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La rinuncia di Benedetto XVI e il “mysterium iniquitatis”. Un’analisi sulla scia di Agostino

di Robert Lazu Kmita

Il libro di Giorgio Agamben Il mistero del male. Benedetto XVI e la fine dei tempi contiene un messaggio le cui implicazioni si osservano raramente in un’opera scritta da un accademico.

Uscito in Italia nel 2013, il piccolo volume di Giorgio Agamben è stato tradotto in inglese da Adam Kotsko e pubblicato quattro anni dopo, nel 2017. E non sorprende che il libro sia stato edito per il mondo anglosassone dalla Stanford University Press, dato che l’autore è conosciuto nei circoli accademici italiani come importante teorico politico e pensatore speculativo. Nel libro, Agamben propone una sostanziale interpretazione della crisi senza precedenti che ha portato alle dimissioni di Papa Benedetto XVI.

Molto è stato scritto e molto si è discusso sulla rinuncia di Joseph Ratzinger. Non c’è praticamente autore o gruppo di orientamento conservatore o tradizionale che non abbia una propria interpretazione a proposito di questo evento quasi senza precedenti. Ma perché dovremmo essere interessati alle opinioni di un intellettuale sofisticato, i cui autori preferiti – Simone Weil, Martin Heidegger, Walter Benjamin, Michel Foucault (solo per citarne alcuni) – lo indicano come un pensatore postmoderno? La risposta è che nel suo libro Agamben si rivela non solo come un intellettuale che ammira sinceramente papa Benedetto XVI, ma anche come un pensatore interessato – almeno nella sua piena maturità – ai grandi temi della teologia cristiana.

Inoltre, va segnalato che questo accademico ha rischiato la sua reputazione e la sua carriera per denunciare il corso degli eventi durante la pandemia Covid 19. Giorgio Agamben è infatti uno di coloro che hanno elaborato le analisi e le critiche più sostanziali sia nei confronti delle scelte politiche sia verso il comportamento di un pubblico disposto ad accettare una vita privata delle libertà più elementari. In particolare, egli ha denunciato la facilità con cui la maggior parte delle persone ha accettato una vita impoverita semplicemente “in nome di un rischio che non era possibile specificare”. I testi di Agamben hanno avuto una tale risonanza che è stato invitato a tenere un discorso davanti al Senato italiano. In breve, grazie al discernimento che ha dimostrato, si è rivelato uno dei pochi pensatori le cui interpretazioni non possono lasciarci indifferenti. Circa la posizione di Agamben sulla pandemia, ricordo l’eccellente articolo di Christopher A. Ferrara pubblicato da The Remnant [qui].

Torniamo ora al libro di Agamben sulle dimissioni di Benedetto XVI. Nello specifico, si tratta di un piccolo volume contenente due conferenze tenute dall’autore, una delle quali, intitolata Mysterium iniquitatis. La storia come mistero, è stata tenuta il 13 novembre 2012 all’Università di Friburgo (Svizzera) in occasione del conferimento del dottorato honoris causa in teologia. Accanto ai suoi testi, Agamben ha inserito in appendice quattro documenti: la dichiarazione di abdicazione di papa Celestino V, quella di papa Benedetto XVI, due frammenti della Regola di interpretazione dell’Apocalisse di Ticonio e infine un frammento – libro XX, capitolo 19 – del De civitate Dei contra paganos di sant’Agostino. Tutto ciò offre al lettore l’opportunità di riflettere sul passo più discusso delle epistole di san Paolo apostolo, ovvero la seconda Lettera ai Tessalonicesi, dove egli usa l’espressione mysterium iniquitatis (2,7).

Nel complesso, le lezioni e i testi raccolti nel libro mirano a stabilire il quadro di riferimento per un’interpretazione coerente di quel tremendo atto che è la rinuncia di papa Benedetto XVI. Suggerito ad Agamben dalla formazione del giovane Ratzinger, il quadro è quello della filosofia agostiniana della storia, sviluppata intorno allo straordinario testo e alle regole di interpretazione dell’Apocalisse proposte da Ticonio. Ma cos’ha di speciale questo testo?

Frutto di riflessioni sistematiche sull’Apocalisse di san Giovanni, l’interpretazione proposta da Ticonio identifica il mysterium iniquitatis con la crescita all’interno della Chiesa di una massa di cristiani impostori. In altre parole, si riferisce a coloro che, pur professando l’insegnamento cristiano con la bocca, lo rinnegano con le loro azioni, i loro comportamenti e la loro vita. Prima del giudizio finale associato alla seconda venuta di Cristo Salvatore, questa massa di impostori, avendo raggiunto un punto critico, si rivelerà insieme alla manifestazione dell’Anticristo, che secondo Ticonio emergerà dall’interno della Chiesa stessa.

Un dettaglio estremamente significativo, come ci mostra Agamben, è rappresentato dalla riflessione che papa Benedetto XVI ha dedicato a Ticonio – da lui definito un “grande teologo” – durante l’udienza generale del 22 aprile 2009. Appena due mesi prima di deporre il pallio sulla tomba di Celestino V, Benedetto XVI richiamò l’attenzione sull’interpretazione di Ticonio, secondo la quale all’interno della Chiesa c’è una parte, costituita da coloro che sono veramente fedeli ai suoi insegnamenti, appartenente a Cristo Salvatore, e una parte, costituita da tutti quei falsi cristiani che seguiranno l’Anticristo quando inizierà a proclamare le sue eresie, appartenente al demonio. In altre parole, si tratta di grano puro mescolato a zizzania all’interno di quello stesso campo che è la Chiesa. E verso la fine della storia, in quel periodo caratterizzato dalla manifestazione dell’Anticristo, avverrà la grande separazione: da una parte il resto fedele al Vangelo, dall’altra i suoi traditori, i falsi cristiani.

Evidentemente sopraffatto dalle conseguenze del gesto di Benedetto XVI e dai suoi possibili significati, Agamben si astiene dal trarre conclusioni definitive. Esitazioni e precauzioni – attenzione – sono dovute proprio al quadro agostiniano di interpretazione della storia, il quale esclude la possibilità di identificare definitivamente l’Anticristo. Perché? La ragione principale, secondo sant’Agostino, deriva dal seguente versetto del Vangelo di Marco:

Quanto a quel giorno e a quell’ora, nessuno li sa, neppure gli angeli del cielo, neppure il Figlio, ma solo il Padre (Marco 13:32).

Pertanto, se solo Dio Padre conosce l’ora della fine della storia, nessun uomo può identificare l’Anticristo – perché ciò implicherebbe anche la determinazione, sia pure approssimativa, dell’ora della seconda venuta di Dio Figlio, Gesù Cristo. Per questo motivo, sant’Agostino si astiene dal proporre interpretazioni “forti” sulla fine della storia, e Agamben lo segue.

Tuttavia, sul disvelamento del cosiddetto mysterium iniquitatis c’è un passaggio in cui Agamben fa affermazioni chiare, che sembrano suggerire una situazione davvero apocalittica per il mondo. Ecco il passaggio nella sua interezza:

Lo svelamento di questo mistero coincide con la manifestazione dell’inoperatività della legge e con l’illegittimità essenziale di ogni potere nel tempo messianico. (E, a quanto pare, questo è ciò che sta accadendo oggi sotto il nostro naso, quando i poteri dello Stato agiscono apertamente come al di fuori della legge. In questo senso, l’ánomos non rappresenta altro che il disvelamento dell’illegalità che oggi definisce ogni potere costituito, all’interno del quale Stato e terrorismo formano un unico sistema).

Alla luce di questa interpretazione, Agamben sostiene che anche la ragione delle dimissioni di Benedetto XVI è legata all’impossibilità oggettiva di manifestare la sua autorità pontificia attraverso l’applicazione della legge. In altre parole, poiché l’illegalità (l’equivalente della parola greca ánomos, aggettivo che caratterizza sia l’Anticristo sia coloro che lo seguono) è diventata dominante ed ha raggiunto proporzioni tali che i criminali (tra i quali i gerarchi cattolici, cardinali e vescovi, colpevoli di reati morali e sessuali) non possono essere puniti, siamo di fronte a uno stato di caos: le leggi basate sui dieci comandamenti e sul Vangelo non vengono più applicate. In questo contesto, ciò che papa Benedetto XVI ha fatto con le sue dimissioni è stato un atto estremo, volto ad attirare l’attenzione di “coloro che hanno occhi per vedere” su una situazione senza precedenti.

Spaventato dalle conseguenze della sua stessa interpretazione e consapevole dei rischi di tali affermazioni, Giorgio Agamben si è sforzato di mitigarne l’impatto:

Mi rendo conto che io stesso sto facendo delle congetture, simili a quelle di cui Agostino stigmatizza l’arroganza. Perciò sarà, se non più prudente, certamente più utile concentrarsi sulla struttura del tempo escatologico che è in questione nell’epistola.

Anche da questa affermazione del pensatore italiano possiamo imparare qualcosa. Vale a dire: i verdetti in materia di profezie ed escatologia devono essere emessi con grande, grandissima cautela. Come ho affermato in altri articoli, a parte le rivelazioni private di sicura origine soprannaturale, la piena conoscenza e comprensione di tali misteri è irraggiungibile. Per questo motivo dobbiamo rifiutare fermamente la moltitudine di false profezie, segni e interpretazioni attuali (Medjugorje compresa). Allo stesso tempo, però, non possiamo negare che la situazione attuale è una delle più caotiche mai viste nella storia. Per questo, con cautela e pazienza, dobbiamo rileggere i libri profetici dell’Antico e del Nuovo Testamento, esaminando – come fa Giorgio Agamben – le interpretazioni dei santi e dei dottori della Chiesa. Sono assolutamente certo che tutti gli eventi e i personaggi cruciali sono incisi nel tessuto stesso della nostra storia e si riflettono interamente anche nei libri profetici delle Sacre Scritture.

Fonte: remnantnewspaper.com

 

Aldo Maria Valli:
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