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Succede nella Polonia dell'”europeista” Tusk. Arresto e torture per padre Michal. In una lettera al papa la richiesta di intervento immediato per mettere fine all’ingiustizia

Si trova in carcere dal 26 marzo, nel disinteresse generale. È un sacerdote polacco, fermato e subito condannato dal tribunale distrettuale di Varsavia-Mokotów. Parliamo di padre Michal Olszewski, il cui avvocato, Krzysztof Wąsowski, denuncia che non c’erano motivi per l’arresto e che le accuse sono infondate.

La vicenda riguarda la costruzione del centro “Arcipelago. Isole libere da violenza”, struttura per le persone in situazioni economiche difficili e vittime di violenza e crimini, finanziata dal Fondo Giustizia gestito dal ministero della Giustizia polacco.

L’arresto di padre Olszewski è arrivato in seguito a una campagna mediatica di denigrazione del sacerdote. “Purtroppo – scrive Włodzimierz Rędzioch [qui], giornalista e scrittore polacco residente a Roma, che da mesi segue il caso del religioso – questo modo di agire contro padre Olszewski assomiglia ai vecchi metodi dei servizi segreti nella Polonia comunista che spesso fabbricavano falsi materiali per screditare il clero”.

Arrestato da agenti a viso coperto, lasciato per quasi tre giorni senza mangiare, privato della possibilità di andare in bagno e svegliato a ogni ora della notte. Questi i metodi usati contro il religioso, come se si trattasse di un pericoloso criminale.

Come spiega il suo avvocato, padre Michal è stato fermato nella casa della famiglia di uno dei dipendenti di Radio Profeto (emittente della Fondazione Profeto), dove si era fermato per la notte dopo aver celebrato fino a tardi (era la Settimana Santa). La televisione di Stato tuttavia ha riferito che il religioso era stato fermato in un hotel o addirittura in un centro estetico.

La Procura, denuncia il legale, in seguito “ha fatto di tutto per impedirmi di ottenere i fascicoli relativi alla vicenda”. Padre Michal è stato accusato di aver commesso un reato amministrativo e gestionale: abuso di potere da parte di pubblico ufficiale e aver recato danno nelle transazioni.

“La maggior parte delle accuse contro la Fondazione Profeto – spiega Włodzimierz Rędzioch – sono infondate. Le distorsioni mediatiche che le accompagnano indicano che non si tratta di stabilire la verità, ma di istituire un processo farsa”.

In sostanza, la principale accusa mossa dalla Procura a padre Olszewski è che la Fondazione Profeto, di cui il sacerdote è presidente, avrebbe partecipato a un concorso per un contributo economico assegnato dal ministero della Giustizia per la costruzione del centro di aiuto, ma senza averne i requisiti per mancanza di esperienza nella gestione di questo tipo di strutture. Parliamo di reati amministrativi tutti da dimostrare e che comunque non giustificano l’arresto e una lunga detenzione.

“La campagna mediatica per diffamare padre Olszewski – osserva l’avvocato – ha messo sotto pressione gli inquirenti per condizionare le loro decisioni”.

Secondo la ricostruzione di Włodzimierz Rędzioch, è legittimo il sospetto che la Procura, politicamente motivata, “voglia sottrarre alla fondazione cattolica il centro Arcipelago, già quasi ultimato, per cederlo a qualche fondazione o organizzazione con un profilo di sinistra o anticlericale”.

In seguito, all’inizio di giugno, quando stava per scadere il termine di tre mesi fissato per l’arresto preventivo, contro padre Olszewski è arrivata un’altra accusa: riciclaggio di denaro. Ma si tratta di accuse “assurde”, dice l’avvocato Krzysztof Wasowski. “Come si può riciclare denaro pulito? Si possono ripulire soltanto soldi sporchi. Se i soldi provengono dal Fondo Giustizia del ministero della Giustizia, come possono essere sporchi? L’amministratore del Fondo Giustizia, cioè il ministro della Giustizia, ha concluso un accordo legale con la Fondazione Profeto. La verità è che non c’è mai stato denaro sporco e padre Michał non ha intrapreso alcuna azione d riciclaggio”.

Purtroppo, spiega il legale, anche “il primo ministro Tusk ha utilizzato queste nuove accuse contro il sacerdote per motivi politici. Attraverso il portale X ha scritto che avremmo a che fare con riciclaggio di denaro. Ma la cosa che mi ha colpito è il fatto che le nuove accuse sono state annunciate prima dai media e poi dalla Procura. Si gonfia il caso tramite i media per giustificare la necessità di prolungare l’arresto di padre Olszewski”.

Il settimanale polacco Sieci [qui] ha descritto le torture subite dal religioso nelle prime sessanta ore dopo il suo arresto. “Metodi indegni di uno Stato di diritto” denuncia Vik van Brantegem in uno dei pochi articoli [qui] che in Italia si sono occupati della vicenda. “Metodi – aggiunge van Brantegem – che a tanti polacchi ricordano i tempi più bui della persecuzione del clero sotto il regime comunista. E tutto questo succede nella Polonia dell’europeista Donald Tusk, il quale, a suo dire, è impegnato nel ripristinare lo Stato di diritto”.

Il 19 luglio una lettera a favore del religioso polacco [qui] è stata inviata a papa Francesco. Firmata dal giornalista Wlodzimierz Redzioch assieme a decine di altre persone, denuncia “le pesantissime violazioni dei diritti e della dignità occorse in questi mesi a padre Michal Olszewski”, descrive le “condizioni indegne” in cui è tenuto (“chiuso in una piccola cella isolata di poco più di dieci metri quadrati, con un servizio igienico in vista e un materasso vecchio e puzzolente, costretto a spogliarsi a ogni ispezione a cui lo sottopongono quando cambia reparto, ad esempio per andare in cappella”) e termina chiedendo al papa “di intervenire a favore di padre Michal Olszewski, perché gli vengano riservati un giudizio equo e un trattamento più umano”.

Aggiunge Vik van Brantegem: “Urge che il ministero degli Esteri italiano convochi l’ambasciatore della Polonia in Italia e lo stesso faccia la Segreteria di Stato vaticana con l’ambasciatore polacco presso la Santa Sede, così da trasmettere una formale protesta per la violazione dei diritti umani nei confronti di padre Michał Olszewski e chiedere il suo immediato rilascio”.

Aldo Maria Valli:
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