Perché Gesù dorme sulla barca, in mezzo al mare in tempesta? Quelle risposte che riguardano proprio noi

di Robert Lazu Kmita

Nulla di ciò che ci viene trasmesso attraverso i libri sacri dell’Antico e del Nuovo Testamento è casuale. Ogni dettaglio, ogni aspetto contiene un messaggio degno di essere decifrato, un significato da cui possiamo imparare qualcosa. A maggior ragione, tutti gli episodi della vita di Gesù Cristo presentati nei Vangeli sono pieni di significati profondi. Uno di questi è l’episodio in cui lo vediamo, nel bel mezzo della tempesta, dormire nella barca circondato dagli apostoli terrorizzati.

Questo è uno dei momenti della vita terrena del Cristo Salvatore che mi hanno sempre profondamente colpito: Dio che dorme. Grazie alla fede, sappiamo che Egli non è solo pienamente e veramente uomo, ma anche Dio. La sua immagine che dorme è inquietante. Qual è il messaggio nascosto? Qual è la lezione che i testi sacri vogliono trasmetterci? Cosa dobbiamo capire?

Alla ricerca delle risposte più appropriate, mi sono addentrato, come sempre, nella lettura delle interpretazioni dei grandi maestri dell’esegesi biblica, i Santi Padri e i Dottori della Chiesa. Le loro letture mi hanno rivelato alcuni significati che vorrei condividere qui con voi. Lo faccio con la convinzione che, in effetti, siamo nel bel mezzo della tempesta. Non una tempesta qualsiasi, ma la più terribile che si sia mai scatenata nella storia plurimillenaria della Chiesa. Ci troviamo, come gli apostoli, minacciati da onde terribili. E Dio sembra dormire. Ecco perché dobbiamo meditare su questo episodio riportato da tutti e tre gli evangelisti sinottici: Matteo (8,23-27), Marco (4,36-40) e Luca (8,22-25).

Il quadro che emerge dalla lettura comparata dei testi è particolarmente vivido. Dopo un giorno e una sera di intenso lavoro apostolico, vedendo le folle arrivare a frotte, Gesù “diede ordine di passare oltre le acque” (Matteo 8,18). San Remigio (437-533 circa) ci dice che quando era circondato dalle folle nostro Signore era solito ritirarsi in uno dei suoi tre luoghi preferiti di contemplazione e preghiera: la nave, la montagna e il deserto. Ora lo fa, ma accompagnato dagli apostoli. Solo dagli apostoli. Perché? San Giovanni Crisostomo spiega che non voleva che le folle vedessero quanto fosse debole la loro fede. Ma in cosa consisteva esattamente questa debolezza della loro fede? Lo stesso san Giovanni Crisostomo sottolinea quanto segue:

Pensavano infatti che, se si fosse alzato, avrebbe potuto comandare i venti, ma non poteva assolutamente farlo stando a riposo o dormendo [1].

Tutto accade di notte. Perché? San Beda il Venerabile (672/3-735) afferma che “l’ora stessa del tramonto della luce potrebbe significare il tramonto del vero Sole”. Quando Dio dorme è come se, in un certo senso, fosse assente. Tuttavia, prima di concentrare la nostra attenzione sul sonno del Salvatore nella barca, dobbiamo insistere su un punto molto importante.

Senza eccezioni, tutti i commentatori concordano sul fatto che la tempesta non fu casuale. L’erudito Origene di Alessandria dice che “questa tempesta non è sorta da sola, ma in obbedienza alla potenza di Colui che ha dato il comando”. Anche san Giovanni Crisostomo indica che “Egli volle che questa tempesta sorgesse”. Allo stesso modo, san Cirillo di Alessandria sottolinea che Egli ha permesso che la tempesta si scatenasse per mettere alla prova gli apostoli e per offrire a noi lettori una lezione cruciale.

E ora arriviamo al punto più misterioso e allo stesso tempo più significativo. Nel mezzo della tempesta, Dio dorme. Questa immagine sembra essere al di là della nostra comprensione. Fa subito sorgere una domanda: Dio può dormire? Origene fornisce un indizio illuminante: “Dormiva con il suo corpo, ma era sveglio nella sua divinità”. In altre parole, il sonno di Gesù Cristo nella barca ci insegna, senza bisogno di parole, che Egli è allo stesso tempo pienamente uomo e Dio. Ha un corpo che ha bisogno di dormire. Ma, pur essendo umano, è anche Dio. Dio che non dorme mai, nonostante le apparenze. In conclusione, san Giovanni Crisostomo afferma che “il suo sonno e il suo aspetto mostrano l’uomo; il mare e la calma indicano il Dio”. Si tratta quindi dell’insegnamento sulle due nature della persona di Gesù di Nazareth, divina e umana.

Consideriamo ora la nostra situazione attuale. Tutto si è ribellato a Dio, compresa una parte significativa della gerarchia della Chiesa. Sull’orlo della disperazione, ci rendiamo conto che non possiamo fare quasi nulla: siamo impotenti. Alcuni, confusi, si chiedono se il papa sia eretico o meno. Altri, convinti che un papa eretico sia un’idea scandalosa, inventano gli argomenti e le spiegazioni più favolose per dimostrare che non è così. Quei gerarchi e teologi che, tuttavia, si rendono conto che la verità della possibilità di un papa eretico non può più essere negata, non sanno se c’è un modo concreto in cui tale situazione (quasi) inaudita possa essere risolta canonicamente. Perché il diritto canonico non dice nulla! Quindi cosa si può fare?

Potrei amplificare all’infinito il nugolo di domande, dubbi e controversie che sono sorte negli ultimi decenni post-conciliari e soprattutto durante l’attuale pontificato. Il panorama ecclesiastico che abbiamo davanti agli occhi appare desolante: una moltitudine di piccole comunità che, come i resti di una grande nave, trasportano coloro che cercano disperatamente di sfuggire allo tsunami scatenato. Dov’è Dio? Se la liturgia è stata falsificata e sostituita, perché non è intervenuto durante il pontificato di Paolo VI? Perché non interviene ora, dopo Traditionis custodes e Fiducia supplicans? Se la teologia morale tradizionale e i suoi dieci comandamenti sono calpestati, perché non interviene? Tutte queste domande – e molte altre simili – sembrano sbattere contro il muro del silenzio divino. Dio sembra dormire, non è vero?

La mancanza di fede degli apostoli risiedeva nella mancanza di fiducia totale in Lui anche durante la sua assenza. Perché, nonostante le apparenze, Egli è sempre presente, anche se è invisibile. L’essenza della fede consiste nell’essere convinti che, anche in mezzo alle più grandi crisi e tentazioni, Lui è lì. Lui che è onnipresente, onnipotente e onnisciente. Ma perché permette che la tempesta spaventi gli apostoli? Perché permette che noi, nel XXI secolo, siamo turbati dalla più grande crisi dell’intera storia della Chiesa? Perché dorme? San Giovanni Crisostomo ci fornisce la prima importante risposta:

Permette che siano in pericolo; e inoltre, perché imparino a sopportare con coraggio le tentazioni.

Una parola difficile, non è vero? Quindi dobbiamo subire le tentazioni per dimostrare la nostra virilità, il nostro coraggio. Perché, come ci ricorda san Cirillo di Alessandria, “come l’oro si prova nel fuoco, così la fede si prova nella tentazione”. Non c’è altro modo. Ma anche così, nulla ci sembra più terribile del sentirsi soli e abbandonati. Tra tutte le sofferenze di Cristo Salvatore, non c’è nulla di più terribile di quel momento in cui, sulla croce, gridò:

Eli, Eli, lamma sabacthani? Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? (Matteo 27:46).

Eppure, nonostante il terribile dramma di chi, come Gesù sulla croce, si sente abbandonato, Dio è presente. Egli vede tutto, sente tutto e sa tutto. Ecco una verità di fede su cui dobbiamo meditare con insistenza.

D’altra parte, il suo sonno ha anche un significato legato alla pazienza di Dio. Origene dice che “il Signore stesso dorme un sonno misericordioso” (che espressione meravigliosa! “Un sonno misericordioso”) mentre i giusti subiscono le ingiustizie dei malvagi, aspettando pazientemente la loro conversione. Tuttavia, l’interpretazione forse più profonda è quella di sant’Ilario di Poitiers (310 ca. – 367 ca.). Come vedremo, attraverso di essa ci avviciniamo ai significati mistici dell’intero episodio evangelico in cui Gesù dorme sulla barca in mezzo alla tempesta.

Ecco il commento del leggendario vescovo di Poitiers:

Dorme, perché per la nostra ignavia è stato addormentato in noi. Questo avviene perché possiamo sperare in un aiuto da parte di Dio nel timore del pericolo; e perché la speranza, anche se tardiva, possa essere fiduciosa di sfuggire al pericolo grazie alla forza di Cristo che veglia dentro di noi.

San Marco l’Asceta ci insegna quali sono i principali nemici della nostra salvezza: l’ignoranza, fonte di tutti i mali; la dimenticanza, sua parente stretta e aiutante; e la pigrizia, che tesse il sudario oscuro che avvolge l’anima nel torbido [2]. E sant’Ilario assegna a quest’ultima un ruolo eminente: attraverso la nostra pigrizia, ci dice, Dio è “addormentato” in noi, i battezzati. Terrificante. Mostra quanto sia deteriorato lo stato della nostra natura anche dopo la sua restaurazione attraverso i santi sacramenti del Battesimo e della Confermazione. Quando il santo parla di pigrizia, naturalmente, non si riferisce alla pigrizia fisica, ma a quella spirituale: sono sicuro che aveva in mente soprattutto la pigrizia nella preghiera. E questo, a sua volta, non indica solo che preghiamo poco ma, soprattutto, che preghiamo in modo superficiale.

È proprio per questo motivo che Dio ci permette di essere tentati come gli apostoli nella barca: perché possiamo pregare con tutto il cuore, gridando forte a Dio. E la forza della preghiera – vi assicuro – non sta nei decibel, ma nell’intensità. Soprattutto quando sentiamo le onde della tempesta che ci assalgono da ogni parte, preghiamo più profondamente e intensamente. Solo in queste situazioni, quando ci rendiamo conto di essere impotenti, possiamo ricordare la parola del Salvatore che dice in modo chiaro e categorico:

Senza di me non potete fare nulla (Giovanni 15:5).

L’intero mondo moderno è stato creato da intellettuali “illuminati” (Cartesio, Newton, Voltaire, Kant, Hegel, Comte, Marx eccetera) che credevano che la società potesse funzionare in completa autonomia – anche nell’indifferenza e nelle avversità – nei confronti di Dio. Il più delle volte, più o meno (non) consapevolmente, siamo tutti influenzati da questa mentalità. Se solo consideriamo il fallimento della nostra gerarchia ecclesiastica, che non ha consacrato la Russia immediatamente (nel 1929) dopo aver ricevuto questo comando da Dio attraverso la Beata Vergine Maria di Fatima, dobbiamo capire che la radice di una tale catastrofe sta nella mancanza della convinzione espressa da san Giovanni: solo Dio può aiutarci ad attraversare l’oceano di un mondo ribelle.

La maggior parte dei vescovi e dei papi degli ultimi decenni sono stati e sono convinti di avere una conoscenza superiore a quella di Dio, ma ttto è iniziato nei decenni precedenti il Concilio Vaticano II. Invece di consacrare immediatamente la Russia in comunione con i vescovi del mondo intero, papa Pio XI sviluppò una propria politica, che in seguito costituì la base della cosiddetta Ostpolitik di Papa Paolo VI. Dovremmo quindi stupirci oggi quando vediamo la nave imbarcare acqua da tutte le parti?

Il beato Rabanus Maurus (780 ca. – 856) afferma che “il mare è il tumulto del mondo”. Il vento rappresenta le potenze delle tenebre, come ci dicono san Beda, Origene e san Girolamo. Le onde potenti sono i persecutori di ogni tipo che attaccano la Chiesa e i coloro che sono fedeli alla Rivelazione e alla Tradizione cristiana. L’albero al centro della nave (o, secondo alcuni interpreti, la nave stessa) è il simbolo della Croce su cui il Crocifisso dorme il sonno della morte. In una simile situazione, san Beda dice che, inevitabilmente, “i deboli cuori dei discepoli sono scossi e tremano”. Dovremmo allora stupirci se noi stessi viviamo in una simile condizione? Siamo forse più grandi degli apostoli? Certamente no. Con il loro esempio davanti agli occhi, ricapitoliamo, per concludere, i punti chiave della lezione del sonno di Dio nella barca.

Nulla accade in questo mondo senza la volontà o il permesso di Dio. Anche la crisi attuale è stata prevista e permessa da Dio.

Nessuna tempesta dura per sempre. Per quanto possa sembrare insopportabile, ha una fine. Una fine prevista dal piano della Divina Provvidenza.

Tutto, assolutamente tutto, dipende da Dio. Non l’1%, l’11% o il 99%, ma il 100%.

Senza Dio non possiamo risolvere nessun problema nella nostra vita, tanto meno una crisi enorme nella vita della Chiesa.

I mezzi spirituali – tra cui la preghiera occupa il posto più importante – sono stati, sono e resteranno assolutamente necessari.

La preghiera deve essere praticata con determinazione, tenacia e perseveranza. Alla domanda “per quanto tempo dobbiamo pregare?” san Tommaso d’Aquino ha dato una risposta monumentale: “Finché non riceviamo ciò che chiediamo” (naturalmente, a condizione che non chiediamo nulla di immorale o illecito). Per me, il modello supremo di preghiera è la donna cananea (Matteo 15:22-28). Vedo nella sua situazione personale la perfetta rappresentazione della situazione in cui si trovarono gli apostoli, in mezzo al mare in tempesta.

Pensateci: la figlia di questa donna era “tormentata dal diavolo”. Non abbiamo forse parenti e conoscenti che si sono allontanati da Dio e dalla sua fede soprannaturale? Non vediamo forse tanti uomini abbandonati dalle loro mogli? O donne abbandonate dai loro mariti? Non vediamo forse i peccati sessuali ricoprire il mondo intero come uno strato di fango sempre più spesso? Tutti coloro che si trovano in queste situazioni, anche se spesso colpevoli, sono “tormentati dal diavolo”. Sapendo che sua figlia si trova in questa situazione, la Cananea non si arrende. Grida a Dio, che dorme, perché non le risponde. Come si può non rispondere a qualcuno che si trova in una situazione simile? Sembra scandaloso. Ma non è così.

È chiaro l’effetto che Dio voleva ottenere con il suo silenzio: la compassione degli apostoli, cioè la compassione dei suoi vescovi. I quali, proprio come nella barca, cercano di svegliarlo vedendo la donna che grida senza essere ascoltata. Ma Lui, Dio, sembra insensibile: “Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d’Israele”. È come se rifiutassimo di aiutare qualcuno perché non è cattolico o non appartiene alla nostra comunità. Ma la donna cananea, benché pagana, non si arrende. Si umilia come non si era mai visto prima. E Dio stesso si commuove nel sentire la sua richiesta di aiuto, pronunciata con voce sempre più debole, come quella di un moribondo: “Signore, aiutami”. Sono solo tre parole: “Signore, aiutami”. Parole pronunciate con un’intensità di fuoco e un dolore la cui profondità trasforma le pietre in polvere.

Anche ora, Dio “non si sveglia”, ma risponde che è stato mandato solo “alle pecore perdute della casa d’Israele”. Ma la donna, riconoscendo la sua inutilità fino in fondo, lasciandosi paragonare ai cani, prega ancora. Prega veramente come chi sa che tutto dipende solo da Dio:

Anche i cani mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni (Matteo 15:27).

Di fronte all’umile che prega, per quanto peccatore, Dio non può resistere. Probabilmente qui sta il più grande mistero immaginabile: la debolezza di Dio per gli umili. L’esattore delle tasse fu ascoltato, nonostante fosse terribilmente peccatore, mentre il fariseo no. Perché l’esattore delle tasse era umile. Consapevole di ciò, il re Davide, uno dei più terribili peccatori della storia, ci ha dato i seguenti versetti, la più importante lezione di morale, etica e spiritualità:

Un cuore contrito e umiliato, o Dio, non lo disprezzi (Salmo 50:19).

Con il suo cuore contrito e umiliato, la donna cananea venne lodata da Dio stesso davanti agli apostoli e ai membri del popolo eletto di Israele:

O donna, grande è la tua fede! (Matteo 15:28).

Vedete, Dio si svegliò e calmò immediatamente le onde che stavano assalendo la vita di questa donna pagana peccatrice. In quel momento, sua figlia fu liberata. La chiave per una preghiera fruttuosa? Un cuore umiliato. Riuscite a immaginare cosa può ottenere la preghiera di molti cuori umili uniti nella stessa supplica? Quando i cristiani di Gerusalemme pregarono per Pietro, detenuto in prigione, un angelo dal cielo venne a liberarlo e il primo papa della storia credette di sognare. Anche se questa sembra una favola soprannaturale, è vera. Questo è il potere della preghiera.

Ora, nel mese del Sacratissimo Cuore del nostro Salvatore Cristo, gridiamo allora, insieme agli apostoli e alla donna cananea, con tutto il cuore e con tutta l’umiltà:

Signore, salvaci, noi periamo! (Matteo 8:25).

Sono certo che la risposta non tarderà ad arrivare. Ma questo, non dimentichiamolo, dipende solo dall’intensità della nostra preghiera.

Che il Sacro Cuore del nostro Re e Signore, Gesù Cristo, ci aiuti!

Fonte: remnantnewspaper.com

 

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