni hanno un marcato carattere storico, in particolare per quanto riguarda la profanazione o la distruzione del Tempio di Salomone.
La seconda categoria di interpretazioni dell’abominio della desolazione apre orizzonti più vicini alle visioni di santa Ildegarda di Bingen. Di natura simbolico-allegorica, esse sono di grande interesse. La stessa interpretazione di papa Pio X, va notato, non è principalmente storica, ma spirituale.
Uno dei più importanti maestri di ermeneutica sacra fu Origene di Alessandria (185 circa – 253 circa d.C.). Nonostante le controversie suscitate da alcune sue speculazioni teologiche e metafisiche, le interpretazioni da lui proposte per i difficili passi della Sacra Scrittura furono apprezzate, tra gli altri, dai padri cappadoci – i santi Basilio di Cesarea, Gregorio di Nissa e Gregorio di Nazianzo – e da san Tommaso d’Aquino. Quest’ultimo incluse meticolosamente i commenti dell’Alessandrino nella sua monumentale compilazione intitolata Catena aurea. Dal frammento in cui commenta il significato mistico dell’abominio della desolazione apprendiamo che potrebbe trattarsi della parola falsa che abita “nel luogo santo delle Scritture, sia dell’Antico sia del Nuovo Testamento”. Spinto da questo spirito di falsità, l’Anticristo è colui che perverte i significati delle Sacre Scritture, portando alla dannazione coloro che non seguono l’unica soluzione salvifica: la fuga verso le “montagne della verità” accessibili dall’interpretazione delle Sacre Scritture lette attraverso le lenti della Tradizione apostolica.
Lo stesso percorso di interpretazione spirituale e mistica dei testi sacri è seguito da uno dei più brillanti commentatori della Bibbia: san Beda il Venerabile (673 circa – 735 circa). Per lui, l’abominio della desolazione si manifesterà contemporaneamente alla comparsa dell’Anticristo. Sarà la somma delle eresie e dei peccati che domineranno palesemente tra i cristiani. Similmente alle visioni di santa Ildegarda di Bingen, san Beda prevede che il periodo che precede la seconda venuta del Salvatore sarà segnato da una diffusione senza precedenti di eresie che mineranno la fede di un gran numero di battezzati.
Considerando queste interpretazioni, è chiaro che la loro pluralità evidenzia implicitamente la difficoltà di identificare in modo inequivocabile l’abominio della desolazione. Possiamo dunque dedurre che nostro Signore Gesù Cristo, attraverso questa sfida biblica, vuole insegnarci qualcosa di importante. Chiediamoci: perché ci ha trasmesso la misteriosa affermazione del profeta Daniele senza chiarirla? Innanzitutto, vuole costringerci a esaminare con insistenza i testi sacri. In secondo luogo, indica la straordinaria importanza del Libro del profeta Daniele. In terzo luogo, ci suggerisce che l’abominio della desolazione non sarà facilmente visibile agli occhi di tutti, ma solo di coloro che, guidati dalla Sapienza dello Spirito Santo, avranno sufficientemente purificato gli occhi della loro mente per poterlo identificare. Ciò implica una vita cristiana fortemente radicata nella fede e una grande perseveranza nell’apprendere e approfondire le regole dell’ermeneutica sacra (come quella seguita dai padri e dai dottori della Chiesa).
Veniamo ora all’ultima delle ragioni dell’enigmaticità delle profezie divine. Anzi, forse la più importante di tutte.
Se contempliamo attentamente le interpretazioni proposte, vediamo che il punto chiave dell’abominio della desolazione non sta fuori, ma dentro: risiede, in effetti, nei cuori e nelle menti di coloro che hanno commesso gli abomini menzionati dai rabbini o dai padri della Chiesa. Questa è anche la linea seguita da papa Pio X nella sua interpretazione.
Considerando che noi potremmo trovarci nel periodo che precede la seconda venuta di Nostro Signore Gesù Cristo, il Santo Padre rivela la ragione principale di un’ipotesi così inquietante: la diffusione senza precedenti di eresie – la “falsa parola” di cui parla Origene – che contraddicono apertamente e pubblicamente la Fede rivelata soprannaturalmente.
Non accontentandosi di osservare la situazione devastante, papa Pio X denuncia sistematicamente il Modernismo, questa “somma di tutte le eresie”, cercando di contrastarne gli effetti. Il potere spirituale nascosto dietro la diffusione senza precedenti di insegnamenti errati non può essere, ovviamente, che quello del diavolo e del suo principale accolito, appunto l’Anticristo. La presenza di quest’ultimo nella storia non è affermata da papa Pio X come una certezza assoluta, ma solo come una seria ipotesi. Tuttavia, come spiegare l’ampiezza della diffusione delle eresie e la crescente apostasia di tanti cristiani? Nessuna domanda è più importante e, allo stesso tempo, più difficile di questa, e la risposta proposta nell’enciclica E Supremi è davvero magistrale: si tratta dell’auto-latria (l’idolatria dell’io, cioè l’auto-idolatria). Questa non è altro che la pseudo-religione dell’uomo che idolatra se stesso, desiderando che tutti lo adorino. Una persona del genere non rispetta più l’autorità divina, la religione soprannaturale da essa stabilita o la tradizione che la trasmette di generazione in generazione. Si è infatti messo al posto di Dio, proclamandosi unico padrone di se stesso e di tutto il creato. Come il Faust di Goethe, è disposto a stringere un patto con le forze delle tenebre per preservare l’illusione di un mondo senza Dio e senza valori morali assoluti. In breve, è un individuo che si crede letteralmente Dio. Questa è la forma ultima e più perversa di idolatria, la più insidiosa di tutte. È il fulcro di ogni errore dogmatico e di ogni deviazione morale.
Una pletora di manifestazioni di auto-latria è oggi diffusa su scala globale. I falsi insegnamenti che le rafforzano sono così persuasivi da aver reso schiave le menti di un numero significativo di cristiani, compresi i gerarchi della Chiesa. Di conseguenza, possiamo assistere a manifestazioni dell’abominio della desolazione in molti luoghi sacri del mondo. È un regno spudorato di servi indegni, simile a una prostituta che si espone nel luogo sacro. Gli scandali sessuali che coinvolgono i sacerdoti sono, in tale senso, solo la punta dell’iceberg.
Se, come afferma Pio X, l’uomo è arrivato a “fare dell’universo un tempio in cui egli stesso deve essere adorato”, siamo di fronte a nient’altro che a un’estensione del fatto che una persona colpita da questo virus adora se stessa, piena di orgoglio, nel tempio del proprio corpo e della propria anima. Tutto ciò non si riferisce esclusivamente a coloro che sono fuori dalla Chiesa cattolica, ma anche ai battezzati. Invece di diventare templi dello Spirito Santo, seguendo l’esempio di Gesù Cristo, diventano templi dello spirito di malvagità, che non solo combatte costantemente contro Dio, ma cerca di sostituirsi a lui, prendendo il suo posto e cambiando i dogmi e gli insegnamenti morali.
In definitiva, ecco il più grande abominio possibile, la più grande perversione immaginabile: andare in chiesa non per adorare Dio, il Creatore di tutto ciò che esiste, ma per adorare se stessi, giustificando e razionalizzando i propri peccati attraverso una dottrina perversa.
Fonte: remnantnewspaper.com