di Felice Manti
Arriva l’impunità divina per i magistrati vaticani. L’altro giorno papa Bergoglio ha prodotto un’altra Lettera apostolica motu proprio sui magistrati ordinari del Tribunale e dell’Ufficio del Promotore di giustizia [qui], creando uno scudo per le loro eventuali malefatte, per cui qualunque errore facciano non pagheranno mai di persona ma si potrà far causa «esclusivamente contro il Vaticano», che pagherà anche «le spese di giudizio, rappresentanza e difesa», si legge nell’articolo 2 comma 3 della nuova legge sull’ordinamento giudiziario del Vaticano.
È la seconda decisione motu proprio dopo quella che – a pochi giorni dal verdetto che ha condannato a cinque anni e sei mesi monsignor Angelo Becciu – ha esteso le prerogative cardinalizie e lo stipendio cumulabile ed esentasse in Italia a chi ha portato alla sbarra il monsignore e chi ne ha deciso la condanna, vale a dire Alessandro Diddi e Giuseppe Pignatone, in un processo «connotato da numerose zone d’ombra in una molteplicità di piani dal punto di vista giuridico», come scrive nel suo parere pro veritate Geraldina Boni, ordinaria di Diritto ecclesiastico e canonico all’Alma Mater di Bologna.
Perché arriva questo colpo di spugna? È come se il pontefice sapesse che il giudizio sull’ex segretario di Stato – ben lungi dall’essere «giusto» come vorrebbero i principi giuridici vaticani – rischia di essere ribaltato in appello. Ipotesi di scuola, ovviamente. Ma la tempistica è sospetta.
Come è sospetta la decisione di (ri)promuovere Promotore di giustizia aggiunto alla Segnatura apostolica monsignor Alberto Perlasca, il grande accusatore di Becciu rimasto indenne dal processo. Coincidenze, certo.
Ma così è sempre più difficile «il digiuno dai pettegolezzi e dalle maldicenze» che sogna papa Francesco.
Fonte: ilgiornale.it