Rinuncia di Benedetto XVI, elezione di Bergoglio, attacco a Pietro. Da “Duc in altum” a cuore aperto
Cari amici di Duc in altum, dopo la mia recensione al mini-saggio di Enrico Maria Radaelli [qui], nel quale si sostiene l’invalidità della rinuncia di Benedetto XVI e di conseguenza l’invalidità dell’elezione di Francesco, alcuni mi hanno chiesto se per caso ho cambiato idea. Finora, infatti, pur tra mille dubbi, ho sostenuto che, per quanto dolorosa e foriera di sciagura per la Chiesa cattolica, la rinuncia di papa Ratzinger fu valida e altrettanto dicasi per l’elezione di papa Bergoglio.
Ma Francesco e i suoi collaboratori hanno fatto e continuano a fare di tutto per accrescere i miei dubbi. E con il documento presentato ieri sul Vescovo di Roma [l’ho commentato a caldo qui], nel quale in sostanza il primato petrino viene radicalmente messo in discussione, la lampadina che nella mia povera coscienza segnala il pericolo si è messa a pulsare a più non posso.
Dire che il documento è problematico è poco. Francamente mi sembra eretico. L’ufficio papale non è più al servizio della verità, ma di un’idea ambigua di unità. E Pietro, la roccia, è ridotto a funzionario sottoposto alle categorie della sinodalità e dell’ecumenismo. Sottesa a tutto il discorso è l’idea di stampo storicista che il dogma possa evolvere (anzi, debba evolvere) per essere ridefinito in base al contesto storico (il dogma come lo yogurt, ha detto un mio amico canonista: dopo un certo tempo scade e va buttato).
Ora, capite bene che nel momento in cui Pietro stesso, la roccia, viene attaccato e messo in discussione nelle sue peculiarità, dentro la coscienza di un povero cattolico che cerca faticosamente di restare tale non solo la lampadina si accende all’impazzata, ma ci possiamo pure aggiungere una sirena che lancia un allarme spaventoso. Siamo sotto attacco totale. Sotto attacco sono le fondamenta. Sotto attacco è Pietro, la roccia. E dall’interno!
Di conseguenza, alla luce della lampadina e al suono della sirena, come non riconsiderare tutto quanto, a partire dalla rinuncia di Benedetto XVI? Ditemelo voi. Solo un cattolico cloroformizzato può starsene tranquillo a osservare.
Sapete che da tempo, almeno da quando (dicembre 2016) scrissi il libro 266 [lo trovate qui] e poi, in modo ancora più aperto, nel febbraio del 2021 scrissi quell’articolo che fece un certo scalpore: Roma senza papa [lo potete leggere o rileggere qui], non nascondo che in cuor mio non riesco a scorgere Pietro nella figura di Bergoglio, perché non mi conferma nella fede. Ma ora da quella percezione di tipo, diciamo così, intimo ed emozionale sto passando sempre di più a una convinzione razionale. Ora che è arrivato a mettere in discussione Pietro, la roccia, Bergoglio si è svelato: non papa, ma anti-papa. Ma come e perché siamo arrivati a tanto?
Ecco che qui entra in gioco Ratzinger con la sua sciagurata rinuncia. Sciagurata e assai probabilmente, come dice Radaelli, non valida, perché Ratzinger ha preteso di dividere Pietro in due, un Pietro con funzione di governo e un Pietro con funzione di preghiera. Ma l’operazione non è possibile, perché Gesù ha voluto che Pietro fosse uno. Dunque, al di là di tutti i sottili distinguo tra munus e ministerium, la rinuncia si presenta invalida in radice, nella sua essenza, ed è un’invalidità che può essere percepita anche da un semplice fedele non ferrato in campo teologico e canonistico. Come a tale aberrazione possa essere arrivato il teologo Ratzinger resta questione aperta. Di fatto, la sua rinuncia, segnata in radice da una pretesa assurda e insostenibile, si configura come non valida, dunque inefficace. Il che invalida e rende inefficace tutto ciò che ne è seguito, a partire dal conclave che ha eletto Bergoglio.
Capisco che qui si apre uno scenario raccapricciante, degno di un horror: dunque, da quel’11 febbraio del 2013, quando Benedetto XVI annunciò la rinuncia, abbiamo vissuto nella menzogna? Siamo davvero senza papa?
Volete una risposta netta? Incomincio a pensare che sia così. Comincio a pensare che il buon Dio stia sottoponendo tutti quanti a questa terribile prova per testarci, per saggiare la nostra fede. Per verificare se siamo svegli o dormienti.
Ecco. La mia riflessione è arrivata fin qui. L’ho riassunta nel modo più semplice e, credo, più onesto possibile.
Come uscirne? Radaelli nel suo saggio fa appello ai cardinali. Vorrei poterlo fare anch’io. Purtroppo, sono stato vaticanista per tanti anni, il che m’impedisce di nutrire qualche speranza in proposito.
Ma il buon Dio fa miracoli. E forse nell’horror che ha disegnato per noi, per il nostro bene, ha in serbo ancora alcune puntate.