di Paolo Gulisano
Quando l’Inghilterra, con Enrico VIII, divenne protestante, si scatenò una feroce persecuzione contro la Chiesa cattolica. L’antica fede non poteva continuare a esistere, dopo che era stata introdotta la nuova Chiesa di Stato. Celebrare la messa era proibito severamente, e i sacerdoti clandestini sorpresi a celebrare i sacramenti (spesso a seguito di accurate indagini, che si avvalevano anche di spie e delatori), venivano crudelmente torturati e poi giustiziati.
Molti furono i martiri, ma molti anche i lapsi e gli apostati. I cattolici che resistettero con grande coraggio e mantennero l’antica fede presero il nome di recusants: ricusanti. Ricusavano la falsa autorità che si era stabilita, le nuove gerarchie anglicane e soprattutto la nuova liturgia che era stata imposta. Quella dei recusants fu una tragica, gloriosa epopea. Il bene supremo della messa venne difeso con tutte le forze. Per riuscire ad averla ancora, dal momento che le chiese erano state distrutte o sequestrate dalla nuova Chiesa, nelle abitazioni private furono realizzate cappelle spesso nascoste o camuffate. Così, nelle catacombe, la santa Chiesa cattolica poté sopravvivere.
Ho ripensato alla commovente storia dei recusants dopo aver letto [qui] un interessante articolo in cui lo studioso americano John Horvat descrive un fenomeno in atto negli Stati Uniti: la richiesta di cappelle domestiche all’interno delle case in fabbricazione. Proprio così. Sempre più architetti e progettisti si vedono presentare la richiesta che nella casa in costruzione sia previsto uno spazio per la preghiera, un oratorio o una cappella vera e propria. Una tendenza che è una sorprendente espressione di desideri spirituali a lungo trascurati.
“Se si parla di cappelle domestiche si pensa ai castelli feudali medievali – scrive Horvat – non certo ai moderni quartieri urbani. In tempi più cattolici, le grandi famiglie avevano spesso nelle loro dimore cappelle per prendersi cura del benessere spirituale dei loro membri e della servitù. Oggi le cappelle hanno uno scopo più personale rispetto al passato. Possono essere compresse dentro la casa o in una dependance. Non pretendono di sostituire la chiesa o di fornire servizi al di fuori della famiglia”.
“Questi spazi privati riservati a Dio possono essere ricavati anche in abitazioni già esistenti. Io stesso ne ho visto qualche esempio. Per essere considerate cappelle, questi locali devono avere arredi adeguati, come altari antichi, inginocchiatoi, banchi, acquasantiere e statue decorate. Non è difficilissimo trovarli. Ironia della sorte, molti arredi delle nuove cappelle provengono da chiese sventrate negli anni Sessanta e Settanta per far posto a sterili progetti che riflettevano la nuova visione teologica altrettanto scarna. Ora tutto ciò che gli innovatori hanno buttato via può essere recuperato da chi desidera opportunamente restaurare l’antica fede”.
Costruendo una cappella, sottolinea Horvat, il proprietario invita Dio in casa. Stabilisce il primato di Dio facendo della cappella la stanza più bella e importante della sua abitazione. “Chi vuole una cappella domestica rappresenta un paradosso: davanti al vuoto del mondo postmoderno che promette tutto, desidera riempirlo con l’unica cosa che può soddisfare l’anima”.
La nascita di cappelle domestiche va vista anche come segno di salvaguardia del rito antico in risposta alle attuali e future ulteriori restrizioni della celebrazione vetus ordo.
Così come di fronte all’emergenza educativa è nata la risposta della scuola parentale, e di fronte allo stravolgimento della visione della medicina intesa come prendersi cura e alla crisi del sistema sanitario la risposta è un’assistenza medica a sua volta parentale, ecco che di fronte alla crisi della Chiesa arriva la risposta di una “Chiesa parentale”, fatta di piccole comunità, con luoghi di preghiera e di culto alternativi a quelli delle strutture ufficiali.
Sì, le cappelle private dei nuovi recusants potranno, e già possono, rappresentare vere e proprie oasi della vera fede.