Mostra di Carpi. Oltre al danno la beffa
di Vincenzo Rizza
Caro Valli,
l’avvocato Francesco Fontana, presidente di Iustitia in Veritate, ha recentemente scoperto che l’autore della mostra Gratia plena di Carpi si sarebbe liberamente ispirato (eufemismo) alla performance intitolata The Great Tamer (Il grande domatore) del 2017 del coreografo greco Dimitris Papaioannou. In particolare i quadri della mostra di Carpi risultano “in gran parte incredibilmente equiparabili, paurosamente simili o sovrapponibili, quasi una riproduzione delle opere del coreografo … noto come curatore delle cerimonie di apertura e chiusura delle olimpiadi di Atene nel 2004” (qui).
Ciononostante, nel catalogo della mostra e nelle dichiarazioni dell’autore mancherebbe ogni riferimento all’evidente ispirazione tratta dalla richiamata performance e qualcuno ha anche parlato apertamente di plagio o truffa in quanto il signor Santini avrebbe spacciato le sue opere come nuove e originali.
Mi permetto di dissentire. Naturalmente non per difendere la qualità artistica delle opere, ma per sottolineare l’illusorietà e l’ipocrisia di molta arte moderna e contemporanea che fa del “concetto” e della “provocazione” la ragion d’essere stessa della natura artistica di un’opera.
Non mi sembra che Duchamp, quando realizzò la sua famosa fontana (l’orinatoio, per intenderci), abbia citato il produttore della latrina, vero autore dell’“opera”. La valenza “artistica” consisteva non nel realizzare fisicamente l’“opera” ma nella provocazione di scegliere un oggetto di uso quotidiano (e sull’uso quotidiano di un orinatoio penso siamo tutti d’accordo) per collocarlo in un altro contesto creando una nuova idea per l’oggetto. Sul significato dell’“opera” i cosiddetti “esperti” si sono poi sbizzarriti, fino a vedervi, per tornare a interpretazioni blasfeme, la testa velata di una classica madonna rinascimentale.
Allo stesso modo Santini non ha fatto altro che prendere a riferimento produzioni altrui, che implicitamente richiamavano il sacro senza, tuttavia, esplicita menzione, e appiopparvi un titolo dichiaratamente provocatorio. Il gioco è fatto: la performance del coreografo greco è del tutto decontestualizzata e non merita neppure di essere citata, esattamente come il produttore dell’orinatoio.
È la nuova “arte”, bellezza.
Dispiace che i responsabili della diocesi di Carpi, improvvisati curatori e critici d’arte, non si siano resi conto di essere entrati in un gioco più grande di loro. Dispiace ancora di più la pervicacia e ostinazione con cui hanno continuato a difendere l’errore, ignorando e perfino denigrando le proteste dei fedeli scandalizzati e dando forse finalmente un significato concreto al termine clericalismo, contro cui più volte ha tuonato papa Francesco.