Bergoglio e l’omosessualità / Perché il papa fa propri gli stereotipi dell’ideologia gay? Le risposte di uno psicoterapeuta: “In gioco c’è qualcosa di personale”

Cari amici di Duc in altum, oggi torniamo sull’atteggiamento di papa Francesco verso gli omosessuali e, più in generale, verso il mondo gay.

La domanda è la seguente: l’attenzione, la benevolenza e la condiscendenza che Jorge Mario Bergoglio mostra verso questo mondo sta a indicare che in gioco c’è per lui qualcosa di personale?

In Argentina persone che hanno conosciuto Bergoglio non esitano a rispondere affermativamente. È inoltre un dato di fatto che, nel corso della sua carriera, Bergoglio ha protetto sacerdoti accusati di abusi sessuali di ogni tipo. Basti citare i casi di padre Mario Grassi, che è in carcere come il vescovo Gustavo Zanchetta, o padre Rubén Pardo, morto di Aids.

Una delle costanti che si possono osservare nel suo comportamento è che gli è sempre piaciuto circondarsi di omosessuali, salvo mostrarsi molto duro verso chi, da omosessuale, all’interno della sua cerchia non si dimostra “fedele”.

Ora sull’atteggiamento del papa verso il mondo gay arriva un contributo autorevole. Lo firma lo psicologo e psicoterapeuta olandese Gerard J.M. van der Aardweg che fin dai tempi del dottorato conseguito nel 1967 presso l’Università di Amsterdam ha studiato l’omosessualità. Nei suoi testi van der Aardweg ha rifiutato la tesi dell’esistenza di una natura omosessuale innata, sostenendo invece che la scelta di questo tipo di comportamento ha origini ambientali, con due fattori determinanti: una qualche forma di carenza di ruolo dei genitori e, ancor di più, la mancata accettazione tra pari in età adolescenziale.

Nell’articolo [qui] intitolato What motivates Pope Francis’ attempts to normalize homosexual relationships? (Che cosa motiva i tentativi di papa Francesco di normalizzare le relazioni omosessuali?), il professor van der Aardweg sostiene che l’aperta promozione da parte di papa Francesco della narrativa secondo cui l’omosessualità è innata e moralmente accettabile – tesi contraria all’insegnamento cattolico sulla sessualità e la famiglia – suggerisce un allineamento con l’ideologia pro-gay che avrebbe origini profonde nella psiche di Bergoglio.

Qui propongo in italiano una sintesi del saggio del professore olandese.

*

Che cosa c’è all’origine del costante impegno del papa nel normalizzare le relazioni omosessuali?

Questa domanda è nella mente di molte persone confuse e perplesse, cattoliche e non. La questione va discussa apertamente, perché tutti hanno il diritto di sapere chi sono veramente i loro leader e cosa possono aspettarsi da loro. La risposta è importante anche in vista del prossimo conclave, perché può influire sulla scelta del successore.

Il punto di vista discusso in questo articolo è che la migliore spiegazione del motivo principale della politica e del comportamento complessivo del papa in relazione alla questione dell’omosessualità è che per lui c’è in gioco qualcosa di personale, cioè che egli stesso sperimenti una qualche forma di attrazione per lo stesso sesso. È così che è arrivato a identificarsi con l’ideologia del movimento omosessuale e a considerare una sua missione battersi per la “normalizzazione e la giustificazione” delle relazioni omosessuali nella Chiesa cattolica.

Facciamo una diagnosi psicologica, non rivolgiamo un’accusa. Notiamo prima di tutto che egli protegge gli omosessuali anche se sessualmente criminali, ed eleva le dubbie pretese di una piccola minoranza della popolazione al livello di preoccupazione centrale del suo pontificato, mentre trascura e danneggia gravemente i bisogni reali della famiglia fondata sul matrimonio. In secondo luogo, ci sono le osservazioni sul modo in cui persegue la sua politica a favore dell’omosessualità e sui tratti salienti della sua personalità. Difficile che un uomo eterosessuale possa identificarsi così completamente con la causa gay. Quando un politico eterosessuale, per opportunismo, promuove una tale causa non sopprime il suo senso morale, e nemmeno il suo buon senso, in modo così radicale, come fanno invece coloro per i quali è in gioco qualcosa di personale.

Limitandoci al sesso maschile, ricordiamo che i ragazzi attratti dallo stesso sesso sviluppano un fascino, un’ammirazione e un’adorazione per ciò che vedono come mascolinità o virilità in altri ragazzi e giovani uomini. Lo fanno in reazione a ciò che sentono come mancante in sé stessi, e per questo desiderano la loro amicizia e il loro affetto. Tale desiderio, che fa parte di un complesso di inferiorità di genere, è nevrotico, cioè ossessivo, quindi crea dipendenza e, se agito in fantasie o contatti solitari, è insaziabile. Le storie d’amore e le infatuazioni della pubertà finiscono presto in una vera e propria dipendenza dal sesso.

Per chi ha attrazione per lo stesso sesso il drammatico desiderio di cercare l’affetto maschile è travolgente. Diventa “il senso della mia vita”. Piuttosto che rinunciarvi, la persona dipendente rinuncerebbe a tutto il resto. Questo può accadere a maggior ragione quando la persona ha sperimentato quel tipo di contatto fisico, dicendosi che “questa è la mia natura”.

La tesi della “mia natura” è diffusa dall’ideologia gay con slogan diretti e indiretti sull’essere “nati così”, e al contempo denuncia l'”omofobia” come qualcosa di innaturale. Per l’ideologia gay i sentimenti di disagio nei confronti delle inclinazioni e dei comportamenti omosessuali deriverebbero da pregiudizi culturali e religiosi discriminanti. In realtà, tale disagio deriva dal senso comune e dal senso morale innato.

Normalizzando i sentimenti omosessuali e giustificando moralmente il comportamento omosessuale si inizia a giocare di ruolo, adottando un falso “sé”. Significa mentire a sé stessi, reprimendo il proprio senso morale e la propria coscienza che sono sempre consapevoli, forse nel profondo, della distinzione tra purezza e impurità sessuale. La repressione produce il bisogno di relativizzare o negare l’eterosessualità, il matrimonio fra uomo e donna e la famiglia normale, da cui il desiderio di convertire il mondo intero ad accettare l’uguaglianza della sessualità omosessuale.

Questa è appunto l’ideologia che il papa ha abbracciato fin dal suo insediamento a Roma, con uno zelo che non è secondo a quello di nessun sostenitore dell’ideologia gay. Ciò che ha già scritto o ordinato di scrivere nel 2014 nella Relazione intermedia del Sinodo dei vescovi per la famiglia è tipico della propaganda gay. Qualche esempio: “Gli omosessuali hanno doni e qualità da offrire alla comunità cristiana”; “Le nostre comunità sono in grado di… accettare il loro orientamento sessuale?”; “È necessaria una seria riflessione su come elaborare… approcci alla crescita affettiva [degli omosessuali] e alla maturazione nel Vangelo, integrando l’aspetto sessuale”.

E sulle “unioni omosessuali”: “Senza negare i problemi morali associati a [esse], ci sono casi in cui l’assistenza reciproca fino al sacrificio è un valido sostegno nella vita di queste persone”. Attenzione: non si tratta di cristiani che cercano di vivere castamente, ma di omosessuali praticanti che si auto-normalizzano. Ma tale distinzione non viene mai fatta. Le unioni omosessuali possono prosperare sull’amore reciproco e sacrificale, e la colpa dello scandalo di non averle “accolte” nella Chiesa è dei fedeli spietati.

Il rapporto ripete le due principali falsità al centro dell’ideologia della normalizzazione: 1) queste persone semplicemente “hanno” tale orientamento ed esso va bene moralmente; 2) queste persone sono vittime di discriminazione (ripudiate, non accettate, non considerate benvenute). Il linguaggio fatto proprio dal papa è tipicamente gay perché in modo subdolo, mai diretto, dà una rappresentazione fuorviante delle relazioni omosessuali ed esorta alla compassione verso le vittime di una presunta ingiustizia. In questo tipo di discorso gay-ideologico il papa è fin troppo impeccabile. E le sue parole gettano una luce anche sulle abituali condanne della “rigidità” di cui soffrirebbero i difensori della morale sessuale cristiana.

Sappiamo che a un giovane uomo, Juan Carlos Cruz, il papa ha detto: “Il fatto che tu sia gay non ha importanza. Dio ti ha fatto così ed è così che vuole che tu sia e non mi interessa altro… Devi essere felice di ciò che sei”.

Si tratta del consiglio più gay che un anziano in posizione di massima autorità morale possa dare a un giovane apparentemente insicuro, ed è anche il consiglio più irresponsabile. Dire “tu sei così”, “Dio ti ha fatto così”, suggerisce una causalità biologica che è un’assurdità scientifica. Per i cristiani seri dire “Dio ti vuole gay” è un’assurdità (oltre che una blasfemia), ma lo è anche per i non cristiani. Questo consiglio papale mostra molta più devozione alle falsità dell’ideologia gay che alla fede nel Dio dei cristiani. In questo modo il papa adatta la religione ai suoi sentimenti, cosa del resto tipica di molti omosessuali cristiani che si auto-normalizzano.

Ascoltando le parole rivolte a Juan Carlos, si può capire cosa intendesse il papa quando diceva che nelle decisioni si affida al suo “istinto e allo Spirito Santo” e non si basa sulla Scrittura, sulla Tradizione e sul Magistero.

“Devi essere felice di ciò che sei” è un’esortazione che nasce non da un genuino interesse per il benessere di un giovane, ma da una cecità ideologica nei confronti della deplorevole realtà del modo in cui vivono gli omosessuali. Invece di un paterno “non lasciarti ingannare, resisti a queste inclinazioni, io ti aiuterò”, il consiglio papale si riduce a qualcosa come “continua nella tua strada verso il basso, rovina la tua vita e sii felice”. Una persona gay di mezza età ha detto: “Guardando indietro, non riesco a capire perché pensavo che la vita gay fosse così dannatamente affascinante. È un mondo difficile e non lo augurerei al mio peggior nemico”. Ecco come dovrebbe parlare il papa, ma non lo fa.

E che dire dei “matrimoni gay” e delle “unioni cattoliche” con “assistenza reciproca fino al sacrificio”, sostenuti dal papa come ideale dignitoso? La conclusione dell’esperto Ronald Lee è: “Il movimento gay cristiano si basa su uno stratagemma tanto audace quanto disonesto”. Il suo “successo dipende dal camuffare la verità, che resta sempre nascosta”.

Il papa nega il senso morale innato e fa propria l’ideologia gay anche quando dice che chi si oppone alle sue controverse benedizioni delle unioni gay “appartengono a piccoli gruppi ideologici” e che la Chiesa d’Africa è “un caso speciale”, poiché “per loro l’omosessualità è qualcosa di brutto dal punto di vista culturale; non la tollerano”.

In realtà i “piccoli gruppi ideologici” comprendono la grande maggioranza dell’umanità, passata e presente. Inoltre, utilizzando il termine “ideologico” il papa proietta la propria mentalità sulla grande maggioranza che non può condividere la sua identificazione con l’ideologia gay, motivo per cui non può comprendere i loro sentimenti di resistenza e sentirsi come loro. E questo è proprio l’atteggiamento di chi sopprime il proprio senso morale, diventando ostile alla legge morale naturale. La verità è che il sesso omosessuale è percepito in tutte le culture come anormale e moralmente sbagliato o almeno dubbio.

I metodi papali per imporre il riconoscimento dell’omosessualità sono del tutto simili a quelli usati dal movimento omosessuale nel mondo secolare. Tra questi metodi ricordiamo: nominare persone gay – o almeno favorevoli all’omosessualità – in tutte le posizioni chiave dell’amministrazione di città, nazioni, organizzazioni internazionali, partiti politici, università, media; fare silenzio sui risultati di ricerche sgradite; evitare discussioni pubbliche oneste; diffondere mediante menzogne un indottrinamento fuorviante; intimidire con l’abuso di potere; infine elevare l’ideologia gay al livello di una religione di Stato laica con tanto di punizioni per i dissidenti.

Il papa non ha mai condotto uno studio approfondito sull’argomento, non ha mai favorito discussioni aperte e oneste, né ha annunciato apertamente le sue intenzioni. I suoi documenti sulla questione dell’omosessualità sono di basso livello intellettuale, i suoi slogan sono demagogia a buon mercato. E si è rifiutato di rispondere alle domande dei cardinali dei dubia, uomini eruditi e di grande integrità. Perché? Il punto è che egli non ha alcuna risposta. Nomina uomini gay e pro-gay in posizioni chiave, non tollera critiche e licenzia i dissidenti.

La compassione selettiva che predica è strettamente legata all’auto-vittimizzazione dei gay, e va di pari passo con l’indignazione e la rabbia nei confronti dei difensori della vera moralità. La compassione nei confronti degli omosessuali è in cima alla lista delle sue preoccupazioni per i sofferenti, mentre i tremendi bisogni nel campo del matrimonio e della famiglia sono per lui poco più di una nota a piè di pagina. I bisogni emotivi e spirituali delle persone sposate, una sana educazione sessuale, le conseguenze dei tassi di divorzio ancora in aumento, i figli del divorzio, l’odioso abuso infantile moderno della genitorialità e dell’adozione gay, i bisogni del 40-50% dei bambini nati fuori dal matrimonio; la piaga dell’aborto e del suicidio assistito: tutto ciò per lui merita meno attenzione delle presunte sofferenze degli omosessuali.

Un papa che sostiene l’accettazione delle unioni omosessuali inganna tutti coloro che, ingenuamente o meno, vogliono fidarsi di lui. E a fatica nasconde il suo interesse personale nella questione. I tratti salienti della sua personalità, infatti, non aiutano a dissipare questo sospetto.

C’è ormai consenso sulla predominanza della sua fame di potere e delle sue abitudini tiranniche. Questo tratto indica l’amore smodato per sé stessi e l’orgoglio, con la conseguente inibizione della capacità di amare e servire in modo maturo gli altri, compreso Dio. Questo tipo di personalità, segnato da un senso di superiorità, fa sì che il soggetto si affidi al suo “istinto”, in questo caso allo “Spirito Santo”, rinunciando alla Tradizione, alla Scrittura e al Magistero. Ma così si isola dagli altri, dagli amici e dai coetanei.

Radicata nell’adolescenza, in reazione a frustrazioni e squilibri emotivi, la smodata fiducia in sé stessi mantiene in vita l’egocentrismo e l’egoismo puberale e la mancanza di interesse e sentimento per gli altri. Di fronte ai suoi pari e al mondo, il soggetto mostra una particolare freddezza, tipica dell’adolescente del passato che continua a sentirsi superiore.

Un ex direttore messicano di un portale cattolico in lingua spagnola, che ha lavorato con il papa durante il primo decennio del secolo, ha illustrato questo tratto in una lettera aperta al papa all’inizio del suo pontificato:

Quando l’ho incontrata per la prima volta, e lei era ancora il cardinale Bergoglio, mi ha colpito e stupito il fatto che lei non facesse mai come gli altri cardinali e vescovi. Alcuni esempi: quando tutti i vescovi si presentavano in talare e paramenti clericali perché le regole della riunione lo richiedevano, lei si presentava in clergyman e colletto da prete. Quando tutti prendevano posto sulle sedie riservate ai vescovi e ai cardinali, lei lasciava vuota la sedia del cardinale Bergoglio e si sedeva in fondo, dicendo: “Qui sto bene, qui mi sento più a mio agio”. Quando gli altri arrivavano in auto nel rispetto della loro dignità, lei entrava in ritardo, frettoloso e infastidito, parlando a voce alta degli incontri fatti nel mezzo pubblico di cui aveva preferito servirsi. Quando ho visto queste cose – mi vergogno a dirlo – mi sono detto: “Ma guarda come vuole attirare l’attenzione! Se volesse davvero essere umile e modesto non potrebbe comportarsi come tutti gli altri vescovi e non attirare l’attenzione su di sé?”.

La sua ostentazione nel voler essere diverso e speciale insulta i suoi pari, i suoi “coetanei”, dai quali si tiene provocatoriamente a distanza. Conferma il quadro l’insensibilità che dimostra nei suoi commenti offensivi e privi di rispetto nei confronti di visitatori animati da buone intenzioni (come quando chiama “vecchie zitelle” le donne non sposate, dà del “coniglio” una donna coraggiosa che, nonostante i difficili parti cesarei, ha dato alla luce molti bambini, definisce “fanatici e ossessivi” gli attivisti pro-vita eccetera). E va notato che il papa non prova vergogna e non si scusa mai.

Ormai il suo secondo tratto saliente, l’inaffidabilità, è diventato evidente. Numerose persone sono state ingannate dalle sue parole e dai suoi gesti apparentemente ortodossi, ma che in realtà vanno contro la fede e la morale. La menzogna e la doppiezza in lui sono croniche.

Nel profilo degli omosessuali attivi e auto-normalizzanti l’inaffidabilità e la menzogna sono tratti comuni. Molti mentono a sé stessi e agli altri con le parole e i comportamenti. L'”amore” gay e il mondo gay sono permeati di menzogne e imbrogli, perché in realtà non prosperano sull’amore ma sulla dipendenza dall’amore per sé stessi, e la menzogna ne è una manifestazione.

La fame di potere manifestata dal papa suggerisce che la dipendenza dalla ricerca immatura di sé fosse già sviluppata molto prima che iniziasse a stravolgere apertamente la religione cattolica. Insincerità e menzogna segnalano la mancanza di quel coraggio virile che non evita il confronto diretto. In definitiva, a giudicare dal comportamento, il quadro della sua personalità è coerente con quello degli attivisti politici gay auto-normalizzanti, così come con il profilo dei preti omosessuali auto-normalizzanti e auto-giustificanti.

Lo zelo del papa nel legalizzare le unioni omosessuali è supportato da una serie di osservazioni appartenenti alla categoria delle prove indiziarie. E nel complesso esse portano a concludere che l’esistenza di prove più dirette sia abbastanza probabile.

Fonte: lifesitenews

Tutte le note sono disponibili nell’originale inglese dell’articolo [qui].

I miei ultimi libri

Sei un lettore di Duc in altum? Ti piace questo blog? Pensi che sia utile? Se vuoi sostenerlo, puoi fare una donazione utilizzando questo IBAN:

IT64Z0200820500000400192457
BIC/SWIFT: UNCRITM1D09
Beneficiario: Aldo Maria Valli
Causale: donazione volontaria per blog Duc in altum

Grazie!