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Rime per Viganò / 3

A Viganò profeta

di G.R.

Tira e molla, molla e tira,

alla fine scatta l’ira

del pontefice argentino,

distruttore del divino.

Lui si serve soprattutto

di un amico alto e brutto:

è Fernandez cardinale,

che fa rima con anale.

Baci e amplessi, pube e seno:

tra la mistica e l’osceno,

tutto spiega con dovizia

alla coppia e alla novizia.

Egli regge un dicastero

molto alto e molto austero,

che trattava di dottrina…

e già sembra una latrina.

Per suo mezzo il Dittatore

ora accusa il Monsignore:

«Viganò, che ossessione!

Scisma, Codice, espulsione!».

Chi comanda sotto il sole

apre e chiude come vuole,

anche dentro al Sant’Uffizio:

qui però c’è un grande indizio.

In effetti, tutti sanno

che di accuse, in ogni anno,

Viganò ne ha fatte molte,

tutte gravi; e mai l’ha tolte.

«Al tedesco sopraffino

segue il povero argentino:

questo è un papa da eresia,

è colluso, vada via!».

Ma da un anno, a toni accesi,

finalmente cambia tesi,

e già dice ciò che io penso:

«Bergy ha un vizio di consenso».

«Egli è nullo, è usurpatore,

come Giuda è un traditore;

è un massone, un luterano,

col Concilio sempre in mano».

«È un flagello, è incapace;

non conforta, non dà pace;

non è papa, né pastore,

anzi è un lupo sbranatore».

Questo dunque il grande indizio

che ci offre il Sant’Uffizio:

la condanna e l’espulsione

fanno onore al Monsignore;

ciò conferma quanto detto

sul massone maledetto:

«Non è papa – oh dolore! –,

non è un vero successore».

Qui si chiude il nostro dire,

qui si allevia il gran soffrire:

«Deh, Signore, porta via

questa grande apostasia!».

Già tua Madre, a La Salette,

quante cose aveva dette!

«Roma incredula – vergogna! –

sarà simile a una fogna».

 

 

 

 

 

 

 

Aldo Maria Valli:
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