Tucho l’eroe senza macchia nel racconto del “Washington Post”

L’articolo, corredato da una foto, è in una posizione di rilievo. Dal Washington Post un ritratto del prefetto del Dicastero per la dottrina della fede che si traduce in un encomio, anzi in un peana.

Tucho Fernández, sostiene il Washington Post, si è attirato nemici perché gode della fiducia del papa. Il cardinale infatti “ha inserito la visione di Francesco nella politica della Chiesa”. Di qui “la resistenza dei conservatori”.

Un rapporto di ferro, quello tra Tucho e Bergoglio, che nasce anche da motivi caratteriali: “Sappiamo tutti che il papa è molto frugale nella sua vita privata. Quando viveva a Buenos Aires, cucinava da solo, lavava i piatti e teneva in frigo una scatola Tupperware con le verdure”. Sotto questo aspetto, “Fernández è molto simile, ed è probabile che abbiano scoperto un’affinità sia teologica sia umana”. Grazie alle verdure.

Per il giornale il prefetto è un uomo alieno da ogni carrierismo, al punto da aver detto di no parecchie volte a Bergoglio che lo voleva ai vertici dell’ex Sant’Uffizio: “Sapevo che alcuni gruppi non mi volevano e, a giudicare da quello che dicevano sui social media e da quello che scrivevano sulla mia pagina Facebook, erano pronti a tutto. E io non volevo causare altri problemi a Francesco”.

Alla fine però il generoso e riluttante Tucho ha accettato e ora, diventato cardinale, eccolo impegnato nel ruolo di “braccio destro del pontefice, per aiutarlo a tradurre i cambiamenti di tono e di stile che Francesco ha introdotto nel papato in una nuova guida e in orientamenti concreti per gli 1,4 miliardi di cattolici che vivono nel mondo”.

“La nomina di Fernández è stata una delle più importanti del pontificato di Francesco”, dichiara al giornale lo storico della Chiesa Massimo Faggioli, esponente della Scuola di Bologna, appositamente interpellato. “A un anno dalla sua nomina, abbiamo assistito a una serie di misure specifiche e inusuali mai viste prima, e questo dalla mano di un prefetto che sa di essere l’alter ego di Francesco e di godere della sua assoluta fiducia”.

Ma perché il Washington Post ha sentito il bisogno di correre in soccorso di Fernández con questa apologia?

La ragione è presto detta: ci sono “oppositori conservatori di Francesco” che vedono in Tucho Fernández “il loro nemico numero due” subito dopo il papa, al punto che dentro il Vaticano si trama contro di lui. La prova? “Foto scattate di nascosto nel cuore della notte e minacce private di distruggerlo”.

Le foto sono state scattate a una finestra della residenza del cardinale e lo mostrano al telefono, molto da lontano. D’altra parte, in Vaticano tutti sanno dove abita Tucho, quindi le immagini non rivelano nulla di nascosto.

Quanto alle minacce, il giornale ne è certo: tutto è dovuto al fatto che il regno di Tucho “segna la fine di un’era di leadership conservatrice in questo ufficio vaticano, conosciuto per i suoi tribunali dell’Inquisizione del XVI secolo”.

Pensate: “Negli ultimi decenni il dicastero ha affermato l’immoralità del sesso prematrimoniale, dell’aborto e dell’eutanasia, e ha sanzionato vescovi, sacerdoti e suore che non seguivano la linea vaticana”. Intollerabile.

Ma l’intero articolo è percorso soprattutto da un desiderio: sostenere Tucho nel suo tentativo di sdoganare e sostenere l’omosessualità. Gli autori infatti ne sono sicuri: la grande conquista di Tucho è stata l’introduzione della benedizione delle coppie omosessuali. Basta con le condanne e i distinguo. Francesco ha dato al prefetto un mandato preciso in tal senso, e Tucho ha eseguito.

La dichiarazione Fiducia supplicans, che introduce le benedizioni per le coppie gay, viene presentata, ovviamente, come un “documento innovativo”. Idem per quanto riguarda il decreto che consente ai transessuali di essere padrini e testimoni ai matrimoni. E ora il prossimo passo: cambiare il paragrafo 2357 del Catechismo della Chiesa cattolica, in cui gli atti omosessuali sono descritti, in linea con le sacre scritture, come “gravi depravazioni” e atti “intrinsecamente disordinati”, “contrari alla legge naturale”.

Il duo Bergoglio – Fernández è dipinto come impegnato a sostegno del progresso. Il che sembra anche il motivo per cui il prefetto ha una simpatica “propensione al turpiloquio”, il che lo rende ancora vicino al papa.

Ma ora – è storia degli ultimi giorni – all’elenco delle benemerenze ne va aggiunta un’altra, una perla: il dicastero “ha intrapreso l’azione più decisiva contro i critici del papa, avviando un procedimento canonico contro l’arcivescovo Carlo Maria Viganò, accusato di fomentare lo scisma e di negare la legittimità del papa”. Ben fatto.

Dopo un attacco al cardinale Gerhard Müller, predecessore di Fernández al dicastero ed etichettato come “critico papale”, il Washington Post augura il meglio al prefetto argentino, perché le battaglie da combattere sono ancora molte. Pensate che “gli attivisti LGBTQ+ sono rimasti sbalorditi” quando nel documento Dignitas infinita firmato anche dal papa hanno letto che la “chirurgia di riassegnazione del genere” minaccia la “dignità umana”. Meno male che Tucho ha subito puntualizzato: quel documento era stato redatto prima del suo insediamento. Quindi, niente paura. Nessuno potrà contrastare il “messaggio inclusivo del papa”.

Quanto alla “frociaggine”, l’esperto Massimo Faggioli ammette che il ricorso a questo termine “ha indubbiamente danneggiato il rapporto con la comunità LGBTQ+”, ma Tucho Fernández ha spiegato subito che Francesco con quella parola non intendeva riferirsi agli omosessuali, quanto ad “alcuni gruppi che nei seminari e nell’ambiente clericale fanno lobby per ottenere potere”.

In chiusura l’articolo torna sulla questione omosessuale (che appare come il vero motivo della sua pubblicazione) con la denuncia di Tucho nei confronti degli indietristi: “Vogliono sostenere che gli omosessuali vanno all’inferno, che devono convertirsi e che altrimenti non possono mettere piede nella Chiesa, tanto meno essere benedetti. È questo che stanno cercando di fare”.

Incredibile, non c’è che dire.

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