La Chiesa e l’omosessualità: storia di una capitolazione
di Luigi Casalini
È stato per paura o per complicità ideologica – o per entrambe le cose – che il cardinale V. M. Fernández, con l’appoggio di papa Francesco, ha pubblicato Fiducia supplicans? È impossibile non porsi questa domanda dopo aver letto il breve saggio di José Antonio Ureta Julio Loredo La diga rotta. La resa di Fiducia supplicans alla lobby omosessuale. Gli autori non sollevano questa spinosa questione. Si limitano a fornire un resoconto documentato del braccio di ferro tra il Vaticano e la lobby omosessuale, da quando quest’ultima, negli anni Settanta, ha cercato di costringere la Chiesa a cambiare la sua dottrina sull’attrazione per lo stesso sesso (qualificata come “oggettivamente disordinata”) e sulle relazioni omosessuali (ritenute “intrinsecamente disordinate” e persino “depravate”). Di conseguenza, la Chiesa dovrebbe fare una “rilettura” aggiornata della Bibbia alla luce di Freud, il grande profeta della sessuologia contemporanea.
Ureta e Loredo sostengono che i cattolici devono rimanere fermi in un inflessibile non possumus, perché “dobbiamo obbedire a Dio piuttosto che agli uomini” (Atti 5:29). A loro avviso, se questa resistenza alle autorità ecclesiastiche porterà a una spaccatura nella Chiesa, “non sarà colpa di chi vuole mantenere intatto il deposito della fede, ma piuttosto di chi cerca di reinterpretarlo sulla base dei cosiddetti sviluppi della scienza moderna e dell’evoluzione antropologica dell’umanità”.
Paura o complicità? O entrambe? Sta a voi dirlo, una volta che lo avrete letto. Quel che è certo è che il nuovo libro di Ureta e Loredo, già tradotto in sette lingue e destinato a essere distribuito in tutti e cinque i continenti, scatenerà una polemica altrettanto accesa del loro precedente lavoro Il processo sinodale. Un vaso di Pandora.
La quinta colonna teologica che ha aperto le prime crepe non è passata in sordina nel volumetto. Il gesuita McNeill, i sacerdoti Charles Curran e André Guindon OMI, sostennero apertamente che è Dio il diretto responsabile dell’attrazione omosessuale e dell’amore che ne deriva. La Chiesa non poteva quindi che benedire l’unione stabile di partner omosessuali, specchio della premura di Dio verso l’umanità. Un cappuccino olandese meno noto, Herman van de Spijker, si spinse oltre, attribuendo ai fugaci incontri notturni nel parco il merito di aver messo a tacere le tensioni personali e di aver contribuito notevolmente alla maturazione degli omosessuali praticanti.
Ma l’ignominia definitiva va a padre Guindon, che riesce nella prodigiosa impresa di giustificare i rapporti pedofili, che sarebbero traumatici per il bambino solo a causa della reazione isterica di genitori ossessionati dal pregiudizio e dal loro atteggiamento possessivo! Una connivenza con la pedofilia rilanciata poi da un annuncio su Kerk en Leben, il settimanale dei vescovi fiamminghi, con la complicità del cardinale Daneels – grande elettore di papa Francesco e membro della mafia di San Gallo – che ha girato la testa dall’altra parte. Non sorprende che abbia fatto lo stesso quando il suo buon amico, il vescovo Roger Vangheluwe, è stato accusato di aver abusato sessualmente di un nipote per tredici anni, da quando il bambino ne aveva solo cinque.
Tutti questi scritti nauseabondi vengono rapidamente passati in rassegna, insieme alle attività pseudo-pastorali di personaggi come padre Robert Nugent e suor Jeannine Gramick, che arrivano a dire che solo gli omosessuali che aderiscono all’insegnamento tradizionale sono tenuti a confessare i loro peccati contro il sesto comandamento. Per il loro gregge, nei gruppi Dignity e New Ways Ministry che hanno abbracciato la identità LGBT, è sufficiente confessare le violazioni volontarie dell’impegno fondamentale di vivere una vita di amore disinteressato…
Un lungo capitolo del libro racconta la controffensiva della Congregazione per la dottrina della fede, quando era guidata dal cardinale Joseph Ratzinger, contro tutte queste aberrazioni dottrinali che si facevano beffe dei chiarissimi testi della Scrittura e del costante insegnamento del Magistero. Particolare attenzione viene data alla lettera Homosexualitas problema sulla cura pastorale delle persone omosessuali, pubblicata nel 1986, che chiedeva ai vescovi di tutto il mondo “di essere particolarmente vigili nei confronti di programmi che tenderebbero, anche fingendo a parole di non farlo, a esercitare pressioni sulla Chiesa affinché cambi la sua dottrina”. Il volume ricorda le successive condanne degli autori eterodossi e il divieto imposto a padre Nugent e a suor Gramick di continuare la loro attività all’interno dei gruppi di cui erano cappellani, in considerazione del fatto che si erano rifiutati di firmare una dichiarazione che confermava la loro adesione interiore all’insegnamento della Chiesa sull’omosessualità.
Loredo e Ureta si propongono anche di sviscerare il binomio “sfida-ricatto” utilizzato dalla lobby omosessuale per forzare la mano ai vescovi, sia rivelando il loro orientamento sessuale, sia costringendoli a prendere pubblicamente le distanze dalle posizioni della Santa Sede, pena forzarli alla “uscita allo scoperto”. Il caso più emblematico è quello del cardinale Basil Hume, allora arcivescovo di Westminster, che si affrettò a scrivere una lettera in cui affermava che l’amicizia omosessuale poteva essere “un modo di amare” e che non bisognava generalizzare nell’attribuire una colpa soggettiva agli atti genitali omosessuali. L’attivista di OutRage Peter Tatchell ha potuto vantarsi sul New York Times: “Abbiamo stabilito l’agenda”.
Se tutto questo ha prodotto crepe nella diga cattolica che ancora resisteva alle onde della rivoluzione sessuale e omosessuale, è stato papa Francesco ad aprire una breccia, dal suo famoso “Chi sono io per giudicare” fino all’appello di Lisbona a includere “todos, todos, todos” senza tener conto della loro condizione di pubblici peccatori. Rob Mutsaerts, il coraggioso vescovo ausiliare di S’Hertogenbosch, nella sua prefazione al libro, afferma senza giri di parole che, ovviamente, tutti sono i benvenuti… purché soddisfino i requisiti di Dio. All’inferno, dice, è diverso. “Lo slogan del diavolo è: vieni come sei, non devi cambiare, non devi chiedere perdono, non devi alzare un dito per soddisfare i bisogni degli altri: todos, todos, todos sono i benvenuti all’inferno”.
La breccia aperta da papa Francesco è stata rapidamente attraversata dai vescovi tedeschi e belgi, che hanno promosso cerimonie liturgiche per benedire le unioni omosessuali, e ancora dal cardinale Schönborn, che vuole niente di meno che concedere a tutte le coppie “irregolari”, comprese quelle di partner dello stesso sesso, lo status teologico che il Vaticano II ha concesso ai “fratelli separati”. Secondo l’arcivescovo di Vienna, che ha approfittato della festa dell’Assunzione per benedire una coppia amica alla fine del pranzo, le unioni civili includono aspetti positivi di impegno reciproco, più solidi di quelli di una semplice convivenza e che le avvicinano al matrimonio sacramentale. Il teologo svizzero Daniel Bogner si spinge oltre. Ritiene che “sia necessario ripensare il sacramento del matrimonio e liberarlo dal suo guscio di perfezione”, liberandolo anche da “una logica a due livelli che distingue tra un sacramento a pieno titolo e un’offerta di benedizione a buon mercato per forme d’amore inferiori”.
Se la cosiddetta “benedizione pastorale” di Tucho Fernández ha suscitato tanto scalpore in Africa e altrove, non è facile immaginare quale convulsione scuoterà la Chiesa cattolica se si dovesse approvare, come hanno già fatto molte denominazioni protestanti, uno pseudo matrimonio omosessuale. Oppure se ci sarà una modifica del Catechismo della Chiesa cattolica per dire che l’orientamento omosessuale non è disordinato, ma “diversamente ordinato”, come auspica padre James Martin S.J.
Infatti, la dottrina che rifiuta l’omosessualità fa parte del magistero ordinario universale della Chiesa e, come tale, è irriformabile. Di conseguenza, l’idea che cercano di imporre, ovvero che le relazioni omosessuali possano avere qualcosa di degno di essere santificato almeno con una benedizione, come credono Hollerich, Schönborn, Fernández & Co con l’appoggio di papa Francesco, è assolutamente inaccettabile.
Alcuni troveranno che quest’opera non è abbastanza approfondita, perché si limita a raccontare le offensive della lobby LGBT e dei suoi complici negli ambienti cattolici e le risposte, prima più forti e poi più deboli o addirittura conniventi, del Vaticano e dei vari episcopati, senza fornire un’analisi dettagliata di ogni argomento o episodio. Altri troveranno, al contrario, che non è scritto con una penna agile, come se fosse un romanzo, per l’evidente preoccupazione degli autori di rimanere obiettivi e ben documentati.
In ogni caso, ai lettori più anziani la lettura del libro ricorderà alcuni episodi che li hanno fatti infuriare all’epoca, ma che poi sono svaniti dalla memoria, come la scandalosa dichiarazione di Mario Mieli, fondatore del Fuori (il Fronte unitario omosessuale rivoluzionario italiano), sul contributo dato all’emancipazione umana da perversioni sessuali come sadismo, masochismo, pederastia, gerontofilia e zoofilia. I lettori più giovani, invece, che non hanno vissuto le turbolenze dell’era post-Sessantotto, troveranno una prospettiva storica che li aiuterà a capire fino a che punto la Fiducia supplicans rappresenti una tremenda capitolazione del Vaticano di fronte alle pressioni del movimento omosessuale sia all’interno sia all’esterno della Chiesa.
Fonte: blog.messainlatino.it