di Aurelio Porfiri
Molti anni fa prestavo servizio come direttore di coro per la Messa tradizionale celebrata nella chiesa romana di Gesù e Maria, una Messa molto frequentata da alcuni protagonisti del tradizionalismo cattolico romano. Ricordo che lì incontrai Eric de Saventhem (1919-2005), fondatore della federazione internazionale Una Voce, l’abbé Frank Quoex (1967-2007), insigne liturgista che fu brevemente anche mio direttore spirituale, e il giurista Wolfgang Waldstein (1928-2023). Ma un ricordo particolare è legato al marchese Luigi Coda Nunziante (1930-2015), un aristocratico fortemente impegnato nelle battaglie in difesa dell’ordine naturale, della famiglia e della tradizione. Penso che tutti quelli che hanno conosciuto il marchese potranno convenire con me nel ricordarne la grande signorilità: veramente era l’emblema di ciò che ci si aspetterebbe da coloro che, degnati dell’aristocrazia del sangue, comprendono che ancora più importante è l’aristocrazia dello spirito. Era una persona cordiale e affabile, ma la sua innata gentilezza suggeriva rispetto, non una inappropriata confidenza.
Cito spesso una frase di Plinio Corrêa de Oliveira (1908-1995), grande pensatore brasiliano e cattolico controrivoluzionario, che fu certamente di ispirazione per l’azione del marchese Coda Nunziante. Dice: «Dio affida a talune persone la missione di essere simboli. Esse hanno un portamento, un modo d’essere che corrisponde a una certa grazia, accompagnato dalla capacità di esprimere sensibilmente questa grazia. Hanno un modo d’essere che rende particolarmente allettante le virtù legate alla grazia. Perciò sono chiamate non solo a praticarla in modo esimio, ma a simboleggiarla». Sono parole che dicono molto su quella che dovrebbe essere l’aspirazione di ogni uomo e di ogni donna: la necessità di coltivare “l’uomo superiore”, secondo l’espressione di Confucio..
In persone come il marchese Coda Nunziante si osservava proprio «un portamento, un modo d’essere che corrisponde a una certa grazia, accompagnato dalla capacità di esprimere sensibilmente questa grazia». Purtroppo tutto questo è stato appiattito in un egualitarismo di marca americana (esito fatale dell’egalité francese) per cui l’aristocrazia non è stabilita dalle tradizioni e dai valori dello spirito, ma dalla capacità di accumulare denaro attraverso i prodotti più riusciti della furia capitalista.
La difesa della famiglia fu uno dei campi d’azione privilegiati dal marchese Coda Nunziante. Nel ricordare il suo impegno in questo senso, e molto altro, Antonio Pannullo (Secolo d’Italia) ne delinea così la traiettoria: «Partecipò attivamente a tutte le attività della Fondazione culturale Lepanto. Nel 1987 fondò e diresse l’Associazione Famiglia domani, per la quale ideò e organizzò campagne pubbliche in difesa dei valori familiari, tra cui la Marcia per la Vita. Insieme alla principessa Elvina Pallavicini costituì nel 1997 l’associazione Noblesse et Tradition. Il suo ultimo intervento pubblico, riportano le cronache di Corrispondenza romana, avvenne il 9 marzo a Palazzo Pallavicini per ricordare i dieci anni dalla scomparsa della principessa romana. Da non dimenticare che nel 1989 aderì all’Anti 89 per ricordare i crimini della Rivoluzione francese. Scrive ancora nel suo ricordo Corrispondenza romana: “Fu un cattolico esemplare e un perfetto gentiluomo formato ai sentimenti dell’onore e all’attaccamento ai valori patriottici e religiosi che seppe trasmettere ai suoi familiari. Era sposato con la contessa Gabriella Spalletti Trivelli da cui ha avuto cinque figli e quindici nipoti”. Non avremmo saputo dir meglio».
Certamente l’impegno nell’associazione Famiglia domani e la sua collaborazione con il Centro culturale Lepanto del professor Roberto de Mattei furono aspetti importanti nell’attività del marchese, un’attività che vide anche l’impegno politico e la carriera militare.
Immagino che se fosse ancora vivo oggi, il marchese Coda Nunziante probabilmente non sarebbe contento di come si è evoluta la situazione nella Chiesa e nella società, e non solo riguardo la famiglia. Eppure credo che si ispirerebbe ancora a Plinio Corrêa de Oliveira, che diceva: «È questa la nostra finalità, il nostro grande ideale. Avanziamo verso la civiltà cattolica che potrà nascere dalle rovine del mondo moderno, come dalle rovine del mondo romano è nata la civiltà medioevale. Avanziamo verso la conquista di questo ideale con il coraggio, la perseveranza, la decisione di affrontare e di vincere tutti gli ostacoli, con cui i crociati marciavano verso Gerusalemme».
Certo ci scoraggia vedere tanti di noi cadere tra le rovine, ma soltanto con lo sguardo verso l’alto, quello sguardo che il marchese cercò di conservare per tutta la vita, possiamo dare un senso all’insensatezza che purtroppo ci circonda.