“Si qui est parvulus”… Ma oggi chi semina nella anime il desiderio di Dio?

di Rita Bettaglio

Misit ancillas suas ut vocarent ad arcem et ad moenia civitatis: si quis est parvulus, veniat ad me (Prov 9,3-4).

Ha mandato le sue ancelle a chiamare presso la rocca e le mura della città: se qualcuno è fanciullo, venga a me.

Così dice il libro dei Proverbi. Il soggetto è la Sapienza che si è costruita una casa nel grembo verginale di Maria Santissima.

Leggiamo questo brano nel Mattutino delle feste della Madonna.

Anche qui nella grotta è primavera, anche se non ancora estate. La natura è uno spettacolo e l’anima si diletta dei canti degli uccellini e immagina quanto più bello sarà quello degli angeli e dei santi nella Gerusalemme celeste.

La primavera è, per me, la stagione in cui l’anima si eleva più facilmente a Dio e ogni cosa parla di Lui. La vita, che sembrava morta, stecchita dal freddo e ottenebrata dalla nebbia, spunta in ogni dove. Anche la gente che non rivolge mai un pensiero a Dio percepisce la rinascita e la promessa di qualcosa di eterno, che non sfiorirà come le stagioni della terra.

In questo giardino, promessa di quello futuro, il fiore più bello, dopo il Figlio dell’uomo, è Sua madre, la Vergine Santa. L’abbiamo onorata e contemplata tutto il mese di maggio e non lasceremo certo le sue braccia in nessun mese dell’anno.

Tra gli aulenti fiori e gli zefiri primaverili, si sa, il pensier si finge e immagina i sospiri dei cuori che lasciano questa bassa terra per librarsi in cielo e giungere all’orecchio dell’Altissimo.

Giorni fa ho realizzato (si fa quel che si può…) che non c’è sospiro o parola smozzicata che non arrivi a Dio attraverso la Madre Sua che tutti li raccoglie, li sistema (come una mamma che pettina velocemente il crine perennemente arruffato del suo bimbo) e a Lui li presenta.

Noi, invece, siamo così rozzi da non accorgerci di niente e il fratello (e anche la nostra stessa anima) deve gridare perché ci decidiamo a prestargli attenzione.

Le anime gridano silenziosamente e, perciò, ci vuole l’orecchio fine per sentirle. La Sapienza manda le sue ancelle a chiamarle, a invitare le piccole fra di loro perché si sazino del Suo pane e del Suo vino.

È la voce del Diletto che parla a ogni anima, consacrata dal Suo sangue sparso generosamente, e dovrebbe essere la voce della Chiesa che traghetta le anime a Cristo.

Oggi pare che la Chiesa abbia rinunciato a questo mandato che il Signore stesso Le ha dato. Euntes docete, aveva detto. Insegnate la via della vita o, meglio, la Via della Vita.

Quando leggiamo le vite dei santi ci rendiamo conto che gli uomini di chiesa un tempo non lasciavano cadere alcun anelito di bene che trovassero nelle anime. Lo Spirito Santo suggeriva loro vie talora assai originali, personalizzate si direbbe oggi, perché ognuno andasse a Dio nella verità e con Lui s’intrattenesse più possibile. C’era la libertà e il coraggio della fede in questi uomini, che sapevano che nulla è mai troppo per condurre le anime a Dio. Praedica verbum, insta opportune, importune, argue, increpa, obsecra in omni patientia et doctrina (Tim 4,2): annunzia la parola, insisti in ogni occasione opportuna e non opportuna, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e dottrina. Così san Paolo, l’apostolo delle genti.

Tempo fa leggevo delle prime esperienze monastiche femminili, nelle domus: donne coraggiose guidate da uomini di tempra. Un esempio? San Girolamo e santa Paola Romana con la figlia Eustochio. La nobildonna e la figlia scelsero la vita monastica e andarono con san Girolamo a Betlemme, dove Paola fece costruire un monastero per il santo e uno per lei e le compagne monache. Si era nel IV secolo e viaggiare da Roma a Betlemme non era certo agevole.

E che dire di sant’Angela Merici? Questa donna d’intensa preghiera, terziaria francescana, di Desenzano sul Garda, tra il ‘400 e il ‘500 partì pellegrina per la Terrasanta. Colpita da una misteriosa cecità durante il pellegrinaggio, vide i luoghi santi solo con gli occhi interiori. Tornata in Italia, fondò la Compagnia di Sant’Orsola, il primo istituto secolare ante litteram, per consentire la vita consacrata a donne che per la maggior parte erano al servizio nelle case dei loro padroni.

E ora? Chi semina nelle anime il desiderio di Dio? Chi ne cura e protegge i teneri germogli fino a portarli alla messe? Eppure, anime desiderose di donarsi a Dio ce ne sono ancora. Ma chi se ne occupa?

Ne conosco diverse. Vivono privatamente consacrazioni che potrebbero fiorire assai di più nel giardino della chiesa. E questo è un peccato e una cosa di cui il Signore chiederà conto.

Si quis est parvulus, veniat ad me. Resta questo invito e questa promessa. A tutto il resto, Deus, non homo, providebit.

 

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