Infallibile e anche indefettibile? Commento a “Pastor aeternus”. Per scoprire un’analogia tra modernisti, conservatori e sedevacantisti

di Robert Lazu Kmita

Da alcuni anni ormai resto sempre più sorpreso nel constatare che modernisti progressisti, conservatori iperpapalisti e sedevacantisti sostengono posizioni simili quando si tratta di interpretare gli insegnamenti della costituzione Pastor aeternus (1870) sull’infallibilità del Papa. Naturalmente, le loro ragioni sono diverse. Eppure, tutti sostengono la tesi secondo cui il papa, oltre a essere infallibile, è indefettibile. In altre parole, un papa in carica non può essere (o diventare) eretico.

Per comprendere queste posizioni, dobbiamo prima di tutto, in modo semplice e chiaro, riassumere il contenuto del dogma dell’infallibilità.

Esso ci dice che quando il Sommo Pontefice definisce ex cathedra un insegnamento riguardante la fede o la morale non può sbagliare. Un carisma speciale, dato alla Chiesa dal Signore Gesù Cristo stesso, protegge il Santo Padre da qualsiasi errore. Definito esplicitamente come dogma nella costituzione dogmatica Pastor aeternus, emanata nel contesto del Concilio Vaticano I sotto Pio IX nel 1870, questo insegnamento è stato definito come segue:

Perciò noi, mantenendoci fedeli alla tradizione ricevuta dai primordi della fede cristiana, per la gloria di Dio nostro Salvatore, per l’esaltazione della religione Cattolica e per la salvezza dei popoli cristiani, con l’approvazione del sacro Concilio proclamiamo e definiamo dogma rivelato da Dio che il Romano Pontefice, quando parla ex cathedra, cioè quando esercita il suo supremo ufficio di Pastore e di Dottore di tutti i cristiani, e in forza del suo supremo potere Apostolico definisce una dottrina circa la fede e i costumi, vincola tutta la Chiesa, per la divina assistenza a lui promessa nella persona del beato Pietro, gode di quell’infallibilità con cui il divino Redentore volle fosse corredata la sua Chiesa nel definire la dottrina intorno alla fede e ai costumi: pertanto tali definizioni del Romano Pontefice sono immutabili per se stesse, e non per il consenso della Chiesa.

Se qualcuno quindi avrà la presunzione di opporsi a questa Nostra definizione – Dio non voglia! – sia anatema.

Anche se ho incontrato cattolici che non lo accettano, la maggioranza conosce il dogma dell’infallibilità. Lo conoscono anche coloro che appartengono alla Chiesa scismatica orientale o alle comunità protestanti che, senza eccezioni, lo rifiutano. Per quanto riguarda noi cattolici, se si trattasse solo del carisma dell’infallibilità che si manifesta quando il Sommo Pontefice parla ex cathedra (cosa che accade molto raramente), non incontreremmo grandi difficoltà. Il problema è che la costituzione Pastor aeternus afferma ben altro. Sembra infatti sostenere la tesi che un papa non solo è infallibile, ma anche indefettibile. In altre parole, in materia di dottrina morale o dogmatica il papa non può mai sbagliare, in nessuna circostanza. Prendiamo in proposito il seguente frammento della costituzione Pastor aeternus:

Fu proprio questa dottrina apostolica che tutti i venerabili Padri abbracciarono e i santi Dottori ortodossi venerarono e seguirono, ben sapendo che questa Sede di San Pietro si mantiene sempre immune da ogni errore in forza della divina promessa fatta dal Signore, nostro Salvatore, al Principe dei suoi discepoli: “Io ho pregato per te, perché non venga meno la tua fede, e tu, una volta convertito, conferma i tuoi fratelli”.

L’affermazione è quanto meno strana, dato che un simile insegnamento, in realtà, è stato raramente sostenuto da teologi e dottori dell’epoca patristica e medievale (come san Massimo il Confessore). In ogni caso, a prescindere dalle discussioni storiche sull’argomento, mi interessano qui le conclusioni tratte da questa affermazione da ciascuno dei soggetti citati all’inizio dell’articolo.

I modernisti progressisti sono felici di ricordare questo insegnamento e di lottare per esso con tutte le loro energie, ma solo quando un papa afferma qualcosa che fa loro comodo. Al contrario, quando papa Paolo VI afferma che la contraccezione è “intrinsecamente malvagia”, non lo fanno più. Invece se papa Francesco afferma implicitamente che i divorziati e i risposati possono ricevere la comunione senza rinunciare al loro stato di adulterio, sono abbastanza contenti. E ovviamente saranno ancora più felici quando, attraverso qualche documento pontificio ben confezionato, verrà permesso l’uso di contraccettivi. Insomma, gli appartenenti a questa categoria fanno leva sull’insegnamento dell’infallibilità e dell’autorità del papa solo quando serve alla loro agenda. Gli insegnamenti di papa Francesco devono essere accettati e seguiti perché, secondo loro, la dottrina della Chiesa può essere cambiata in base al contesto storico. Certo, i progressisti faranno tutto il possibile per garantire che tali cambiamenti non appaiano in completa contraddizione con la dottrina precedente, in ogni caso i cambiamenti sono necessari. Dopo tutto, non viviamo più nel Medioevo ma nel mondo moderno, dove certe credenze e principi morali non possono più essere accettati. Questa è la loro opinione essenziale, storicista.

I conservatori, cioè coloro che sono grandi fan di papa Giovanni Paolo II e – soprattutto – di papa Benedetto XVI, sono di solito aderenti alla tesi conosciuta come Pighi-Bellarmino. Come sappiamo, questa tesi sostiene che un papa non può essere assolutamente eretico. Immorale forse, eretico mai. In altre parole, esiste una categoria di peccati che un papa non può commettere. Dio glielo impedisce. Alcuni conservatori arrivano a credere che il papa morirebbe all’istante se solo pensasse, in privato, a un’eresia. Comunque, la maggior parte di loro ritiene che una cosa del genere non sia possibile. Quindi cosa fanno quando leggono documenti come, per esempio, Amoris laetitia? Se un papa non può sbagliare né nel magistero straordinario né in quello ordinario, documenti pontifici quanto meno discutibili come Amoris laetitia e Fiducia supplicans devono essere interpretati in modo da mantenere la continuità con gli insegnamenti precedentemente espressi dal Magistero della Chiesa. Seguendo i suggerimenti di papa Benedetto XVI, i conservatori compiono vere e proprie acrobazie intellettuali, praticando una “ermeneutica della continuità” che non arriva mai a individuare la benché minima rottura tra gli insegnamenti tradizionali della Chiesa e quelli modernisti. Un po’ quello che succede quando papa Benedetto XVI nel Summorum Pontificum afferma (a torto) che la liturgia Novus Ordo è in continuità e complementarità con la liturgia cattolica Vetus Ordo. L’idea è che tra di esse non vi sia rottura: tutto è armonioso, ed entrambe possono essere conservate e celebrate senza alcun problema.

Infine, i sedevacantisti. I quali a loro volta accettano l’infallibilità accompagnata dall’indefettibilità. Come può dunque un papa essere eretico? Risposta: innanzitutto, nessuno dei pontefici che essi accusano di eresia (Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo II eccetera) è diventato eretico dopo essere stato eletto alla cattedra di Pietro, ma lo era prima di essere eletto. La conclusione è naturale: poiché un eretico non appartiene più alla Chiesa, un eretico posto sulla cattedra di Pietro non è papa. Pertanto, la cattedra è vacante. Solo quando un cardinale che accetta e professa l’intero insegnamento della Chiesa senza errori (cioè un cattolico “ortodosso”) sarà eletto al trono del pescatore, avremo veramente, di nuovo, un papa. Fino ad allora, siamo in una sorta di situazione provvisoria, come quando, dopo la morte di un pontefice, la Chiesa è senza il suo capo visibile fino a quando il Collegio cardinalizio non elegge il successore del defunto.

Personalmente, ritengo che un papa eretico sia comunque papa. Ed ecco perché.

Il primo argomento: dalla “potenza” all'”atto”

Gli insegnamenti mistagogici della Chiesa sui Sacramenti parlano in qualche modo “idealmente” dei loro effetti. In pratica, come vediamo nelle epistole dell’apostolo Paolo, i battezzati sono considerati e talvolta persino esplicitamente chiamati “santi”. Ma possiamo davvero considerarci santi in senso pieno e completo? Personalmente, non oserei affermare una cosa del genere per me, anche se mi piacerebbe essere un santo come Roberto Bellarmino (il patrono del mio nome), o i santi Dionigi l’Areopagita, Massimo il Confessore, Bonaventura, Giovanni della Croce e Francesco di Sales (i miei santi preferiti). Ma qual è la differenza tra noi, battezzati che abbiamo ricevuto la grazia santificante, e i grandi santi della storia della Chiesa? La risposta è semplice: attraverso i Santi Sacramenti – soprattutto il Battesimo, la Cresima e l’Eucaristia – tutti riceviamo potenzialmente le grazie della santità, ma solo alcuni attualizzano queste grazie per raggiungere quello che l’apostolo Paolo chiama “l’uomo perfetto” (Efesini 4,13).

In altre parole, in virtù del fatto che le grazie di Dio ricevute attraverso i Sacramenti sono effettivamente nascoste nel profondo della nostra anima, tutti i battezzati possono essere chiamati “santi”. Tuttavia, di solito evitiamo questo termine perché solo coloro che vivono veramente il Vangelo in modo eroico, rendendo attive queste grazie, meritano di essere chiamati santi. È come un esercito medievale: tutti i combattenti possono essere chiamati guerrieri, ma solo pochi sono eroi. Lo stesso succede con i papi: quando Pastor aeternus parla dei papi come se fossero indefettibili, indica l’estensione delle grazie che Dio concede a coloro che sono stati eletti sulla cattedra di Pietro, ma questo non significa che essi si elevino automaticamente al livello delle grazie concesse. Se il cardinale eletto come papa avesse fatto tutto il necessario per essere, al momento dell’elezione, “un uomo perfetto”, allora sì, sarebbe esattamente, come suggerisce Pastor aeternus, non solo infallibile ma quasi indefettibile. Altrimenti, così come le grazie ricevute attraverso la Santa Eucaristia non rendono automaticamente santo chi le riceve se non è già in stato di grazia, lo stesso vale per il cardinale che viene eletto papa. Al contrario, se è indegno (a causa dei suoi peccati, eresia compresa), si trova nella stessa condizione di chi riceve la Santa Comunione in modo indegno: Ciascuno, pertanto, esamini se stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna (1 Corinzi 11, 28-29). Allo stesso modo, chi diventa papa indegnamente “mangia e beve il la propria condanna”.

Come sappiamo bene dai numerosi scandali degli ultimi decenni, né la grazia del sacerdozio, né quella dell’episcopato, né tantomeno quella del pontificato rendono una persona impeccabile. Il papa può commettere tutti i peccati che può commettere qualsiasi altro cristiano, e non mi riferisco solo ai peccati morali. Per diventare veramente santo, chi occupa il soglio di Pietro deve fare tutto ciò che hanno fatto santi pastori come Pietro, Gregorio Magno o Pio V: difendere il tesoro della fede, difendere il tesoro liturgico della Chiesa, opporsi alle eresie e agli errori e, quando le circostanze lo richiedono, morire da martire. Altrimenti, senza azioni appropriate, le grazie, per quanto numerose e grandi, rimarranno una mera potenza inattuata.

Il secondo argomento: la metafora militare

Se guardiamo al mondo secolare, possiamo tracciare un limitato parallelo tra la gerarchia militare e quella ecclesiastica. Nel caso della prima, sappiamo che il tradimento non annulla automaticamente il grado dell’individuo in questione. Un generale che viene scoperto come spia del nemico non perde automaticamente il suo grado. Deve essere processato per dimostrare la sua colpevolezza. Solo allora potrà essere degradato e punito in proporzione alla gravità della sua colpa. Tuttavia, finché il processo non ha luogo, mantiene il suo grado e viene trattato di conseguenza, anche se il suo tradimento è già stato scoperto. Allo stesso modo, credo che ci siano serie ragioni pratiche per cui Dio permette a un papa eretico di rimanere in carica. Quali potrebbero essere queste ragioni? Innanzitutto, molti che non capiscono la situazione hanno ancora bisogno di un capo visibile. È meglio per un bambino sapere di avere un padre alcolizzato, piuttosto che non sapere mai chi fosse suo padre, non è vero? Ovviamente, è una situazione molto negativa. Ma ci permette comunque di distinguere tra un male minore e un male maggiore.

Misteriosamente, Dio non opera quasi mai da solo, ma attraverso e con il suo popolo fedele. Vuole mettere in evidenza quei suoi servi che si assumono eroicamente la responsabilità di opporsi ai gerarchi eretici. Secondo san Tommaso d’Aquino, maggiore è la differenza gerarchica tra colui che denuncia l’eretico e colui che viene denunciato, maggiori sono i meriti del minore. Il giovane Davide ebbe un merito molto maggiore nello sconfiggere Golia che se fosse stato un guerriero esperto e di maggiore età. Tuttavia, dobbiamo capire che è molto importante avere gerarchi che denunciano papi eretici. Allora ci diventa chiaro chi sono i veri pastori che possiamo seguire.

Un’argomentazione ispirata da san Francesco di Sales

Nel suo trattato intitolato Le controversie, san Francesco di Sales traccia un’analogia diretta tra la funzione del papa e quella del Sommo Sacerdote quando dice che “il Sommo Sacerdote di un tempo non era che il vicario e il luogotenente di Nostro Signore, come lo è il nostro”.  Quando ho letto questa affermazione del Santo Dottore di Ginevra, sono rimasto elettrizzato dalle sue implicazioni. Infatti, colui che condannò a morte il Salvatore Cristo fu il Sommo Sacerdote Caifa, il quale disse “meglio che muoia un solo uomo per il popolo e non perisca la nazione intera” (Giovanni 11:50). Così il Sommo Sacerdote dei Giudei condannò a morte il Figlio di Dio. Pur avendo commesso un atto così terribile, egli restò Sommo Sacerdote, niente di meno. Ma potrebbe un papa cristiano fare ciò che ha fatto Caifa? La risposta data dal Vangelo sembra essere positiva: il primo papa della storia, Pietro, rinnegò Gesù Cristo per tre volte. Quindi, perché nessun altro papa potrebbe fare qualcosa di simile – attraverso una o più eresie? Ma facendo una cosa del genere, sarebbe meno papa?

Non polemiche interminabili, ma preghiera

Tutte ciò che ho detto non è un invito a una nuova polemica, ma un invito alla riflessione e alla preghiera. Mi sono sentito in dovere di rispondere a tutti coloro che hanno discusso alcuni dei miei precedenti articoli.  Allo stesso tempo, sottolineo che sono pienamente consapevole delle enormi difficoltà sollevate da tali questioni. La più grande di tutte è quella che, ne sono sicuro, affligge la maggior parte di noi, sia che siamo conservatori, tradizionalisti moderati o sedevacantisti. Tutte le nostre spiegazioni non sono altro che tentativi di “digerire” una situazione incredibilmente difficile. È più facile credere che un papa non sia un papa, ma un impostore, che accettare un papa eretico e affrontare la domanda più difficile: perché Dio permette che accada una cosa del genere? La realtà è che tutte, ma proprio tutte le nostre virtù, e in particolare la Fede, la Speranza e l’Amore, sono gravemente scosse.

Siamo come gli apostoli la cui fragile barca – un povero guscio di noce – rischiava di affondare in mezzo alla tempesta sul mare di Galilea. Ovunque vediamo solo onde minacciose che ci sferzano senza pietà, giorno e notte. E la domanda che ci perseguita più spesso negli ultimi decenni è rimasta, fino ad oggi, senza risposta: “Signore, fino a quando?”. Ma la risposta non arriverà finché tutti noi, coloro che sono sinceramente consapevoli dell’esistenza del gigantesco tsunami che sta cercando di distruggere il mondo intero, non grideremo insieme, dal profondo del nostro cuore ferito, proprio come gli apostoli spaventati gridarono al Cristo Salvatore che dormiva nella barca: “Signore, salvaci, noi periamo!” (Matteo 8:25).

Quindi, più che un invito alla polemica e alla discussione, vi chiedo di accogliere il mio articolo come un invito alla preghiera. Perché nulla ci serve di più di Dio e della sua risposta, che sola può calmare le onde e i venti contrari.

Sancta Maria, stella maris, ora pro nobis!

 

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