di Paolo Gulisano
Aldo Maria Valli ha ricevuto numerose mail relative al mio articolo Caso Khelif: quando una buona causa usa armi sbagliate, sulla nota questione dell’atleta algerina [qui] e me ne ha trasmesse alcune.
Con piacere rispondo ai dubbi e alle richieste di chiarimenti.
1) L’organo internazionale di governo della boxe ha espulso Imane Khelif dalle gare in cui combattono le donne?
Risposta: no, non è stata espulsa. Era stata temporaneamente squalificata in attesa che i suoi valori di testosterone scendessero sotto i limiti.
2) Imane Khelif ha il cromosoma maschile XY?
Sì, ha il cromosoma XY, ma presenta anomalie cromosomiche che hanno determinato il suo fenotipo femminile. Non esiste una purezza cromosomica, anche se i fautori dell’eugenetica la pretenderebbero al fine di eliminare le persone “imperfette”, come ad esempio le persone con la sindrome di Down. Purtroppo ci sono difetti dei cromosomi che determinano condizioni particolari anche rispetto alle caratteristiche sessuali, come la sindrome di Turner o di Klinefelter
Passiamo alle osservazioni fatte da una lettrice che su Wikipedia ha letto che la Khelif da bambina giocava a calcio e doveva vendere rottami di ferro per pagarsi il biglietto del bus. Il gioco del calcio, com’è noto, è ormai largamente praticato anche a livello femminile, e in quanto al raccogliere rottami di ferro non mi sembra un segnale di maschilizzazione ma purtroppo una necessità determinata dalla povertà. In quanto alle fonti, assicuro la lettrice che mi sono documentato attentamente, e poi ho utilizzato la ragione: dal momento che nei Paesi musulmani, a differenza di quanto avviene nel decadente Occidente, non esiste la cosiddetta “transizione di genere”, ho intuito che la prima narrazione fake era quella che presentava l’atleta come transgender. Imane è nata femmina, valutata femmina per la totale assenza di organi sessuali maschili e cresciuta come tale. In quanto all’asserita “evidentissima struttura fisica maschile”, suggerisco di osservare attentamente le braccia e le spalle della Khelif: sono assolutamente femminili. Si confrontino con quelle delle sue avversarie e poi si guardino anche immagini di pugili maschi della sua categoria (66 kg). Si vedrà la differenza.
Un’altra missiva dice: “Proprio non me l’aspettavo da Paolo Gulisano un articolo così fuori misura, proprio da lui che è medico!”.
Caro lettore, deve sapere che il mio motto è “Non conformatevi alla mentalità di questo mondo”. La frase paolina è da sempre il mio metodo di confronto con la realtà, come ho ampiamente dimostrato nell’attività di medico e nei libri. Il motivo per cui ho scritto l’articolo l’ho chiarito fin dalle prime righe: si deve combattere per la verità, si deve contrastare l’ideologia gender fluid, ma con rigore scientifico, e senza forzature ideologiche. Vedere la Khelif dipinta come un mostro assetato di sangue e leggere che l’avversaria che avrebbe dovuto affrontarla sarebbe stata in pericolo di vita di fronte alle mazzate brutalmente maschili dell’algerina, era assolutamente ridicolo, ed è stato clamorosamente smentito dall’incontro successivo tra la Khelif e l’ungherese Anna Hamori. Consiglio di vedere il filmato del match, equilibratissimo e vinto dalla Khelif solo ai punti. L’ungherese è scesa dal ring integra, non in una maschera di sangue, e senza un osso rotto. Un incontro bello e leale tra due brave atlete. La “mascolinità” della Khelif riguarda i tratti somatici, ma non l’ha resa certo una sorta di belva umana o un killer del ring.
Mi è stato contestato anche l’accostamento col nuotatore Michael Phelps, ma non è ridicolo né arbitrario: la natura aveva certamente avvantaggiato Phelps, così aveva favorito Fausto Coppi con i suoi 48 battiti cardiaci al minuto, anche se poi il grande ciclista compromise questo dono con gli amorazzi clandestini e, sembra, anche col doping. Il lettore chiude la mail dicendo che ho preso una stecca clamorosa; ma non penso sia così. Sono abituato a muovermi su terreni molto, molto pericolosi, e penso di sapere come muovermi. E poi mi si consenta di sorridere quando il lettore scrive che “sotto sotto, penso che lei, Valli, se ne sia accorto…”. Qui penso di poterlo totalmente smentire. Non sono semplicemente un collaboratore di Duc in altum, ma sono legato ad Aldo Maria da una profonda e vera amicizia, e da quello che viene definito “idem sentire”.
Infine, una domanda che ancora una volta chiede chiarimenti sul fatto che una persona abbia cromosomi XY ma non organi sessuali maschili. Ripeto: esistono anomalie cromosomiche che determinano patologie di diverso tipo, chiamate malformazioni genetiche, anche molto più importanti di quella da cui è affetta la Khelif. Ciò che mi preoccupa di più non è tanto una medaglia olimpica assegnata giustamente o meno, ma il fatto che la mentalità eugenetica che si sta imponendo abbia come obiettivo l’eliminazione non delle malformazioni, ma delle persone con malformazioni. Se la Khelif, anziché essere concepita in un Paese come l’Algeria lo fosse stata in un Paese con “accurati” esami genetici prenatali, sarebbe stata abortita. Io mi sono battuto tutta la vita per la difesa della vita, anche delle persone con anomalie. Pertanto, assicuro tutti i lettori che il mio articolo non è stato conseguenza di un colpo di sole (non sono in vacanza ma al lavoro, come sempre) o da un “tradimento”. L’ho scritto in piena coerenza con le mie idee di sempre.