La follia educativa dell’insegnante di Treviso che esonera gli studenti musulmani dallo studio della “Divina commedia”
di Marco Radaelli
Un insegnante (?) di Treviso ha esonerato i propri studenti musulmani dallo studio della Divina commedia perché, a suo dire, passi dell’opera che si riferiscono a Maometto avrebbero potuto urtare la loro sensibilità. Una follia educativa. La stessa follia educativa che sta facendo scomparire dagli atenei di tutto il mondo lo studio dei classici greci e latini, collocando Omero tra i razzisti portatori di “mascolinità tossica” e dunque non in linea con il politicamente corretto. La chiamano cancel culture, ma devo dire che associare la parola cultura a un movimento come questo equivale, letteralmente, a violentarne il significato. Che cultura c’è nel cancellare i pilastri della cultura stessa? Cosa c’è di culturale nella distruzione suicida delle proprie radici?
Rimango sul piano scolastico di quanto accaduto a Treviso. I testi, soprattutto quelli più lontani da noi, vanno letti entrando nel tempo storico in cui sono stati scritti e nel loro contesto culturale e valoriale, prendendo in considerazione la mentalità dell’autore, le sue convinzioni, la sua vita, la sua fede. È profondamente scorretto leggere un testo con le categorie di oggi, giudicandolo secondo la mentalità di oggi. Un insegnante cosciente dovrebbe insegnare ai propri studenti a sviluppare, al contrario, una capacità critica e interpretativa, così da immergersi in mondi anche lontani con la capacità di leggerli correttamente, secondo lo spirito con cui sono stati scritti. La perizia di un docente non si esprime nel nascondere i grandi testi perché oggi potrebbero dare fastidio o essere fraintesi, ma nel dare gli strumenti critici e interpretativi necessari proprio a evitare il fraintendimento e l’incomprensione. Se invece è lui il primo a “leggerli male”, secondo le proprie idee, e quindi a non comprenderli, ecco che può solo dire “questo non si può leggere”. Che ne sarà, allora, di un Platone che nella Repubblica sostiene il principio della comunanza delle donne? E di Socrate, che probabilmente praticava la pederastia tipica del mondo classico? Aristotele riteneva legittima la schiavitù, sostenendo addirittura che gli schiavi avessero uno statuto non propriamente umano. E quindi? Cosa facciamo, buttiamo via le fondamenta della nostra civiltà? Temo che purtroppo ci arriveremo. Ma non è più corretto inserire gli uomini e i testi nella loro mentalità e nella cultura, e così leggerli nella loro verità? Una mentalità che non è più capace di stare davanti a tutto, non sapendolo più interpretare e giudicare correttamente, alla fine è costretta a fare proprio quello che il docente di Treviso ha fatto: selezionare e dire “questo sì, questo no”.
Il docente di Treviso, ostracizzando Dante, non dimostra inclusività verso tutti gli studenti: dimostra solamente piccolezza e ristrettezza mentale, oltre che l’incapacità a leggere correttamente i testi. Ma soprattutto dimostra paura di svolgere fino in fondo il proprio compito educativo, che non è quello di evitare agli studenti la fatica dell’interpretazione critica, lasciandoli sguarniti sia di strumenti sia di conoscenza, ma quello di introdurli nella conoscenza e nella bellezza anche di ciò che magari, a prima vista, sembra lontano, fornendo loro strumenti adeguati per farlo.
La mentalità del docente cancellatore, alla fine, si dimostra molto più ristretta e molto meno inclusiva di quella dello stesso Dante (che si vorrebbe eliminare proprio perché “ristretto” e “poco inclusivo”). Dante, è vero, fa patire a Maometto le pene dell’inferno. Ma nello stesso tempo non ha alcuna paura di inserire Averroè tra gli spiriti magni e nemmeno di tessere le lodi del Saladino sia nella Commedia sia nel Convivio. E allora, chi è più libero? Chi si dimostra più aperto e inclusivo? Dante Alighieri, capace di giudicare tutto senza dover eliminare nessuno, o il docente di Treviso, che in nome dell’inclusione è costretto a escludere?