Nella laica Francia, dove la religione può essere oltraggiata
Di fronte alla blasfemia contenuta nella cerimonia di inaugurazione dei giochi olimpici [ne ho parlato qui] alcuni lettori mi hanno chiesto se gli ideatori della cerimonia stessa non potrebbero essere perseguiti.
Se fra i lettori ci fosse un conoscitore del diritto costituzionale in vigore in Francia, in particolare per quanto riguarda la blasfemia, farebbe un servizio utile se volesse scrivermi a blogducinaltum@gmail.com
Interessante sarebbe anche un’analisi di diritto comparato sulle legislazioni in vigore nei principali Paesi occidentali.
Da quanto sono riuscito a ricostruire (ma ovviamente attendo correzioni e precisazioni) in Francia il reato di blasfemia, che esisteva nell’Ancién Regime, è caduto con la Rivoluzione.
Nel 1819 fu introdotta la cosiddetta legge Serre, che puniva l’oltraggio alla morale pubblica e religiosa, ma fu soppressa con la legge del 1881 sulla libertà di stampa.
Secondo la legge del 1881, criticare e perfino insultare una religione non è di per sé un crimine. Vietato è insultare i seguaci di una religione, atto che in base alla legge Pleven del 1972 (un emendamento alla legge del 1881) si può configurare come discriminazione, diffamazione o ingiuria. Questo testo specifica infatti che la legge francese punisce “i reati di ingiuria, diffamazione e provocazione all’odio, alla violenza o alla discriminazione basata sull’appartenenza o non appartenenza a una razza, etnia, nazione o religione”.
Sotto la Restaurazione, l’Impero e anche sotto Vichy ci furono tentativi di ripristinare il delitto di blasfemia, ma senza successo. E la legge del 9 dicembre 1905 sulla separazione tra Chiese e Stato non cambiò in alcun modo la situazione.
Di fatto l’insulto alla religione è tollerato, ma non quello ai credenti, o l’incitamento all’odio contro i credenti. La distinzione è piuttosto labile. A tale proposito si può citare il caso di Michel Houellebecq. Il romanziere, il quale dichiarò di odiare tutte le religioni ma che l’Islam era “la religione più stupida”, nel 2002 fu assolto dal tribunale di Parigi con la motivazione che aveva preso di mira la religione ma non i musulmani.
Circa la copertina di Charlie Hebdo con la frase “È difficile essere amati dagli idioti”, i giudici pronunciarono subito un verdetto di assoluzione, sostenendo che la vignetta non era contro i musulmani ma contro gli estremisti. Più difficile giudicare l’altra vignetta, che mostrava il profeta con un turbante a forma di bomba. Prendeva di mira la religione islamica o i singoli musulmani? In primo grado il tribunale penale si dichiarò per l’insulto alle persone di fede musulmana, ma la Corte d’appello di Parigi annullò la sentenza, ritenendo che ad essere presa di mira fosse stata la religione in generale e non i musulmani.
Nel caso in cui venga riconosciuto il reato di insulto, diffamazione, incitamento all’odio o alla discriminazione, il responsabile rischia un anno di reclusione e una multa di 45 mila euro.
In conclusione, in base al principio della libertà di espressione, considerato diritto fondamentale, non solo criticare ma anche oltraggiare una religione in Francia non è un reato.