La vicenda Viganò e il Terzo segreto di Fatima
di Leone Serenissimo
Caro Valli,
la vicenda di Sua Eccellenza monsignor Carlo Maria Viganò, che noi di Duc in altum insieme a moltissimi cattolici di tutto il mondo in questi giorni stiamo vivendo con sofferenza e partecipazione, a mio avviso andrebbe inserita all’interno di un quadro più generale, per essere compresa nella sua effettiva portata, cioè il Terzo segreto di Fatima (o terza parte del segreto, se si considera il segreto di Fatima un messaggio unico, ma diviso in tre parti).
Quando nell’anno Duemila fu pubblicato quello che è conosciuto oggi come Terzo segreto, si trattò di un’operazione parziale. Anche la riconduzione del contenuto all’attentato subito da papa Giovanni Paolo II fu un’operazione sommaria e superficiale. Ciò si può affermare con certezza. Primo, perché è ormai risaputo che almeno fino alla fine del pontificato di papa Pio XII esistevano due buste distinte in Vaticano che contenevano il Terzo segreto. Secondo, perché papa Benedetto XVI nel 2010 al Santuario di Fatima ebbe a dire: “Si illuderebbe chi pensasse che la missione profetica di Fatima sia conclusa”. Terzo, perché quello che ad oggi si sa con certezza del Terzo segreto non trova alcuna corrispondenza con lo scritto pubblicato nel Duemila. Ne consegue che questo testo o è solo una parte di un unico scritto, più lungo, composto da suor Lucia il 3 gennaio 1944, o è solo la descrizione della visione avuta, alla quale manca la sua spiegazione, che fu redatta da suor Lucia separatamente e successivamente.
Da parte mia, per quanto ho potuto ricavare dai miei studi sul tema condotti negli ultimi vent’anni, propendo per questa seconda ipotesi. Vorrei brevemente soffermarmi sui contenuti che si conoscono riguardo al Terzo segreto. Li riporto di seguito, inserendo tra parentesi i nomi di coloro che li riferirono (tutti ecclesiastici che lessero il testo originale del Segreto, fuorché don Ingo Dollinger, che fu però direttamente informato dal cardinale Ratzinger).
L’apostasia nella Chiesa [cardinali Alfredo Ottaviani e Silvio Oddi];
L’inizio dell’apostasia dai vertici della Chiesa [cardinale Mario Luigi Ciappi];
Scomparsa della vera fede cattolica nel continente europeo [monsignor Alberto do Amaral, vescovo emerito di Fatima];
Un cattivo Concilio [don Ingo Dollinger, amico del cardinale Joseph Ratzinger];
Una cattiva Messa [don Ingo Dollinger];
Un papa sotto il controllo di Satana [padre Malachi Martin, assistente personale del cardinale Augustin Bea].
Davanti allo scenario drammatico sopra delineato non stupisce la persecuzione che è stata mossa negli ultimi undici anni nei confronti della Tradizione, di ordini religiosi fedeli alla Tradizione e della forma della Messa legata alla Tradizione, né la scomunica che è stata inflitta a Sua Eccellenza monsignor Viganò. L’odio è rivolto alla Tradizione, perché è nella Tradizione che dimora la Verità, mentre Satana e i suoi servitori odiano la Verità. Se con la scomunica a monsignor Viganò si è consumata la prima fase della persecuzione, che ha coinvolto principalmente i consacrati, la fase successiva investirà indistintamente tutti i cattolici fedeli alla Tradizione, consacrati e laici.
Con mio rammarico devo riconoscere che sia papa Giovanni Paolo II sia papa Benedetto XVI commisero una grave ingiustizia nei confronti di tutto il popolo cattolico (e più in generale verso tutta l’umanità) e una disubbidienza nei confronti di Dio, scegliendo di non credere alle parole della Vergine Santa comunicate a Fatima. Entrambi infatti, pur conoscendo tutta la verità riguardo alle apparizioni di Fatima, preferirono passare sotto silenzio una parte considerevole di quello che la Madonna avrebbe voluto che il mondo sapesse. Dico questo con profondo dispiacere, perché ho avuto e ho in grande considerazione questi due pontefici, ma non posso non vedere l’errore che hanno commesso.
Ho trascorso la mia infanzia, fanciullezza e adolescenza sotto il pontificato di papa Giovanni Paolo II e la mia giovinezza sotto il pontificato di papa Benedetto XVI, e li ho amati sinceramente. Purtroppo le cose brutte e spiacevoli non spariscono per incanto, se si nascondono. Prima o poi esse riemergeranno e con esse bisognerà fare i conti. Quei due pontefici – postconciliari, ma speciali – attraverso la divulgazione dell’intero Terzo segreto avrebbero potuto accelerare il risveglio delle coscienze dei cattolici (i mezzi non mancano mai a un papa, anche qualora egli si venisse a trovare “circondato dai massoni” – così si espresse la dottoressa Wanda Półtawska riferendosi alla condizione di Giovanni Paolo II – e perfino in sede impedita), ma non lo hanno fatto. Anche se la divulgazione dell’integrale Terzo segreto tra gli anni Ottanta del secolo scorso e gli anni Duemila dell’attuale si sarebbe collocata fuori dal tempo massimo indicato dalla Vergine per la sua rivelazione (l’anno 1960), con la guida di quei due papi, seppure a prezzo di grandi sforzi e tra non pochi venti contrari, si sarebbe ancora riusciti ad invertire la rotta sbagliata impressa dal Concilio Vaticano II alla barca di Pietro.
Più volte monsignor Viganò, richiamando l’apostolo Paolo, ha ammonito: Deus non irridetur. Anche non prestare ascolto a Colei che è Figlia del Padre, Madre del Figlio e Sposa dello Spirito Santo e che è scesa più volte sulla Terra come ambasciatrice di Dio presso gli uomini, rappresenta una forma indiretta di irrisione del Creatore. Se non ci adopereremo nell’immediato con azioni coraggiose e radicali per combattere la falsa chiesa delle tenebre (beata Anna Katharina Emmerick), saranno lacrime di dolore per l’Italia, per l’Europa e per il mondo.
Leone Serenissimo