Caro Valli,
molto interessante l’articolo di Michela Di Mieri [qui] sul rapporto tra uomini e cani.
Viviamo in un mondo malato, in cui i cani sono trattati come essere umani e alcuni essere umani vorrebbero essere trattati come cani; il cane è spesso visto come il surrogato di un figlio e il figlio viene spesso viziato come si vizierebbe un cane.
In questi giorni è in programmazione su Prime un film, Gli addestratori, che è probabilmente emblematico del modo distorto con cui la nostra società vede il rapporto tra uomini e animali. Non ho visto il film, ma mi ha colpito una frase del trailer: il protagonista, addestratore cinofilo, per un errore di comunicazione vede iscritti alla sua scuola bambini anziché cani; di qui il suo commento per cui “i cani sono un po’ come bambini, no? Perché i bambini non possono essere come i cani?”.
Una frase apparentemente spiritosa, che vorrebbe far sorridere lo spettatore, ma rivela una concezione del creato triste e assai diffusa. Significativo, in particolare, il fatto che mentre i cani sarebbero solo “un po’” come bambini, i bambini potrebbero invece “essere come i cani” (senza il “po’”, che fa una certa differenza).
Quanti cani sono oggi allevati come e al posto dei figli, viziati da padroni che dimenticano la natura del cane e mortificano la sua stessa condizione (su questo non posso che dare ragione a quanto più volte sottolineato dal Santo Padre)! Ma, soprattutto, quanti figli sono trattati alla stregua di un cane, lasciati scorrazzare dai genitori senza freni e senza regole, in un mondo che prima o poi gli presenterà il conto!
In fondo si tratta verosimilmente di conseguenze inevitabili di un’epoca decadente, che vuole lasciarsi alle spalle i principi e i valori che stanno alla base della nostra civiltà per sposare una cultura nichilista e irresponsabile che inventa diritti e dimentica i doveri, purtroppo aiutata da una chiesa che nel ricordare la misericordia dimentica il peccato.