Cari amici di Duc in altum, ovunque voi siate in questi giorni, vi invito a leggere una storia vera: la vita e il sacrificio di Luis Navarro Origel, conosciuto come il primo Cristero nel Messico del regime anticattolico del presidente Calles.
Al grido di ¡Viva Cristo Rey! la rivolta dei Cristeros avvenne tra il 1926 e il 1929. Sulle bandiere c’era l’effigie della Madonna di Guadalupe. I combattenti erano contadini, allevatori, professionisti, impiegati, studenti. Molti di loro lasciarono le famiglie per diventare soldati.
“Difendere con le armi in mano la completa libertà religiosa del Messico. Se osserverò questo giuramento, che Dio mi premi, se mancherò, che Dio mi punisca”: così giuravano i Cristeros.
Una vicenda, quella di Luis Navarro e dei suoi compagni, che a distanza di un secolo ha molto da insegnare a tutti noi.
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di Theresa Marie Moreau
28 settembre 1926: nella città messicana di Penjamo, intorno alle otto del mattino, esplodono colpi di arma da fuoco che continuano a rimbombare per tutta l’ora successiva.
Senza preavviso, è iniziata la guerra cristera.
Il giorno dopo, un Luis Navarro Origel spettinato ed esausto si presenta all’improvviso sulla soglia della casa che condivide con la moglie e i cinque figli piccoli, che al suo arrivo si aggrappano alle gambe del papà e lo accolgono felici.
“Sappiamo che le forse governative stanno arrivando. Cosa farete?” chiede la moglie terrorizzata, mentre lui si infila i pantaloni da equitazione e prende un binocolo.
“Andremo in montagna”, spiega il marito, porgendole del denaro. “Tieni questi soldi fuori dalla casa, perché se la bruceranno ne avrai abbastanza per mangiare il giorno dopo”.
Sulla soglia, lei gli si aggrappa in un abbraccio, e anche i bambini – Ignacio, Guadalupe, Carmen, Margarita e Rafael – si tengono stretti al padre.
“Quando ci rivedremo?”.
“Non qui, Carmela. Ci vedremo in paradiso”, risponde l’uomo con grande serenità.
Un ultimo bacio. Un ultimo sguardo. Si stacca, monta a cavallo e parte al galoppo, alzando zolle di terra, mentre la sua famigliola lo guarda dalla soglia, finché non riesce più a vederlo. E, da vivo, non lo rivedrà più.
Sebbene i cavi telegrafici e telefonici locali fossero stati tagliati, separando Penjamo dalla civiltà, ciò non impedì alla notizia di diffondersi da quella polverosa cittadina dello stato di Guanajuato al resto della nazione, dal confine settentrionale a quello meridionale, dalla Sierra Madre Occidentale alla Sierra Madre Orientale.
“Luis Navarro Origel ce l’ha fatta! Penjamo è stata presa da Luis Navarro Origel!”. I cattolici esultarono.
In un solo giorno, quella rivolta cambiò tutto. Una reazione, dopo anni di brutale tirannia in un regno del terrore che schiacciava i cattolici sotto il pugno sanguinario dei sempre mutevoli regimi rivoluzionari governati dai caudillos, classe criminale ascesa al potere con la forza e la violenza.
Ora, finalmente, la speranza. Finalmente qualcuno si era opposto. E quel qualcuno era lui: Luis Navarro Origel.
Nato il 15 febbraio 1897 da Guadalupe Origel Gutiérrez e Bardomiano Navarro Navarro (1859-1919), Luis era l’ottavo di quindici figli, in una famiglia operosa e di successo. Viveva felicemente e comodamente in una casa pulita e spaziosa, con un cortile centrale pieno di felci, fiori e alberi, abbracciato da una loggia che risuonava del canto dei canarini. La famiglia, che controllava tre grandi fattorie a sud di Penjamo – El San José de Maravilla, El Guayabo de Origel, El Tepetate de Navarro – lavorava i fertili campi giorno dopo giorno, con raccolti abbondanti e granai stracolmi.
Bambino dedito alla preghiera, Luis in tenera età studia e memorizza il Catecismo de los Padres Ripalda y Astete, per prepararsi alla prima confessione che fa, prostrato, ai piedi del sacerdote, e alla prima comunione, all’età di sei anni. Quando è pronto a intraprendere gli studi, i genitori lo iscrivono alla scuola fondata da padre Cristoforo Guevara. Sostenuto fin dalla giovane età da ottimi risultati intellettuali, Luis esprime il desiderio di trasferirsi al seminario minore di Morelia, nello stato di Michoacan, dove già studia suo fratello maggiore, Ignacio.
Il padre di Luis, sollecitato a dare il permesso, acconsente e iscrive il figlio, all’età di dodici anni, nel 1909.
Un anno dopo – con la promulgazione del Piano di San Luis Potosi, redatto da Francisco Ignacio Madero Gonzalez (1873-1913), che si è fatto strada verso il potere a colpi di pistola costringendo il presidente José de la Cruz Porfirio Diaz (1830-1915) ad abdicare – il 20 novembre 1910 si scatena la Rivoluzione messicana.
Lentamente, costantemente, il Paese si inabissa. Con la rivoluzione ecco una società desolata, sprofondata in un’età oscura, una creatura strisciante e malvagia uscita dal grembo parigino della Bastiglia durante il parto violento e sanguinoso del 14 luglio 1789. La sua ideologia perversa (statalismo e collettivismo, contro la Chiesa e la persona) si diffonde dal Vecchio al Nuovo Mondo, scatenandosi in una forza selvaggia desiderosa di annientare la feconda civiltà sbocciata nella cristianità, fondamento del mondo occidentale.
Propagandato per decenni per incitare alla ribellione, al caos e all’odio tra classi, razze, sessi, ideologie e persino membri della stessa famiglia, il socialismo in Messico trova una casa accogliente e confortevole.
Ogni rivoluzione degna di questo nome in termini di sangue è solitamente accompagnata da richieste di riforma agraria, e il Messico non fa eccezione. Il Movimento agrario di massa, iniziato con il Piano di Ayala, redatto da Emiliano Zapata Salazar (1879-1919) e proclamato per la prima volta il 28 novembre 1911, si batte per il collettivismo, con la confisca e la nazionalizzazione delle imprese e delle proprietà private, che includono quelle ecclesiastiche e le haciendas, enormi proprietà terriere possedute da messicani facoltosi o da europei e dai loro discendenti creoli, in genere senza una precisa posizione politica.
Per garantire l’attuazione della riforma agraria, i rivoluzionari chiamano a raccolta le loro truppe dalle campagne: gli agraristas, socialisti rurali che, ricorrendo a violenze e uccisioni, espropriano le terre e credono a chi ha loro promessa che le riceveranno in dotazione dopo averle sottratte ai legittimi proprietari.
I potenti aizzano i loro tirapiedi per rubare terre e oggetti di valore ai proprietari terrieri, etichettati come nemici di classe e di razza. Il modello è sempre lo stesso: come i bolscevichi contro i kulaki nell’Unione delle repubbliche socialiste sovietiche e i comunisti contro i proprietari terrieri, con persecuzione e morte, nella Repubblica popolare cinese.
Rubando terre, bestiame, raccolti, tesori, impoverendo la gente e sfruttando risorse non sue, la Giunta agrarista, che sventola bandiere rosse ed è sostenuta dai signori della guerra, devasta le campagne. I soldati della Rivoluzione, malfattori in uniforme, fanno terra bruciata delle haciendas riempiendosi la pancia e le tasche. Ciò che non possono trasportare lo distruggono. E chiunque sia ritenuto nemico della fazione rivoluzionaria al potere viene spesso giustiziato sul posto, senza prove, senza processo.
Una settimana dopo aver compiuto sedici anni, Luis Navarro sta ancora studiando nel seminario minore quando Madero – che ha acceso la Rivoluzione per spodestare Diaz – viene rovesciato e poi assassinato tre giorni dopo, il 22 febbraio 1913, in seguito al colpo di Stato noto come i Dieci giorni tragici, guidato da José Victoriano Huerta Marquez (1850-1916), a sua volta un usurpatore e a sua volta rovesciato, il 15 luglio 1914, da una fazione rivoluzionaria avversaria guidata da José Venustiano Carranza de la Garza (1859-1920).
Con l’ascesa di Carranza – un ferrovecchio nelle mani insanguinate degli anticlericali – la Rivoluzione continua il percorso di distruzione nel tentativo di imporre la sua ideologia sociopatica alle masse, soprattutto ai cattolici. Le truppe militari, reclutate tra i più efferati criminali, terrorizzano il popolo mentree i socialisti – l’autoproclamata élite intellettuale – vedono nella maggioranza dei messicani – operai e contadini poveri – solo fanatici religiosi e analfabeti, bisognosi di essere purificati dalle loro credenze superstiziose ereditate dai colonizzatori e oppressori europei. L’Uomo Vecchio deve essere distrutto per lasciare spazio all’Uomo Nuovo e le vecchie abitudini devono essere violentemente sradicate a opera dei progressisti, l’élite all’avanguardia, impegnata a costringere la società a passare dal capitalismo all’utopia socialista.
Per colpire la Chiesa pietra dopo pietra e diminuirne l’influenza, il regime si appropria dei beni ecclesiastici, che vanno ad arricchire i patrimoni dei potenti al governo. Chiese, canoniche, conventi, monasteri, seminari, orfanotrofi, ospedali, cliniche, case di cura e di riposo, scuole parrocchiali: tutto finisce nel mirino dei rivoluzionari.
Non fa eccezione il seminario di Morelia, dove Navarro negli anni è cresciuto intellettualmente, superando tutti gli altri studenti nelle lezioni di filosofia, e dove si è sforzato di perfezionare la sua vita spirituale interiore attraverso l’abnegazione, la moderazione, l’esame di coscienza quotidiano, la Comunione quotidiana, la meditazione. Tutto per affinare la sua volontà, la più alta facoltà umana.
Nel 1914, i rivoluzionari – in realtà utili idioti e folle impazzite – arrivano al seminario e lo saccheggino. Il rettore, padre Francisco Banegas Galvan (1867-1932) e gli altri vertici decidono di non opporre resistenza alla violenta aggressione e Navarro assiste impotente alla distruzione e al furto di preziosi arredi, opere rare della biblioteca e delicati strumenti del laboratorio di scienze.
Tutto viene devastato. In un solo giorno beni e autentici tesori, raccolti nei secoli con grandi sacrifici, sono distrutti.
Il seminario viene chiuso e Luis Navarro non ha altra scelta che tornare a casa, a Penjamo, per trascorrere l’inverno con la sua famiglia, la cui residenza e la cui attività agricola erano state anch’esse attaccate dai rivoluzionari. La casa saccheggiata. I campi distrutti. I granai svuotati. Una devastazione totale.
Ma in mezzo alle tenebre, una luce. Come ha già fatto altre volte, il diciassettenne Luis va a trovare un compagno di seminario, Leopoldo Alfaro Madrigal, che vive non lontano, a Irapuato. E lì si innamora di una delle cinque sorelle del suo amico: Carmen Alfaro Madrigal, timida e dolce ragazza di quattordici anni.
Dato che i seminaristi sono stati violentemente allontanati dalla loro residenza, per l’ultimo anno di studi Luis prende alloggio presso una famiglia cattolica. La sua stanza è grande, tappezzata, con un inginocchiatoio imbottito dove può recitare il suo rosario quotidiano. La famiglia ha una cappella privata con un altare ornato dai fiori raccolti nel giardino del patio. Ogni mattina, svegliandosi presto, Luis assiste alla messa e riceve la Comunione prima delle lezioni, che si tengono in segreto ovunque sia possibile: in capanne, in mezzo ai campi, all’ombra degli alberi.
A causa del sentimento anticlericale diffuso dai socialisti, i sacerdoti si nascondono, gettano la tonaca e indossano abiti comuni. Ma spesso finiscono comunque vittime della violenza, come padre David Galvan Bermudez (1881-1915), giustiziato il 30 gennaio 1915, dopo essere stato arrestato con l’accusa di aver assistito spiritualmente i soldati feriti durante una battaglia tra opposte fazioni rivoluzionarie a Guadalajara.
Giovane uomo, Luis Navarro fa i conti con la dissolutezza favorita dall’ideologia dominante, che condanna il sacro vincolo del matrimonio tradizionale in quanto istituzione borghese, pensata per l’oppressione di classe, e denuncia l’intimità coniugale monogamica nella coppia, insegnata dalla Chiesa, come aspetto oppressivo e feudale voluto da una società patriarcale e capitalistica.
Luis, ora diciottenne, ha deliberatamente scelto e accolto l’amore nella castità, esprimendo i suoi desideri maturi in una dolce corrispondenza con Carmen. Scrive: “Mia amata, abbiamo un’immensa garanzia: ci amiamo con tutta l’anima e abbiamo consacrato il nostro amore al nostro Creatore, al nostro amabilissimo Redentore”.
Al termine degli studi in filosofia, dato il suo altissimo rendimento accademico, gli ex superiori gli offrono assistenza perché possa intraprendere qualsiasi carriera civile di sua scelta. Luis è incerto, Tra le opzioni, ci sono anche gli studi per il sacerdozio. Le sue sorelle maggiori – Margarita, Guadalupe e Concepción – hanno avuto vocazioni religiose e frequentano il Collegio Teresiano di Santa Maria de Guadalupe, a Morelia.
Bisogna prendere una decisione. Per fare chiarezza, nell’ottobre 1916 Luis partecipa a un ritiro basato sugli esercizi spirituali di sant’Ignazio di Loyola (nato Inigo Lopez de Onaz y Loyola, 1491-1556), diretto da padre Luis María Martínez y Rodriguez (1881-1956), vicerettore del seminario. I ritiri ignaziani sono un tempo di discernimento silenzioso. Nella prima parte si esamina il proprio passato e poi c’è una confessione generale. La seconda parte si concentra sul piano d’azione per il futuro. Tra una meditazione e l’altra, i partecipanti pregano e meditano in privato, e non è insolito che ci si sottoponga a un’angosciante lotta interiore.
Il 26 ottobre Luis Navarro affronta un’intensa battaglia interiore che lo ha completamente sopraffatto. Ma quando la lotta spirituale si placa, la sua mente è calma. “Oggi – scrive nel suo diario – è stato uno dei giorni peggiori e uno dei più felici della mia vita. Oggi ho fatto un passo decisivo nel cammino della mia vita, dopo un combattimento durato tutto il giorno, con mille indecisioni che mi hanno fatto morire d’angoscia”.
La decisione è presa: santificare il suo stato di vita con il matrimonio e adempiere ai suoi doveri di figlio tornando a casa, dalla sua famiglia. Quindi continuare il loro lavoro, nei campi, cercando di ripristinare ciò che è stato distrutto dai rivoluzionari.
Ma la Rivoluzione e i suoi maniaci manipolatori continuano a imperversare. Con il nuovo regime arriva anche una nuova costituzione, la Costituzione politica degli Stati uniti messicani, imposta illegalmente con la forza, il 5 febbraio 1917, da una fazione militare. Concepita e scritta non solo per attribuire l’autorità di Dio allo Stato, ma anche per accaparrarsi un maggiore controllo sulle masse, la Costituzione intende rompere completamente il legame che i fedeli hanno con la Chiesa.
Il Partito liberale costituzionalista di Carranza, come altri partiti rivoluzionari di ispirazione socialista, vuole distruggere la persona e imporre la volontà dello Stato.
Ma il giovane Luis Navarro non lascia che il caos rovini i suoi piani per il futuro. Il 5 maggio 1917 sposa Carmen, nella città natale di lei, Irapuato. Per la loro luna di miele, vanno a Città del Messico in treno. Scelta pericolosa, perché la rete ferroviaria non è sottoposta a manutenzione e spesso i banditi attaccano i convogli.
Puntualmente, il treno su cui viaggia la coppia viene attaccato, ma Luis riesce a difendere i passeggeri.
Quando la coppia appena benedetta arriva in albergo, Navarro dice alla sua sposa: “Voglio chiederti, come Tobias e Sarah, di mantenere qualche giorno di castità”.
Tornati a Penjamo, marito e moglie si adoperano per rimediare al saccheggio degli invasori rivoluzionari, ma ben presto l’intera famiglia deve rifugiarsi a Irapuato: troppo frequenti le incursioni nella proprietà da parte delle bande di uno dei più temibili e violenti rivoluzionari, il generale José Ines García Chavez (1889-1919), uno psicopatico che per la sua folle crudeltà e le torture inflitte a uomini, donne e persino bambini è noto come “Attila del Bajio”.
A Irapuato, Luis Navarro avvia diverse attività commerciali con il fratello maggiore Ignacio, ma senza successo. Il 18 luglio 1918 nasce il primogenito Ignacio, soprannominato “Nachito”, ma contemporaneamente il padre di Luis è colpito da ictus. La famiglia torna a Penjamo e Luis si dedica all’apicoltura, all’epoca agli albori. Legge, studia, sperimenta. Per due volte fallisce, ma alla fine riesce a creare duecento colonie. Contemporaneamente adotta tecniche moderne per coltivare con successo la terra e allevare il bestiame.
Dotato di carattere felice, Luis assapora le gioie della vita con la sua giovane famiglia. Ha una passione per la lettura e la riflessione. Nel poco tempo libero, di notte, legge i suoi preferiti, due grandi mistici: santa Teresa d’Avila (nata Teresa Sanchez de Cepeda Davila y Ahumada, 1515-1582) e san Giovanni della Croce (nato Juan de Yepes y Alvarez, 1542-91). Con loro si forma nella vita ascetica e nella rigorosa autodisciplina, per seguire la volontà di Dio e i precetti della Chiesa.
Ma un altro terremoto politico scuote il Messico.
Carranza tenta di modificare gli articoli anticattolici della Costituzione del 1917, ma le sue proposte di emendamento vengono respinte a gran voce da due giovani emergenti: Alvaro Obregon Salido (1880-1928) e Plutarco Elias Calles (nato Francisco Plutarco Elias Campuzano, 1877-1945). Quando Carranza si rifiuta di applicare gli statuti anticlericali, viene avvertito: se continuerà a ignorarli, ne affronterà le conseguenze. E il 21 maggio 1920, alle quattro del mattino, succede l’inevitabile. A Tlaxcalantongo, dove si è rifugiato tra le montagne della Sierra Norte de Puebla, trenta proiettili vengono esplosi contro Carranza attraverso le sottili pareti della capanna in cui dorme. Sei lo raggiungono e lo uccidono. Durante l’assalto muoiono altre otto persone.
Tra i vestiti insanguinati di Carranza viene trovata una medaglia della Vergine Maria con la seguente iscrizione: “Madre mia, salvami”.
1.continua
Fonte: remnantnewspaper