Dal Vaticano II alla chiesa sinodale. Così la “fedeltà creativa alla tradizione” ha messo l’uomo al posto di Dio

Sapete, Venerabili Fratelli, che questi fierissimi nemici del nome cristiano, miseramente tratti da un cieco impeto di folle empietà, sono giunti a tale temerità di opinioni che “aprendo la bocca a bestemmiare Iddio” (Ap 13,6) con inaudita audacia, non si vergognano d’insegnare apertamente che i sacrosanti misteri della nostra Religione sono invenzioni umane; accusano la dottrina della Chiesa cattolica di contraddire al bene ed ai vantaggi della società umana; né temono di rinnegare la divinità di Cristo medesimo.

Pio IX, Qui pluribus.

*

di Robert Morrison

Nel suo saluto del 10 maggio 2024 ai membri della Rete internazionale delle società di teologia cattolica [qui] Francesco ha messo in evidenza tre linee guida:

Pertanto, cari amici, mi sembra di poter indicare queste tre direttrici di sviluppo per la teologia: la fedeltà creativa alla tradizione, la transdisciplinarietà e la collegialità (cfr Discorso alla Commissione teologica internazionale, 4 novembre 2022). Sono gli “ingredienti” essenziali della vocazione del teologo cattolico nel cuore della Chiesa.

Che cosa intende Francesco per “fedeltà creativa alla tradizione”? Nella successiva descrizione di ciascuna delle tre linee guida, il papa sostituisce l’espressione “fedeltà creativa alla tradizione” con il concetto secondo cui “la tradizione è viva”:

Sappiamo bene che la Tradizione è vivente. Allora deve crescere, incarnando il Vangelo in ogni angolo della terra e in tutte le culture.

Molti cattolici tradizionali hanno già sentito questo concetto – solitamente espresso con le parole “tradizione vivente” – e conoscono le sue origini teologiche pre-Vaticano II . Equiparando il concetto di “tradizione viva” con quello di “fedeltà creativa alla tradizione”, però, Francesco ha effettivamente ammesso ciò che i sostenitori della rivoluzione del Vaticano II hanno negato dopo il Concilio: ha cioè reso evidente che quando gli innovatori usano il termine “tradizione viva” intendono che in realtà si stanno allontanando dalla tradizione mentre cercano “creativamente” di mantenere l’apparenza di aderirvi.

In questa luce possiamo meglio interpretare l’uso più controverso del concetto di “tradizione vivente”, che Giovanni Paolo II ha incluso nella sua lettera apostolica del 1988, Ecclesia Dei, relativa alla “scomunica” dell’arcivescovo Marcel Lefebvre per la sua consacrazione di quattro vescovi senza l’approvazione di Roma:

La radice di questo atto scismatico è individuabile in una incompleta e contraddittoria nozione di Traditione. Incompleta, perché non tiene sufficientemente conto del carattere vivo della Tradizione, «che – come ha insegnato chiaramente il Concilio Vaticano II – trae origine dagli Apostoli, progredisce nella Chiesa sotto l’assistenza dello Spirito Santo: infatti la comprensione, tanto delle cose quanto delle parole trasmesse, cresce sia con la riflessione e lo studio dei credenti, i quali le meditano in cuor loro, sia con la profonda intelligenza che essi provano delle cose spirituali, sia con la predicazione di coloro i quali con la successione episcopale hanno ricevuto un carisma certo di verità.

Dal punto di vista di monsignor Lefebvre, Giovanni Paolo II utilizzava il “carattere vivo della tradizione” nello stesso modo in cui Francesco parla di “fedeltà creativa alla tradizione”. Se Giovanni Paolo II avesse usato quest’ultima frase, però, avrebbe perso ogni credibilità presso molti che alla fine erano d’accordo con lui.

In modo un po’ ironico, l’Ecclesia Dei di Giovanni Paolo II fornisce un esempio concreto di come gli innovatori effettivamente mettono in atto la loro “fedeltà creativa alla tradizione”:

Vorrei, inoltre, richiamare l’attenzione dei teologi e degli altri esperti nelle scienze ecclesiastiche, affinché anch’essi si sentano interpellati dalle presenti circostanze. Infatti, l’ampiezza e la profondità degli insegnamenti del Concilio Vaticano II richiedono un rinnovato impegno di approfondimento, nel quale si metta in luce la continuità del Concilio con la Tradizione, specialmente nei punti di dottrina che, forse per la loro novità, non sono stati ancora ben compresi da alcuni settori della Chiesa.

Possiamo riassumere i punti di questo paragrafo come segue:

  • Il Vaticano II ha insegnato cose che non sono immediatamente conciliabili con la tradizione cattolica.
  • Pertanto, Giovanni Paolo II invita teologi ed esperti a un “rinnovato impegno di approfondimento” per evidenziare come gli insegnamenti del Concilio siano in continuità con la tradizione cattolica.
  • Giovanni Paolo II dice che ciò è necessario perché alcune dottrine del Concilio erano “nuove” e quindi non ancora “ben comprese da alcuni settori della Chiesa”.
  • Giovanni Paolo II – che fu lui stesso un influente esperto del Concilio – lancia questo appello per uno “studio più approfondito” oltre vent’anni dopo la conclusione del Concilio.

In altre parole, Giovanni Paolo II invita teologi ed esperti a impegnarsi in una “fedeltà creativa alla tradizione” per aiutare coloro che simpatizzano con monsignor Lefebvre a capire perché non dovrebbero opporsi al “nuovo” insegnamento del Concilio. Ma non è questo che avrebbero dovuto fare i teologi e gli esperti durante il Concilio, prima di imporre alla Chiesa il nuovo insegnamento?

Per capire il grave scandalo costituito da questo concetto di “fedeltà creativa alla tradizione”, basta considerare le parole della costituzione dogmatica Pastor aeternus del Concilio Vaticano I:

Lo Spirito Santo infatti, non è stato promesso ai successori di Pietro per rivelare, con la sua ispirazione, una nuova dottrina, ma per custodire con scrupolo e per far conoscere con fedeltà, con la sua assistenza, la rivelazione trasmessa dagli Apostoli, cioè il deposito della fede.

Giovanni Paolo II ha ammesso che il Concilio ha insegnato una “nuova dottrina” priva di qualsiasi continuità evidente con la tradizione cattolica (altrimenti non ci sarebbe bisogno che i teologi cerchino quella continuità, oltre vent’anni dopo il Concilio). Secondo il Vaticano I, e secondo tutta la tradizione cattolica, lo Spirito Santo non guida la Chiesa in questa attività, e in effetti è blasfemo affermare che lo Spirito Santo abbia guidato il Concilio nello sviluppo e nella promulgazione di nuove dottrine.

Dato che lo Spirito Santo non guida la Chiesa nel promulgare nuove dottrine prive di legittima continuità con la tradizione cattolica, non dovrebbe sorprendere che il nuovo orientamento derivante dal Vaticano II non abbia prodotto gli effetti promessi dagli innovatori. Tuttavia, il problema è ben peggiore del semplice fallimento nel raggiungimento degli effetti desiderati: il processo di sviluppo di un nuovo insegnamento avviato dal Vaticano II ha trasformato la religione che ne è scaturita in una religione creata dall’uomo piuttosto che da Dio. E lungo questo processo la nuova religione del Vaticano II ha perso tutta la potenza della religione cattolica.

Ovviamente ci sono ragioni soprannaturali per cui la religione creata dall’uomo nel Vaticano II ha perso il potere santificante appartenente alla santa religione cattolica, ma possiamo facilmente identificare anche ragioni puramente naturali per cui essa è diventata impotente. Come sappiamo dalle parole conclusive dell’Atto di fede, noi crediamo alle verità della fede cattolica perché Dio le ha rivelate:

I believe these and all the truths which the Holy Catholic Church teaches, because Thou hast revealed them, who canst neither deceive nor be deceived.

Credo a queste e a tutte le verità che la santa Chiesa cattolica insegna, perché Tu le hai rivelate, Tu che non puoi ingannare né essere ingannato.

I cattolici credono alle verità cattoliche perché Dio le ha rivelate. Ma questo, lo sappiamo, non si può dire della religione del Vaticano II perché le sue “verità” contraddicono in numerosi modi ciò che la Chiesa ha sempre insegnato, il che renderebbe Dio un ingannatore. Pertanto, il motivo principale per credere nella fede cattolica è assente nella religione del Vaticano II, perché proviene dall’uomo piuttosto che da Dio.

Inoltre, Paolo VI e i suoi successori hanno permesso che la maggioranza dei cattolici che seguono la religione del Vaticano II rifiutassero impunemente i suoi insegnamenti ancora fedeli alla religione cattolica e da cui la religione del Vaticano II si è allontanata. Ad esempio, siamo con Paolo VI per il suo sostenuto all’insegnamento della Chiesa sulla contraccezione; ma la realtà è che il papa fece ben poco per incoraggiare effettivamente i cattolici a seguire quell’insegnamento. Pertanto il risultato della promulgazione dell’Humanae Vitae da parte di Paolo VI fu quello di dimostrare in modo conclusivo che a Roma non importava davvero se qualcuno seguiva quella religione.

Il Sinodo sulla sinodalità porta tutto ciò alla sua conclusione logicamente assurda e perversa, tanto che potremmo formulare l rispettive motivazioni come segue:

Chiesa cattolica: “Credo queste e tutte le verità che insegna la santa Chiesa cattolica perché le hai rivelate Tu, che non puoi né ingannare né essere ingannato”.

Chiesa sinodale: “Scelgo tra le idee che insegna la Chiesa sinodale perché sono fabbricate da cattolici eterodossi che hanno rifiutato ciò che la Chiesa cattolica ha sempre insegnato”.

La differenza non è da poco. E i risultati sono evidenti: nessuna persona ragionevole può veramente credere alla religione sinodale, che è semplicemente una forma avanzata della religione del Vaticano II. La religione sinodale viene dall’inferno e conduce all’inferno, ma dovremmo esserle grati per averci mostrato la malvagia follia della “fedeltà creativa alla tradizione”, che è semplicemente un modo un po’ più onesto di descrivere l’idea di “tradizione vivente” pensata dai novatori.

Sembra che Dio permetta tutto questo affinché più anime comprendano che l’umile fedeltà alla tradizione è il percorso che Egli vuole che seguiamo. Michael Matt ha recentemente fornito un esempio di questa umile fedeltà nell’omaggio a suo padre, Walter Matt:

Mio padre si definiva un editore “pala e piccone”. Non ha reinventato la ruota. Si è semplicemente incatenato alla fede cattolica tradizionale e non si è mai lasciato andare. Era un giornalista e in tutto ciò che scriveva dimostrava di essere un cattolico che viveva nel mondo ma non era del mondo. Non gli importava che cosa il mondo pensasse di lui; gli importava solo ciò che voleva Dio. Era un uomo che diceva pane al pane.

Walter Matt fondò The Remnant ma non si considerava il fondatore di alcun nuovo movimento religioso: non “inventò la ruota”. Mentre quasi tutto il mondo cattolico abbandonava la fede o ne rincorreva una versione adulterata, egli “si incatenò alla fede cattolica tradizionale e non si lasciò mai andare”. Lo fece perché la tradizione cattolica è stata tramandata fedelmente nei secoli da Cristo e dai suoi Apostoli.

I cattolici semplici che aderiscono umilmente a ciò che la Chiesa ha sempre insegnato sono stati perseguitati da Roma sin dal Vaticano II, eppure le loro comunità sono cresciute costantemente sotto tutti gli aspetti: fedeli che frequentano la Messa su base settimanale; numero di chiese; vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa; matrimoni e battesimi. Per coloro che prestano attenzione a come Gesù Cristo ci ha raccomandato di giudicare, ovvero in base ai frutti (Matteo 7:16-20), questo ci dice tutto ciò che dobbiamo sapere. Non è vero che oggi la fede cattolica è impotente o irrilevante, tutt’altro. È la ridicola e blasfema religione del Vaticano II che è impotente e irrilevante, adatta a nulla se non a essere abbattuta e gettata nel fuoco (Matteo 7:19).

Cuore Immacolato di Maria, prega per noi!

Fonte: remnanatnewspaper.com

 

 

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