di Fabio Nones
Carissimo Aldo Maria Valli,
scusa se mi permetto di chiamarti così, ma mi sento talmente in sintonia con quello che scrivi che mi sembra di conoscerti e capirti anche se non ci siamo mai incontrati di persona. La tua ultima intervista [qui] descrive in modo sintetico anche il mio percorso di vita e di fede.
Ho tre anni in meno di te e sono stato formato anch’io inconsapevolmente nella chiesa neo modernista del post concilio. Quando ero giovane ho studiato teologia in seminario e sono stato educato a pane e Rahner. In breve mi sono bevuto in buona fede per anni un vino alterato e annacquato. Il fervore di rinnovamento secondo “lo spirito” del Concilio Vaticano II andava ben al di là di quello che il Concilio stesso aveva espresso nei suoi documenti. Il mantra dei miei educatori e professori era l’idea che la Chiesa, uscita finalmente da un’epoca di rigidità e oscurantismo, iniziava finalmente un dialogo con il mondo moderno. Ho vissuto l’entusiasmo di credere in una Chiesa finalmente più vicina ai giovani e più presente alle necessità della vita quotidiana. Dopo alcuni decenni in cui abbiamo cercato di renderci simpatici al mondo moderno nella predicazione e nella catechesi, dicendo solo quello che la gente voleva sentirsi dire, mi sono accorto che i giovani (e non solo) abbandonavano sempre più la fede, gli anziani erano disorientati, crollava il numero delle vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa e collassava la morale soprattutto in campo sessuale. Dov’era la nuova primavera della chiesa cattolica?
Dal 1990 lavoro nel mio laboratorio di arte sacra a Trento, però io e mia moglie ci siamo appassionati anche all’educazione sessuale dei ragazzi in oratori e scuole seguendo l’insegnamento di Giovanni Paolo II. Nel 2008 ho completato gli studi teologici con una tesi sull’Humanae vitae di Paolo Vl studiando soprattutto gli scritti del compianto cardinale Carlo Caffarra. Dopo l’elezione di papa Francesco ebbi ben presto la sensazione di un cambiamento strutturale nella Chiesa. L’esortazione apostolica Amoris laetitia del 2016 suscitò i dubia dei quattro cardinali (tra cui anche Caffarra) su punti importanti in contrasto con l’insegnamento di Giovanni Paolo II. Dubia ai quali papa Francesco mai rispose. Il mio cuore e la mia anima erano in subbuglio. Il Papa minimizzava il peccato e proponeva un’idea distorta della misericordia divina.
Passato il giro di boa dei cinquant’anni, e dopo un periodo di smarrimento, ho voluto riprendere in mano la mia formazione guardando in modo diverso la tradizione millenaria cattolica. Direi che mi sono riconvertito. Anch’io ho scoperto da poco la liturgia Vetus Ordo e ne sono rimasto affascinato.
Quattro anni fa ho ripreso anche l’insegnamento della religione cattolica che avevo lasciato più di trent’anni fa. Ho scelto di insegnare alla scuola primaria. Però mi sono accorto molto presto di come all’interno della scuola questo insegnamento sia svilito. In pratica si riduce a una torta insipida i cui ingredienti sono i valori umani, la cura dell’ambiente, il rispetto dell’altro con una spruzzatina di religiosità allo zucchero a velo tipo san Francesco con gli uccellini, san Martino con le caramelle, un Gesù tutto umano che è simile a me, giocava come me, qualche frase sull’amore e il perdono. Vietato parlare di Adamo ed Eva come persone reali e del peccato originale, a novembre del culto dei morti, dei Novissimi, a Pasqua del sacrificio e della sofferenza di Gesù. Se non posso parlare del peccato originale come posso far capire la redenzione operata da Gesù? E se non posso far capire la redenzione come posso far capire la missione della chiesa di salvare le anime? Da cosa? Eppure IRC significa Insegnamento della religione cattolica e come tale io l’ho sempre considerato. Il programma nazionale di IRC dice chiaramente che è importante far conoscere la visione cattolica del mondo e la sua proposta etica per la formazione umana degli alunni. A prescindere dalle scelte di fede delle famiglie e senza intenzioni catechistiche, ho cercato di spiegare a diversi livelli i concetti fondamentali della religione cattolica in un modo comprensibile ai bambini. Volevo fornire le chiavi per leggere il fenomeno cattolico, nelle sue espressioni artistiche, tradizionali e culturali per la grande importanza che esso ha avuto nella storia italiana e nelle nostre valli trentine. Lo scorso anno il mio tipo di insegnamento mi ha procurato un provvedimento disciplinare, quest’anno invece i miei responsabili di curia mi hanno tolto l’idoneità a insegnare su tutto il territorio provinciale in qualsiasi scuola di ogni ordine e grado. Ho cercato di spiegare il mio punto di vista ma non sono riuscito a convincerli e quindi non c’è stato niente da fare. Senza interessarsi del gradimento della stragrande maggioranza delle famiglie e ascoltando solo qualche voce discordante mi hanno detto che il mio modo era pedagogicamente violento nei confronti dei bambini. Ricordo invece con nostalgia le lacrime sui loro visetti nel salutarci nell’ultima ora di religione. Avrei dovuto parlare solo di valori umani, ecologia e favolette, argomenti che non danno fastidio a nessuno e non avrei avuto problemi.
Per me l’IRC fatto come vogliono loro non avrà molto futuro, infatti le famiglie che se ne avvalgono sono sempre meno in tutta Italia. Inoltre ciò che ha fatto inorridire di spavento è stato un piccolo libretto scritto da me per le classi quinte che parla in modo sintetico e in linguaggio semplice della visione cattolica della persona umana e della sessualità secondo l’insegnamento di san Giovanni Paolo II.
La scuola dovrebbe essere il luogo del dialogo e del confronto tra visioni del mondo diverse. La Chiesa cattolica ha una visione del mondo bella e degna di essere conosciuta. È normale che questo non piaccia a tutti, ma ciò che conta è che ci sia il rispetto reciproco e non la volontà di imporsi.
Un altro episodio importante: l’anno scorso, dopo Fiducia supplicans, mi sono fatto portavoce di una richiesta sottoscritta da più di 130 fedeli per chiedere al nostro vescovo di non applicare in diocesi la benedizione alle coppie irregolari. In un incontro molto burrascoso abbiamo ottenuto non solo un netto rifiuto ma anche l’accusa di essere fuori della comunione ecclesiale fomentando divisione nella chiesa.
Un’ultima osservazione. In questi giorni in una bella chiesa del centro a Trento c’è una mostra in cui sono stato coinvolto anch’io come artista. Sono esposte (con un allestimento che purtroppo non le valorizza) una cinquantina di pergamene che illustrano la storia della chiesa trentina dalle origini ai nostri giorni. Io ho contribuito a realizzare quelle del periodo più antico fino al medioevo. Le pergamene successive sono state affidate ad altri bravi artisti. Quello che mi lascia perplesso è che il periodo storicamente più vicino a noi è stato fatto realizzare da un noto fumettista locale che ha uno stile umoristico usando le formichine. Non ho niente da dire sulla bravura dell’artista nel suo campo, ma sono perplesso circa l’opportunità di adottare questo stile nel contesto del progetto. Tuttavia penso che la mostra inconsapevolmente fornisce un’immagine emblematica e vera della chiesa (non solo locale) dalle origini gloriose alle ridicolaggini dei tempi odierni. Constatando il fatto che la chiesa di questi tempi si vergogna quasi di presentarsi al pubblico e nella scuola per quello che è, o dovrebbe essere, mi viene in mente la mirabile descrizione di don Abbondio fatta dal grande Manzoni:
Il nostro don Abbondio non nobile, non ricco, coraggioso ancor meno… Il suo sistema consisteva principalmente nello scansar tutti i contrasti, e nel cedere, in quelli che non poteva scansare. Neutralità disarmata in tutte le guerre che scoppiavano intorno a lui, dalle contese, allora frequentissime… Se si trovava assolutamente costretto a prender parte tra due contendenti, stava col più forte, sempre però alla retroguardia, e procurando di far vedere all’altro ch’egli non gli era volontariamente nemico: pareva che gli dicesse: ma perché non avete saputo esser voi il più forte? ch’io mi sarei messo dalla vostra parte. Stando alla larga da’ prepotenti, dissimulando le loro soverchierie passeggiere e capricciose, corrispondeva con sommissioni a quelle che venissero da un’intenzione più seria e più meditata… costringeva, a forza d’inchini e di rispetto gioviale, anche i più burberi e sdegnosi, a fargli un sorriso, quando gl’incontrava per la strada.
Altro che segno di contraddizione!
Viva il cardinale Borromeo!
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