Torno brevemente sulla frociaggine (sebbene il tutto mi faccia ribrezzo) per un aggiornamento. Come forse ricorderete, su Duc in altum [qui], riportando le parole di Bergoglio (“È venuto un monsignore e mi ha detto: qui in Vaticano c’è troppa frociaggine”) ho spiegato che in un certo slang vaticano il termine non designa tanto il sacerdote e il monsignore con tendenze omosessuali quanto colui che mostra di essere legato alla tradizione. Sintomo di “frociaggine”, da questo punto di vista, è indossare la talare, avere considerazione per quei “pizzi e merletti” che il papa tanto disprezza, avere a cuore gli aspetti dottrinali, curare la liturgia.
Ebbene, la riprova l’ho avuta di recente, quando una fonte mi ha riferito che il termine “frociaggine” è stato usato in effetti da un vescovo che si è rivolto al papa chiedendogli come comportarsi con i preti giovani amanti della tradizione e “carrieristi”. Davvero quel monsignore, come ha riferito Bergoglio, ha detto al papa che “in Vaticano c’è troppa frociaggine”, ma per prendersela non tanto con gli omosessuali, quanto con i preti giovani che sempre più spesso, a differenza di quelli più stagionati, non nascondono le loro simpatie di stampo tradizionalista. E il termine, non a caso, è lo stesso usato da un sacerdote, che tiene incontri di stampo psicologico con il clero giovane, secondo il quale se un prete indossa la talare, cura la liturgia e non è tutto sbilanciato sul sociale nasconde, appunto, problemi di “frociaggine”.
Capito? I bergogliani sarebbero i veri machos. Gli altri, tutti malati di “frociaggine”. Queste le categorie filosofiche che vanno forte oggi nelle stanze vaticane.
Et de hoc satis.