di Liliana De Angelis
Caro Valli,
quanto è bello leggere nel blog [qui] della scoperta edificante della Santa Messa di sempre!
I sentimenti che provoca in chi vi partecipa per la prima volta, sebbene riguardino aspetti personali, sono riscontrabili da tutti e ruotano attorno a due sensazioni fondamentali: il fascino per la sua straordinaria magnificenza e il profondo rammarico per la disastrosa rivoluzione liturgica del 1969 e tutto ciò che ne è derivato.
Il raffronto tra le due diversissime liturgie non può che portare a un patimento (come descritto efficacemente nella lettera pubblicata da Duc in altum) e più ci si documenta sulle vicende storiche relative alla riforma liturgica postconciliare più tale patimento si acutizza.
Per non parlare dello sconforto che si prova di fronte al triste “botta e risposta” sulla Messa antica nelle lettere apostoliche in forma di motu proprio di papa Benedetto XVI nel 2007 e di papa Francesco del 2021. L’uno che, sulla scia di una fantomatica ermeneutica della continuità, tenta di far passare come due facce della stessa medaglia due riti che sono in realtà in profonda antitesi; l’altro che restringe ancora di più le possibilità di celebrare in rito antico, come se si trattasse di un pericolo. E in effetti, a ben pensarci, un pericolo c’è: è quello che un cattolico che lo scopre poi abbandonerà irrevocabilmente il rito riformato, come capita a molti, me compresa.
Ho scoperto la Messa tradizionale due anni fa e mi ritengo molto fortunata sia perché la mia curiosità di allora mi ha permesso di non perdere la fede e arricchirla enormemente, sia perché, abitando in una città come Roma, ho la possibilità di andare comodamente alla Messa di sempre nella bella chiesa della Santissima Trinità dei Pellegrini, dove opera la Fraternità sacerdotale San Pietro.
Concludo affermando che la bellezza della santa Messa in rito romano è indescrivibile e lo è ancor più nella sua forma solenne. Una Messa cantata meravigliosa, in cui il sacerdote celebrante è affiancato dal diacono, che canta il Vangelo a sinistra e dal suddiacono, che canta l’Epistola a destra, e da altri ministranti; in cui vengono eseguiti sublimi canti gregoriani in coro; in cui si esegue il rito dell’aspersione con l’acqua benedetta; in cui, insomma, tutto è profondamente simbolico, dignitoso e permeato da un profondo spirito di adorazione.
Mi sia concessa una battuta impertinente (da intendersi in senso letterale): provare per credere!