di Fabio Battiston
Nonostante i continui attacchi contro la scelta astensionistica alle recenti elezioni europee – una critica che purtroppo trova molti seguaci anche nel mondo cattolico tradizionale – gli accadimenti di questi ultimi giorni stanno dimostrando quanto inutile sia stata invece la decisione di recarsi alle urne, specialmente per coloro che hanno convintamente dato il loro voto alle compagini di destra e centro-destra.
L’illusione che un massiccio consenso alle forze conservatrici, che in effetti si è manifestato, potesse consentire un qualche cambiamento, anche marginale, nell’agone politico bruxellese, si sta rapidamente sgretolando di fronte al peraltro prevedibile atteggiamento delle forze politiche che da sempre occupano questo mostruoso organismo meta-dittatoriale.
I custodi del voto come sacro diritto/dovere dovrebbero anzitutto riflettere in merito alla “nuova” incredibile composizione del Parlamento Ue uscita dalle urne. Non si comprende infatti come – a fronte dello sfacelo cui sono andate incontro le forze socialiste e verdi (non totalmente controbilanciato dalla buona affermazione dei catto-popolari) e il contemporaneo grande successo continentale di tutte le forze conservatrici – si siano così ridicolmente modificati i rapporti di forza in termini di seggi. A quanto pare abbiamo a che fare con un meccanismo elettorale quanto meno bizzarro: considerevoli masse di voti si spostano ma tutto resta praticamente inalterato. Misteri della “democrazia”. Ma analizziamo la questione in termini più politici.
Le trattative-farsa in pieno svolgimento dentro e fuori gli scenari bruxellesi per la nomina, in primis, del nuovo presidente della Commissione stanno mostrando, se mai ce ne fosse stato bisogno, il vero volto della sedicente democrazia europea. Totalmente incuranti dell’esito elettorale, i satrapi che da trent’anni vogliono decidere della nostra vita – e di quella dei nostri figli e nipoti – stanno allegramente tramando per spartirsi una volta di più il loro vecchio e sudicio potere. I rimasugli della sinistra continentale, i catto-democratici del Ppe, gli sbiaditi verdi e i liberali dell’Europa massonica e protestante hanno bellamente ignorato il responso delle urne avocando a sé, pur trombati, il diritto di continuare a massacrare le genti del vecchio continente. Come si poteva pensare a un esito diverso, cullandosi nell’illusione che un voto politico potesse essere lo strumento per un reale cambiamento? E, soprattutto, come potevano pensarlo tutti quei cattolici (non sinistri) accorsi alle urne, che dovevano invece ben conoscere la filosofia politica che sta dietro al cosiddetto cattolicesimo popolare? Sì, perché il vero problema, il principale artefice e responsabile, da trent’anni, di questo mostro che si chiama Ue è rappresentato proprio dal Partito popolare europeo, meglio noto come Ppe. Dietro questa sigla si celano gran parte di quei partiti di “ispirazione” cattolica, sparsi per ogni dove, senza i quali l’Unione dei disvalori e delle menzogne (aborto, eutanasia, transgender, ambiente e clima, guerra, sanità, tecnologia e vaccini) non si sarebbe mai potuta imporre e divenire forza egemone. Tuttavia sinistra post-comunista, verdi, socialisti e liberali hanno semplicemente fatto ciò che storia, cultura, tradizione e “valori” imponevano loro di attuare. I cattolici invece, tradendo deliberatamente la loro fede e natura, sono stati i veri architetti di questo malefico disegno. E lo continuano a fare imperterriti, qui e ora, con l’appoggio incondizionato della chiesa cattolica universale di matrice bergogliana. Basta guardare ciò che è accaduto, in Italia, prima e subito dopo il voto. Nelle settimane immediatamente precedenti, la Cei – con l’appoggio della Segreteria di Stato vaticana – ha preso tali e tante posizioni a favore del mantenimento dell’establishment europeo che, al confronto, la campagna elettorale del 1948 nelle parrocchie, al grido “I comunisti mangiano i bambini”, appare come una patetica rievocazione di ormai dimenticate ingerenze clericali. Oggi, ovviamente, la parte dei comunisti è svolta dai conservatori e da tutte le destre. In questo quadro, l’accoppiata Zuppi-Savino ha più volte dato il meglio di sé stessa con un endorsement dietro l’altro alla maggioranza Ursula (con contemporanei attacchi al governo nazionale su premierato ed autonomia differenziata). L’acme è stato raggiunto con l’accorato appello del vice-presidente della Conferenza episcopale che anelava al recupero dei valori europei indicati nel Manifesto di Ventotene. Questo documento, com’è noto, fu redatto – tra gli altri – da tre eminenti figure della sinistra radicale, atea e anticattolica, che rispondono ai nomi di Ernesto Rossi, Altiero Spinelli ed Eugenio Colorni. Come si poteva pensare che un nostro voto, finalizzato a un’inversione a 180 gradi – per esempio sulle politiche etico-valoriali o climatico-ambientali – potesse avere la benché minima possibilità di influire quando nemmeno i vertici della Chiesa (figuriamoci i laici politicamente impegnati) si mostravano favorevoli a un netto cambio di direzione? Un esempio: Pro Vita & Famiglia, nel quadro di una sua iniziativa pre-elettorale sotto lo slogan Elezioni europee 2024: io voto per la vita, la famiglia e la libertà. Se l’Europa cambia valori tu cambia l’Europa, ha ottenuto, da parte di circa cinquantacinque candidati del centrodestra (venti dei quali poi risultati eletti), la sottoscrizione di un manifesto per la difesa a Bruxelles dei valori della vita, della famiglia e della libertà educativa. Ma ci rendiamo conto? Dei quasi 210 candidati tra Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia, solo cinquantacinque – circa il 26% – ha ritenuto di dover firmare l’appello. Appena uno su quattro! Mi auguro sinceramente una smentita su questi numeri da parte degli amici di Pro Vita & Famiglia. Ma se questi fossero i risultati di chi, almeno in apparenza, dovrebbe difendere i nostri valori, avremmo veramente di che preoccuparci. Unica consolazione: Alessandra Mussolini e Renata Polverini, forziste nel PpeE e paladine di aborto e LGBTQ, sono state entrambe trionfalmente trombate. Alleluia!
Ci si lamenta, da parte dei contrari all’astensione, che se la quota di “disertori” di area conservatrice avesse votato per i suoi rappresentanti, i rapporti di forza sarebbero potuti essere molto diversi. Mi permetto a riguardo due obiezioni. La prima è che con un meccanismo di assegnazione dei seggi, quale esso si è rivelato, sarei stato curioso di vedere che tipo di percentuali bulgare avrebbero dovuto conseguire i partiti conservatori per rivendicare maggioranze (tenendo sempre conto della strenua opposizione dei cattolici). Seconda motivazione: da due anni in Italia abbiamo un governo di destra-centro con un’amplissima maggioranza nell’intero Parlamento. Risulta al colto e all’inclito che tale maggioranza abbia quanto meno rimesso in seria discussione, ad esempio, la legge 194, i diritti acquisiti LGBTQ, il green deal, la transizione tecnologica, le norme europee sul contenimento del deficit, le vicende legate a Covid e vaccini?
E ancora, risulta che abbia imposto il blocco navale per la difesa dei nostri confini? Che abbia rinnegato le linee guida fondamentali del governo Draghi?
E se tutto questo non è stato nemmeno tentato in Italia – disponendo di una robusta e stabile maggioranza – come si può pensare all’attuazione di una reale politica alternativa nella quotidianità politica di Bruxelles e Strasburgo? Ipotizziamo, ad esempio, una fantomatica e praticamente irrealizzabile maggioranza Ppe-Conservatori-Destre: l’opposizione dei cattolici (e di parte di alcuni conservatori) renderebbe difficilissima qualunque giravolta, prima fra tutte sul diritto all’aborto.
Per adesso coloro in quali hanno convintamente partecipato alle elezioni europee, votando per una delle tante destre, si ritrovano – almeno qui in Italia – con una premier vincitrice che si è fatta metaforicamente prendere a calci da chi le elezioni le ha straperse, sotto lo sguardo tra l’assente e il compiaciuto dei suoi presunti alleati nazionali del Ppe forzista. Dopo due anni trascorsi a cercare disperatamente una legittimazione non elettorale (necessaria solo nelle dittature) per poter essere ammessa nelle stanze del potere transnazionale, la nostra Draghina Melonsky per contare uno iota e lucrare un paio di inutili poltrone dovrà accettare di essere definitivamente “normalizzata”, rinnegando sé stessa, la sua storia e il suo elettorato. Altro che Enrico IV a Canossa! Ecco la grande democrazia continentale che molti di noi hanno voluto continuare a legittimare col proprio voto.
Chiudo con la questione legata all’astensionismo, poiché non voglio eludere il tema. Come dicevo all’inizio, ho letto in questi giorni svariati commenti nei quali si è financo arrivati a ironizzare sulla scelta del non voto: “E chi se lo ricorda già più il dato dell’astensione?”, come a volerne screditare qualsiasi valenza politica. Ribadisco quanto affermato in altri miei precedenti contributi. Il non voto, laddove sempre seriamente motivato, è un atto politico di grande dignità e nobiltà. Il dato italiano ed europeo al 50% è di per sé importantissimo specie se relazionato ai livelli nazionali che in alcuni paesi hanno sfiorato il 65%. L’importanza e la valenza di questo pronunciamento, tuttavia, potranno assumere un connotato preciso, e molto più concreto, nel momento in cui si affacceranno sul teatro europeo ulteriori e più corpose iniziative di visibile partecipazione popolare. In un altro mio scritto ho fatto riferimento a un “movimento delle genti”, ora più che mai necessario a fronte del ribadito autoritarismo della politica europea e dei suoi rappresentanti. Negli ultimi anni abbiamo assistito a qualche “vagito” di una simile realtà: la Brexit anzitutto, poi i gilet gialli e la rivolta dei trattori sono stati gli eventi più eclatanti; occorre però dare continuità e visibilità al non aver voluto legittimare col voto la congrega poliziesca che ci opprime. Questa torre sempre più pendente non merita di essere puntellata dalla nostra partecipazione elettorale né, tantomeno, da qualsiasi iniziativa politica, ossequiose e rispettosa, che può esserci suggerita. Questa torre va abbattuta, e con essa un modo barbaro, incivile e totalitario di concepire la governance di un’organizzazione sociale. A differenza dei gruppi politici che per entrare nelle stanze del potere debbono piegarsi alla normalizzazione etico-valoriale imposta dai satrapi bruxellesi, “noi popolo” dobbiamo perseguire un’altra strada, utilizzare altri strumenti. La posta in gioco è, umanamente, la più grande: liberarci dal giogo di chi ci vuole imporre un mondo alla rovescia. Per far questo il buon Vannacci non serve. I partiti non servono. Ogni mediazione politica è inutile e pericolosa poiché tende a inserire un ultracorpo dentro ciascuno di noi e, con esso, l’appartenenza definitiva all’ugualità del Deep State. C’è solo bisogno del nostro essere persone, consapevoli del valore inestimabile della nostra preziosa unicità in coscienza, intelligenza e pensiero, dono della Grazia e dell’Amore di Dio.