L’Anello, ovvero la macchina suprema. Quel messaggio di Tolkien che parla proprio a noi
In un’epoca come la nostra, sempre più dominata dalle tecnologie informatiche e nella quale la questione della cosiddetta intelligenza artificiale è ormai in primo piano, una parola di notevole interesse arriva da una fonte che forse non abbiamo mai associato a tali problemi e invece propone una riflessione illuminante: Il Signore degli Anelli di Tolkien. Nel quale l’Anello può essere visto come la macchina suprema, l’emblema della pretesa di dominio dell’uomo che si erge a divinità.
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di Robert Lazu Kmita
Uscito nel 1996, il documentario J.R.R.T.: A Film Portrait of J.R.R. Tolkien eccelle per la qualità delle testimonianze fornite dagli intervistati. Tra i membri della famiglia che hanno partecipato alle riprese, spicca la figura del figlio minore, Christopher Tolkien (1924-2020). In tono riflessivo e con una serietà che denota la comprensione dell’importanza della sua missione di interprete “ufficiale” dell’opera paterna, Christopher fa un’affermazione che ha immediatamente catturato la mia attenzione: “L’Unico Anello è… la macchina suprema”.
Consapevole del contenuto potenzialmente esplosivo delle sue stesse parole, Christopher ha parlato della sorpresa che si aspettava di suscitare con la sua affermazione, dovuta al fatto che, per la maggior parte dei lettori e degli spettatori, l’Unico Anello può essere immaginato solo come un oggetto magico. L’idea di un’associazione tra magia e macchina (la sfera della meccanica) potrebbe suscitare perplessità. Tuttavia, è necessario comprendere l’intero contesto dell’affermazione di Christopher Tolkien. A tal fine, riporto i suoi commenti sul vero significato dell’Unico Anello:
Il mondo moderno significava per mio padre, essenzialmente, la macchina. E, ancora una volta, questa era una parola dotata di un significato che lui cercava di allargare. Egli stesso, più di una volta, disse espressamente che uno dei temi di fondo ne Il Signore degli Anelli è quello della macchina. Dovremmo pensare a qualcosa di più di quanto la parola macchina ci suggerisce immediatamente. Non solo treni, automobili, aeroplani. Mio padre la usò in modo molto compendioso per indicare – si potrebbe quasi dire – una soluzione alternativa allo sviluppo dei poteri e dei talenti innati e intrinseci degli esseri umani. La macchina per lui significava la soluzione sbagliata. Significava coercizione, dominio. Per lui il grande nemico era la coercizione di altre menti e altre volontà, e questa è la tirannia. Vedeva come coercizione anche l’attività caratteristica del mondo moderno, la modifica tirannica della Terra, la nostra casa. Questo è il vero motivo per cui odiava le macchine. Odiava il motore a combustione interna per ottime ragioni pratiche: intendo dire il rumore, la congestione, la distruzione delle città… e penso che molti oggi sarebbero d’accordo con lui.
La macchina suprema, in termini mitologici, è l’anello, è l’Unico Anello. Può sembrare straordinario, perché molti si sentirebbero di dire: “Sono sicuro che l’anello sia la cosa più magica di tutte”. Al che lui risponderebbe che la magia è molto vicina alla macchina. Anche la magia è coercizione, coercizione del mondo, tentativo di trasformare il mondo mediante un apparato. In effetti, se pensiamo agli elfi, il loro fine ultimo è l’arte, non il potere. Invece gli uomini hanno optato per la soluzione del potere rappresentata dalla macchina. L’anello è la macchina per eccellenza perché è stato creato per la coercizione, è stato creato da Sauron per sopraffare, ed è per questo che l’unica soluzione al problema dell’anello è la sua distruzione.
Nel corso degli anni ho cercato di individuare le possibili fonti della concezione della magia in Tolkien, ma senza trovare nulla di significativo. Alcuni passaggi delle sue lettere indicano che era consapevole della distinzione, risalente alla tarda antichità, tra “mageia” (Μαγεία in greco) e “goeteia” (Γοητεία in greco), di cui parla in una lettera del 1954 a Naomi Mitchison. A parte questo, l’autore de Il Signore degli Anelli non sembra conoscere le opere di nessuno dei teorici classici della magia, da Ermete Trismegisto a Martin Anton Delrio, S.J. (1551-1608) a Giovanni Battista Della Porta (1535-1615). Non cita nemmeno autori a lui contemporanei come l’erudita Lynn Thorndike (1882-1965) o la famosa Dame Frances Amelia Yates (1899-1981). Tuttavia, l’assenza di riferimenti accademici o di altre fonti che avrebbero potuto contribuire allo sviluppo della sua concezione della magia serve solo a dimostrare quanto profonde possano essere le “rivelazioni” (cioè le “ispirazioni”) di un autentico scrittore e poeta. La connessione tra macchine/meccanica e magia è una delle intuizioni più notevoli che io abbia mai incontrato in un’opera letteraria.
Le parole di Christopher Tolkien sono pienamente supportate da alcuni passaggi della corrispondenza del padre, come questo brano di una lettera a Milton Waldman, probabilmente scritta nel 1951:
Il subcreatore vuole essere il Signore e il Dio della sua creazione privata. Si ribellerà alle leggi del Creatore, soprattutto alla mortalità. Entrambi (da soli o insieme) porteranno al desiderio del potere, di rendere la volontà efficace il più rapidamente possibile, e quindi alla Macchina (o Magia). Con quest’ultima intendo l’uso di piani o dispositivi esterni (apparati) al posto dello sviluppo dei poteri o dei talenti interiori intrinseci, o anche l’uso di questi talenti in base al motivo corrotto di dominare: spianare il mondo reale o coartare altre volontà. La Macchina è la caratteristica moderna più evidente, anche se è più strettamente legata alla Magia di quanto di solito si riconosca.
Ancora una volta, incontriamo l’intuizione della somiglianza tra meccanica/macchinari e magia. Si tratta di un’intuizione precisa, che indica il desiderio di potere sottostante sia alla macchina sia alla magia.
È significativo che la comprensione di Tolkien del rapporto tra “magia” e “macchina” sia oggi generalmente ignorata. Va ricordato che tutte le “arti” meccaniche che hanno portato alla creazione di motori e macchine appartengono al regno di quella che il Medioevo e il Rinascimento chiamavano “magia naturale”. Per nascondere i loro interessi – che a volte si estendevano persino alla divinazione o alla magia demoniaca, superando i confini leciti accettati dai teologi cristiani e dai leader laici – alcuni pensatori crearono nuovi linguaggi destinati a nascondere le fonti magiche e alchemiche della loro “scienza”. Le loro identità possono essere una sorpresa: René Descartes (1596-1650), interessato a raggiungere l’immortalità; Robert Boyle (1627-1691), interessato a comunicare con il mondo angelico; Isaac Newton (1642-1727), interessato a trasmutare i metalli comuni in oro. E l’elenco potrebbe continuare.
Alla base di queste ricerche “occultistiche” c’è sempre una sete di potere e di risultato immediato, descritta da Tolkien come la ricerca di “velocità, riduzione del lavoro e riduzione al minimo (o punto di fuga) del divario tra l’idea o il desiderio e il risultato o l’effetto”. È proprio questa sete di potere, sotto forma di desiderio sfrenato di dominare la natura, che permea tutte le scienze del mondo moderno, cosa che Tolkien vedeva con grande preoccupazione.
Una simile visione del mondo non è esclusiva dell’immaginazione di uno scrittore di letteratura fantastica. Numerosi studiosi di alto livello, storici della scienza e delle idee, hanno evidenziato nei loro studi la stretta relazione tra magia e meccanica. Uno di questi studiosi è stato lo storico americano Lynn Thorndike, che in un’imponente monografia in otto volumi, History of Magic and Experimental Science, pubblicata tra il 1923 e il 1958, rivela sistematicamente le connessioni storiche tra la magia e le moderne scienze meccaniche e sperimentali. Seguendo le orme di Thorndike, il contributo più significativo in questa direzione viene dalla storica del Rinascimento Frances Amelia Yates. Le sue monografie, Giordano Bruno and the Hermetic Tradition (1964) e The Occult Philosophy in the Elizabethan Age (1979), hanno evidenziato gli elementi di continuità tra la magia e le scienze del mondo moderno.
Negli ultimi decenni, studiosi come Paolo Rossi, George MacDonald Ross e Alan Macfarlane hanno continuato a esplorare le influenze della magia e dell’occultismo sullo sviluppo delle scienze moderne. Tutti hanno dimostrato che i pionieri delle scienze odierne sono stati, in realtà, gli ultimi maghi del paradigma ermetico e occultista del Rinascimento. Ad esempio, nel caso dell’affermazione del paradigma meccanicistico sviluppato in particolare da René Descartes (1596-1650), il passaggio dalla magia alla scienza si è svolto sotto l’influenza di un desiderio sfrenato di potere sulla natura e sulla società. Uno studioso che ha ampiamente discusso questo aspetto nelle sue opere è John Henry.
In una monografia intitolata Knowledge is Power: How Magic, the Government, and an Apocalyptic Vision Inspired Francis Bacon to Create Modern Science (2002), Henry sottolinea che Bacone (1561-1626) non era affatto il “filosofo della scienza industriale”, come comunemente viene presentato negli odierni manuali e libri di divulgazione scientifica: era un autentico mago. Approfondendo l’argomento, Henry fa un’affermazione che interessa il concetto di Unico Anello inteso come macchina/meccanismo:
Per tutto il Medioevo la progettazione e l’uso di macchinari furono considerati parte del mondo del mago. Il ragionamento era questo: poiché le macchine funzionavano con mezzi nascosti e non evidenti, erano oggetti occulti. Le macchine sono sempre state associate alla magia.
Questa straordinaria citazione offre l’opportunità di stabilire un collegamento tra la storia del rapporto tra magia e scienza e l’affermazione di Christopher Tolkien secondo cui l’anello di Sauron ne Il Signore degli Anelli è la macchina suprema.
Con idee letterarie plasmate dai miti e dalle leggende delle antiche culture nordiche, così come da quelle del mondo celtico e anglosassone, Tolkien, grazie al suo amore per i valori della gloriosa epoca medievale, sviluppò una mentalità simile a quella dei pensatori medievali. Questa forma mentis gli permise di percepire le sottili relazioni tra magia e scienza. Tutti i resoconti circa la sua visione, così come alcuni estratti delle sue lettere, ci mostrano che lo scrittore di Oxford considerò sempre le macchine e i meccanismi con incrollabile sospetto e profonda preoccupazione.
Molto probabilmente, la ragione più significativa di questa preoccupazione fu il coinvolgimento diretto dell’autore nella Prima guerra mondiale, il primo conflitto in cui le figlie della scienza – le macchine – diedero un contributo decisivo alla morte di milioni di persone. Successivamente, lo scoppio della Seconda guerra mondiale e l’uso di armi di distruzione di massa aumentarono lo scetticismo di Tolkien nei confronti delle “grandi conquiste della scienza”.
L’universo immaginario presentato ai suoi lettori contiene una risposta completa alle sfide schiaccianti che l’uomo moderno deve affrontare. La semplicità rurale della vita degli hobbit o la passione per le belle arti dei nobili elfi rappresentano altrettanti aspetti della visione dell’autore su come sfuggire alla morsa di un mondo dominato da motori e macchine.
Oggi, con l’onnipresenza della digitalizzazione creata da computer, telefoni cellulari e altri dispositivi elettronici “intelligenti” – che hanno dato origine a nuove forme di cyberdipendenza – dovremmo prendere in seria considerazione il monito simbolico che identifica l’anello tentatore con la macchina. E a questo punto non resta che rispondere alla domanda su cosa possa significare neutralizzare l’Unico Anello, la macchina suprema.
Fonte: europeanconservative.com