Propongo la traduzione italiana di ampi stralci dell’appello lanciato da Jean-Pierre Maugendre, direttore generale di Renaissance catholique, per ottenere la piena libertà di celebrare la Messa tradizionale, senza limitazioni né condizioni.
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Essere cattolici nel 2024 non è un’impresa facile. L’Occidente è alle prese con una massiccia scristianizzazione, tanto che il cattolicesimo sembra sul punto di scomparire dalla sfera pubblica. Altrove, il numero di cristiani perseguitati per la loro fede è in aumento. Inoltre la Chiesa è stata colpita da una crisi interna che si manifesta con il declino della pratica religiosa, il calo delle vocazioni sacerdotali e religiose, la diminuzione della pratica sacramentale e persino un crescente dissenso tra sacerdoti, vescovi e cardinali, fenomeno che, fino a poco tempo fa, sarebbe stato assolutamente impensabile. In questo quadro, c’è una realtà che, più di tutte, può contribuire alla rinascita interna della Chiesa e al rinnovamento del suo zelo missionario: la celebrazione degna e riverente della liturgia, che può essere molto favorita grazie alla presenza e all’esempio della liturgia romana tradizionale.
Nonostante gli svariati tentativi fatti per sopprimerla, soprattutto durante l’attuale pontificato, essa vive, continuando a diffondersi e a santificare il popolo cristiano che ha la fortuna di poterne beneficiare. La liturgia tradizionale porta abbondanti frutti di pietà, nonché un aumento delle vocazioni e delle conversioni. Attira i giovani, è fonte di molte opere fiorenti, soprattutto nelle scuole, ed è accompagnata da una solida catechesi. Nessuno può negare che sia un vettore per la conservazione e la trasmissione della fede e della pratica religiosa, in un momento in cui il credo religioso sta scemando e il numero dei credenti diminuisce. La Messa tradizionale, grazie alla sua venerabile antichità, può vantare di aver santificato innumerevoli anime nel corso dei secoli. Tra le altre forze vitali ancora attive nella Chiesa, questa forma di vita liturgica si distingue per la stabilità conferitale da una lex orandi ininterrotta.
La Chiesa ha concesso, o meglio tollerato, alcuni luoghi di culto dove poter celebrare questa liturgia, ma troppo spesso ciò che è stato dato con una mano viene ripreso con l’altra, senza però riuscire a farlo scomparire del tutto.
Dopo il declino massiccio del periodo immediatamente successivo al Concilio Vaticano II, si è tentato a più riprese di rilanciare la pratica religiosa, di aumentare il numero delle vocazioni sacerdotali e religiose e di preservare la fede del popolo cristiano. È stato tentato di tutto, tranne che permettere al popolo di sperimentare la liturgia tradizionale, dando una possibilità alla Messa tridentina. Oggi, però, il buon senso richiede con urgenza che tutte le forze vitali della Chiesa possano vivere e prosperare, e in particolare quella che gode di un diritto che risale a più di un millennio fa.
Non ci si deve sbagliare: il presente appello non è una petizione per ottenere una nuova tolleranza come nel 1984 e nel 1988, e nemmeno per ripristinare lo status concesso nel 2007 dal motu proprio Summorum Pontificum che, riconoscendo in linea di principio un diritto, è stato di fatto ridotto a un regime di permessi concessi in misura esigua.
È necessario difendere e trasmettere i mezzi che la Provvidenza ha utilizzato per permettere a un numero crescente di cattolici di conservare la fede, di crescere in essa o di scoprirla. In questo processo la liturgia tradizionale svolge un ruolo essenziale, grazie alla sua trascendenza, alla sua bellezza, alla sua atemporalità e alla sua certezza dottrinale.
Per questo motivo, chiediamo semplicemente, per il bene della vera libertà dei figli di Dio nella Chiesa, che alla liturgia tradizionale venga concessa piena libertà, con il libero uso di tutti i suoi libri liturgici, in modo che nel rito latino, senza ostacoli, tutti i fedeli possano beneficiarne e tutti i chierici possano celebrarla.
Jean-Pierre Maugendre, direttore generale di Renaissance catholique, Parigi
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Questo appello non è una petizione da firmare, ma un messaggio da diffondere e riprendere in qualsiasi forma sembri opportuna, anche per portarlo all’attenzione di cardinali, vescovi e prelati della Chiesa cattolica.