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Cattolici e psico-pandemia. Due atteggiamenti, una questione di fede

Domenica nella liturgia ambrosiana abbiamo letto brani della Lettera di san Paolo apostolo ai romani. E alcune parole mi hanno fatto pensare: “Dio ha dato loro uno spirito di torpore, occhi per non vedere
e orecchi per non sentire…”.

Difficile non riandare alla vicenda della cosiddetta pandemia (mi sembra più corretto definirla psico-pandemia) e dei cosiddetti “vaccini”. Difficile non interrogarsi.

Perché alcuni cattolici hanno subito contestato la narrativa dominante e le relative imposizioni mentre, al contrario, altri l’hanno fatta immediatamente propria? Che cosa ha determinato una diversità così netta?

Vediamo.

Per l’uomo di fede il vero uso illuminato della ragione non è quello accampato dai presunti illuminati. L’uomo di fede ritiene che solo la fede in Dio, coltivata mediante l’adesione alla retta dottrina, illumini la ragione permettendole di non finire schiava di sé stessa e quindi di trasformarsi in idolo. Ecco perché apprezza la scienza e ringrazia il buon Dio per questo dono, ma si guarda bene dall’averne una visione idolatrica. Di qui anche l’atteggiamento problematico circa i “vaccini” anti-Covid (l’uso delle virgolette è d’obbligo), nei quali ha subito visto, direi istintivamente, non una panacea da accettare a scatola chiusa, ma uno strumento da sottoporre ad accurata verifica mediante fides et ratio.

Intendiamoci. Nei confronti del mondo l’uomo di fede non è sospettoso per il solo gusto di esserlo o per dimostrare chissà quale superiorità. Semplicemente, sa che il mondo è segnato dal peccato. E sì, anche la scienza lo è. Sicché, se trascurasse questo elemento, per lui è indiscutibile, l’uomo di fede non sarebbe più tale, ma diventerebbe scientista, cioè farebbe un uso ideologico della scienza, trasformandola da mezzo a fine.

È significativo che nel caso del Covid alcuni cattolici per prima cosa non abbiano accettato di cedere al panico. Si sono tutti scambiati un messaggio rapidissimo al fine di adottare la medesima strategia? Macché. Semplicemente, ben sapendo che la paura è una grande alleata del demonio, hanno evitato di nutrirla e si sono messi a usare la ragione illuminata dalla fede. È così che hanno preso le distanze dalla narrazione dominante, secondo il metodo che a me piace definire degli apoti, ovvero di quelli che non se la bevono. E se l’uomo di fede non se la beve non è perché possiede la scienza infusa o si ritiene più in gamba degli altri, ma perché il suo punto di riferimento ultimo non è l’uomo, ma è Dio, è la legge divina.

Ma, se le cose stanno così, perché tanti cattolici hanno invece ceduto alla narrazione dominante fino a mitizzare il “vaccino” come soluzione taumaturgica?

Si dice spesso che quando si smette di credere in Dio si incomincia a credere a tutto. Mi sembra che nella vicenda che è andata sotto il nome di pandemia l’abbiamo potuto verificare puntualmente. Il vaccino, mitizzato, è diventato oggetto di devozione e adorazione. Le facoltà razionali, non illuminate dalla fede, hanno lasciato il posto a un cieco razionalismo e la visione realista della scienza è stata sostituita dallo scientismo. Ecco così che di fronte a una situazione critica (ricordo che etimologicamente la crisi ha a che fare con la scelta) abbiamo potuto vedere, al di là delle etichette, in che cosa le persone davvero credono e in che cosa davvero non credono.

Per certi cattolici constatare che il papa stesso si è dimostrato scientista (fino a spingersi a parlare della vaccinazione come di un atto d’amore) non ha fatto problema. Anzi, l’hanno ringraziato. Così come non hanno fatto problema le acquasantiere disseccate, il gel disinfettante sull’altare, i celebranti mascherati, il distanziamento sulle panche. Non solo hanno accettato tutto senza fiatare, ma sono diventati occhiuti controllori delle norme. Altri cattolici, invece, hanno vissuto tutto ciò come un abuso, qualcosa di intollerabile.

Nel mio personale percorso di cattolico che sta riscoprendo la Tradizione la psico-pandemia è stata di grande aiuto. Anche se mi ha procurato umana sofferenza per l’ostracismo che ho subito e l’ingiustizia a cui mi ha sottoposto, è stata provvidenziale per la crescita nella fede ed ha funzionato come una cartina al tornasole, un mezzo per vagliare e distinguere.

Ora qualche fratello nella fede mi dirà: proprio tipico di voi indietristi inaciditi voler sempre distinguervi per dividere e contrapporre; non sapete che cosa siano l’unità e l’obbedienza, razza di vipere!

Rispondo che a muovermi è la passione per la Verità, rispetto alla quale unità e obbedienza vengono dopo. Prendo semplicemente atto di come sono andate le cose e vedo che la diversità tra cattolici è nei fatti. La psico-pandemia l’ha dimostrato in modo chiarissimo. Certamente il diàbolos, colui che instancabilmente divide gettando qualcosa nel mezzo, ne è contento, ma non è questo un motivo per negare la realtà.

Carl Schmitt diceva che nelle situazioni eccezionali possiamo verificare chi comanda davvero. Direi che possiamo anche verificare in che cosa si crede per davvero. Sotto questo aspetto, gli anni della psico-pandemia, essendo stati, come in una guerra, anni vissuti all’insegna dell’eccezionalità, ci hanno rivelato molto.

 

Aldo Maria Valli:
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