Storia di un cattolico. 2 / Luis Navarro, il primo Cristero

Cari amici di Duc in altum, ovunque voi siate in questi giorni, vi invito a leggere una storia vera: la vita e il sacrificio di Luis Navarro Origel, conosciuto come il primo Cristero nel Messico del regime anticattolico del presidente Calles.

Al grido di ¡Viva Cristo Rey! la rivolta dei Cristeros avvenne tra il 1926 e il 1929. Sulle bandiere c’era l’effigie della Madonna di Guadalupe. I combattenti erano contadini, allevatori, professionisti, impiegati, studenti. Molti di loro lasciarono le famiglie per diventare soldati.

“Difendere con le armi in mano la completa libertà religiosa del Messico. Se osserverò questo giuramento, che Dio mi premi, se mancherò, che Dio mi punisca”: così giuravano i Cristeros.

Una vicenda, quella di Luis Navarro e dei suoi compagni, che a distanza di un secolo ha molto da insegnare a tutti noi.

Oggi la seconda puntata. Qui la prima.

***

di Theresa Marie Moreau

L’uccisione di Carranza avviene durante la Ribellione di Agua Prieta, guidata da tre generali noti come il Triumvirato di Sonora, tutti autodichiarati bolscevichi: Obregon, Calles e Felipe Adolfo de la Huerta Marcor (1881-1955), che inizialmente prende le redini del potere come presidente ad interim, ma si fa da parte mesi dopo, quando Obregon afferma di aver vinto le elezioni presidenziali – con un sospetto 95,8% dei voti – e viene dichiarato presidente, il 1° dicembre 1920.

Con i socialisti di Sonora al potere, la persecuzione cattolica non solo continua, ma si accentua, e avvengono alcuni attentati, fra i quali quello alla residenza di Città del Messico dell’arcivescovo José Mora y del Rio (1854-1928), il 6 febbraio 1921, e quello all’altare della basilica di Guadalupe, il 14 novembre, quando, miracolosamente, l’immagine di Nostra Signora di Guadalupe si salva.

Questi assalti pianificati precedono un incidente diplomatico internazionale che fa notizia in tutto il mondo, quando l’arcivescovo Ernesto Eugenio Filippi (1879-1951) viene cacciato dal Paese perché accusato dal segretario degli Affari esteri del Messico Alberto Jose Pani Arteaga (1878-1955) di aver violato la Costituzione per aver celebrato una funzione religiosa all’aperto, in occasione della posa della prima pietra del monumento a Cristo Re, l’11 gennaio 1923, sul Cerro del Cubilete, proprietà di José Natividad Macias Castorena (1857-1948).

Di fronte all’estrema povertà del popolo ridotto alla fame e alle continue predazioni, Luis Navarro si sente in dovere di contribuire ad alleviare le sofferenze. I campi un tempo fertili devono essere ricoltivati, le infrastrutture vanno ricostruite. Molte volte ha rifiutato l’offerta di un seggio sicuro e prestigioso nella legislatura di Guanajuato, ma ora, con spirito generoso e altruista, decide di candidarsi a sindaco di Penjamo, e nel 1923 vince con una maggioranza schiacciante.

Animato dallo spirito cattolico di solidarietà, si adopera per potenziare i servizi pubblici, migliorare le strade sterrate quasi impraticabili, liberare i sentieri, riparare i ponti, ampliare la diga locale. Come opera di carità, ogni giorno visita i detenuti del carcere cittadino, dove dona i favi dei suoi alveari, distribuisce volantini con note di dottrina cattolica e istruisce personalmente gli uomini alla fede. Per aiutare le prostitute locali a cambiare vita, fornisce loro protezione in rifugi gestiti da suore cattoliche, così da tenere tenere quelle ragazze lontane dai brutali protettori.

I nemici di Luis Navarro, i rivoluzionari, ben presto lo accusano di estradismo, ovvero di essere seguace del generale Enrique Estrada Reynoso (1890-1942), che avrebbe complottato – insieme al generale Guadalupe Sanchez Galvan (1890-1985) e al generale Fortunato Maycotte Camero (1891-1924) – per rovesciare il presidente Obregon.

Lo stesso Obregon ordina che il Consiglio comunale di Penjamo sia sciolto immediatamente e a questo scopo invia sul posto il generale José Gonzalo Escobar (1892-1969) che subito ottiene le dimissioni dei membri del Consiglio, ma non quelle di Luis Navarro. Il generale ordina quindi alle sue truppe di scortare il sindaco fino al quartier generale, su un treno militare: “Ho l’ordine del presidente della Repubblica di sciogliere il Consiglio comunale!”.

“Il presidente della Repubblica non ha alcun potere di emanare questo tipo di ordine”, risponde coraggiosamente Luis Navarro.

“Il presidente della Repubblica è l’autorità suprema”.

“L’autorità suprema è la legge, e l’articolo 115 della Costituzione prevede che il comune sia libero e governato da un Consiglio comunale eletto direttamente dal popolo. Penjamo è un comune libero e io sono un sindaco eletto dal popolo”.

L’istruito e colto Luis Navarro conosce la legge.

“Lei è accusato di essere un estradista”.

“Non posso essere accusato senza prove. Ne avete?”

“Eseguo gli ordini”.

“Beh, non posso venir meno ai miei doveri”.

Così, imperterrito, Luis Navarro ha la meglio e rimane in carica. Tuttavia, dopo aver fatto ogni sforzo per migliorare la vita dei concittadini, decide di non ricandidarsi per un secondo mandato e si dedica all’organizzazione di una rivoluzione spirituale da contrapporre a quella politica portatrice di tante morti, distruzione, illegalità e immoralità.

Il suo mandato di sindaco termina nel dicembre 1924, negli stessi giorni in cui Calles si fa strada verso la presidenza.

Terza gamba del Triumvirato di Sonora, Calles si è fatto largo con il terrore, gradino dopo gradino. Ha iniziato la vita professionale come assistente di una maestra d’asilo, ma è stato licenziato in modo vergognoso dopo essere stato sorpreso a rubare soldi agli insegnanti. Dopo essere riuscito con l’inganno a diventare tesoriere comunale di Guaymas, viene nuovamente licenziato con l’accusa di appropriazione indebita. In seguito, gestisce un hotel e un magazzino, ma entrambe le strutture finiscono distrutte da incendi causati probabilmente da Calles stesso.

Quando nel 1913 intraprende la carriera militare, Calles trova il suo spazio: una posizione di potere e controllo indiscusso e indiscutibile. E quando poi viene nominato capo della polizia, ad Agua Prieta, si riempie le tasche di denaro sporco e attacca quelli che considera i suoi nemici. Dopo essere diventato governatore di Sonora, nel 1917 espelle tutti i sacerdoti, fa chiudere le chiese e procede con massacri sistematici.

Nel 1920 Obregon lo nomina ministro degli Interni, trampolino verso la presidenza.

Divenuto presidente, Calles si circonda di socialisti radicali, come Robert Haberman (1883-1962), rumeno emigrato in Messico che ufficialmente è direttore del Dipartimento di lingue straniere del ministero dell’Istruzione pubblica, ma in realtà è il capo dell’Ufficio propaganda. Haberman è anche avvocato della Confederazione regionale dei lavoratori messicani (Confederacion Regional de Obreros Mexicanos), brutale federazione di sindacati guidata dal segretario generale Luis Morones Negrete (1890-1964), organizzazione piena di funzionari pubblici e impiegati statali agli ordini di Calles nell’usare una violenza sfrenata all’insegna dell’odio raziale e di classe.

Calles appoggia politici socialisti e rabbiosi anticattolici come Tomás Garrido Canabal (1890-1943), che a due dei figli darà i nomi di Lenin e Lucifero. Agricoltore, Canabal chiama uno dei suoi tori Dio, un bue Papa, una mucca la Vergine di Guadalupe e un asino Gesù. Una volta eletto alla carica di governatore, si distingue nel saccheggio delle chiese, ordina ai sacerdoti di sposarsi e vieta ogni simbolo cattolico e ogni riferimenti a Dio.

Una volta al potere, Calles, con aggressività da psicopatico e totale mancanza di senso del diritto, dà libero sfogo alle sue tendenze e nel febbraio del 1925 tenta di strappare una volta per tutte la Chiesa cattolica dal cuore della nazione per impiantarvi l’ideologia socialista. Crea così una Chiesa di Stato, idea comune ad altri regimi autoritari. Dopo la presa di possesso violenta e orchestrata della Chiesa della Santa Croce e della Solitudine, a Città del Messico, il sacerdote José Joaquín Perez Budar (1851-1931) si autoproclama patriarca dell’auto-dichiarata Chiesa cattolica apostolica messicana. In risposta alle proteste dei fedeli, il regime di Calles invia pompieri e polizia per proteggere gli abusivi, ma i cattolici combattono con successo le forze ostili e riprendono il controllo della chiesa.

La battaglia è dura. Esasperati, i cattolici nel marzo del 1925 fondano a Città del Messico la Lega nazionale per la difesa della libertà religiosa. Vogliono difendere i diritti umani e la libertà di culto, e presto la Lega si afferma come centro di coordinamento per tutti i cattolici messicani.

Non appena Luis Navarro viene a conoscenza dell’iniziativa, vi aderisce con convinzione, dando vita a nuclei locali.

Ma non si ferma lì e contribuisce alla nascita di una sezione dell’Associazione cattolica della gioventù messicana (Asociación Católica de la Juventud Mexicana), fondata il 12 agosto 1913 a Città del Messico da padre Bernardo Bergöend (1871-1943), gesuita francese inviato in Messico per riorganizzare la gioventù cattolica e ripristinare l’ordine sociale cristiano sul modello dell’Associazione cattolica della gioventù francese (Association Catholique de la Jeunesse Française), fondata nel 1886 da Adrien Albert Marie de Mun (1841-1914).

All’insegna del motto “Pietà, studio, azione”, l’associazione dà ai giovani – in cerca di uno scopo nella vita – una direzione culturale e spirituale sana e produttiva, e Luis Navarro contribuisce con circoli di studio, biblioteche, partite di calcio e club di caccia.

Obiettivo costante dei regimi socialisti sono le scuole cattoliche. Lo scopo è confiscare le proprietà della Chiesa, decapitarla come principale agenzia educativa e pervertire l’intelletto dei giovani. Al posto di quelle cattoliche vengono imposte scuole statali, gestite dal governo, simili a campi di indottrinamento utili per fare il lavaggio del cervello a giovani malleabili e rimodellare il loro pensiero in base all’ideologia materialista socialista.

Emanato nel febbraio 1926, il nuovo Regolamento provvisorio delle scuole elementari private del distretto e dei territori federali prevede quanto segue:

Articolo 1. L’insegnamento impartito nelle scuole private sarà laico.

Articolo 2. Le scuole non possono avere nomi che indichino una natura religiosa né richiamarsi a un santo di qualsiasi culto.

Articolo 3. Negli edifici delle scuole private non ci saranno oratori o cappelle, né stampe o sculture religiose.

Articolo 4. Per essere direttore di una scuola è necessario non essere ministro di un culto o membro di un ordine religioso.

Il rivoluzionario Calles credeva che i bambini non appartenessero alla famiglia, ma alla collettività statale, e lo ribadì anni dopo in una trasmissione pubblica da Guadalajara, il 19 luglio 1934:

“La Rivoluzione non è finita. Gli eterni nemici sono in agguato e stanno preparando piani per annullare i trionfi della Rivoluzione. È necessario entrare in un nuovo periodo della Rivoluzione. Questo nuovo periodo lo chiamerei il periodo psicologico della Rivoluzione. Dobbiamo entrare e prendere possesso delle coscienze dei bambini, delle coscienze dei giovani, perché appartengono e devono appartenere alla Rivoluzione. È assolutamente necessario sloggiare il nemico da questa trincea in cui ci sono il clero e i conservatori, e mi riferisco all’educazione, alla scuola. Sarebbe una gravissima sciocchezza, un crimine per gli uomini della Rivoluzione, non riuscire a salvare i giovani dagli artigli dei clericali e dei conservatori. Purtroppo, in molti Stati della Repubblica e persino nella stessa capitale della Repubblica la scuola è sotto la direzione di elementi clericali e reazionari. Non possiamo affidare alle mani dei nostri nemici il futuro del Paese e della Rivoluzione. Con ogni astuzia i reazionari e i clericali dicono che i bambini appartengono alla casa e i giovani alla famiglia. Questa è una dottrina egoista, perché i bambini e i giovani appartengono alla comunità, appartengono alla collettività, ed è la Rivoluzione che ha il dovere ineludibile di prendere possesso delle coscienze, di scacciare i pregiudizi e di formare la nuova anima della nazione. Pertanto, faccio appello a tutti i governatori della Repubblica, a tutte le autorità pubbliche e a tutti gli elementi rivoluzionari, affinché si proceda immediatamente alla battaglia, che dobbiamo vincere, perché i bambini e i giovani devono appartenere alla Rivoluzione”.

Il 14 giugno 1926 Calles lancia una bomba legislativa, destinata a cancellare qualsiasi diritto della Chiesa. Quel giorno firma la Legge di riforma del Codice penale – comunemente chiamata Legge Calles – che non solo assicura l’applicazione di tutte le leggi anticlericali contro la Chiesa scritte nella Costituzione del 1917, ma include restrizioni e pene ancora più severe. Ecco la scure destinata a dividere per sempre Chiesa e Stato. A partire dal 31 luglio 1926, tutte le chiese devono affiggere sulla porta principale i 33 articoli della legge.

Calles descrive la sua legge come “una soluzione definitiva del problema religioso”, una manovra legale per sterminare la Chiesa e i suoi fedeli devoti.

Immediatamente i cattolici reagiscono. In primo luogo, la Lega nazionale per la difesa della libertà religiosa chiede un boicottaggio socio-economico per indebolire il regime paralizzando la base economica della nazione. Inoltre l’episcopato messicano nella sua lettera pastorale del 25 luglio fa un annuncio: il 31 luglio tutto il clero si ritirerà dalle chiese, per evitare ogni collusione con lo Stato contro la Chiesa. Le chiese rimarranno aperte, se possibile, ma solo sotto la direzione e la cura di laici.

La sera del 31 luglio la famiglia Navarro si reca in chiesa per pregare.

“Offriamoci come vittime, affinché Gesù torni ai Tabernacoli e i nostri figli Lo amino e Lo conoscano”, sussurra Luis, in lacrime, alla moglie.

Luis non demorde. Partecipa a riunioni locali, tiene conferenze, va nella capitale per incontri con altri cattolici e membri della Lega. Alla moglie non dice quasi nulla, per proteggerla, ma il 2 settembre 1926 le parla:

Devo confidarti un segreto. Tu vedi la situazione della Chiesa. Io non posso non vedere che soffre. Sento dentro di me una chiamata di Dio che chiede il mio sangue e la mia vita. Se ignorassi questa chiamata, mi condannerei irrimediabilmente. Carmela, io prendo le armi. Sto preparando tutto, ma prima di realizzare il mio progetto voglio la tua approvazione, perché tu ti sacrificherai con me. Pensaci davanti a Dio, e decidi dopo averci pensato”.

Sopraffatta dal dolore al pensiero della vedovanza e dei figli orfani, la moglie piange e prega. Che cosa risponderà?

Due giorni dopo dice al marito: “Sono disposta a sacrificarmi. Se Lui te lo chiede, lo chiede anche a me, perché sono parte di te”.

“Ti amo per questo mille volte di più!”, esclama Lusi.

Da allora la coppia condivide tutto, e un giorno Luis dice alla moglie: “Quando saranno grandi, dirai ai nostri figli che il papà è morto per lasciare loro la fede”.

A chi non condivide la sua scelta, Luis risponde: “Ucciderò per Cristo coloro che uccidono Cristo. E se nessuno mi seguirà in questa impresa, morirò per Cristo”.

Nelle prime ore del mattino del 27 settembre, Luis Navarro bacia i figli addormentati, uno per uno, e ponendo le sue mani sulle loro teste prega così: “Signore, se possibile, allontana da me questo calice. Tuttavia, non la mia ma la tua volontà sia fatta”.

Quella mattina, la famiglia partecipa a una messa clandestina celebrata in un oratorio. Dopo la funzione liturgica, Luis si allontana. Torna la sera e dice alla moglie che è arrivato il momento. Sulla porta, saluta prima i bambini e poi la moglie. Parte. Ma subito torna indietro. “Non ho salutato il piccolo e non l’ho benedetto”. Prende in braccio il piccolo Rafael e lo bacia ripetutamente. Poi se ne va. Appeso alla spalla ha il suo fucile Mauser.

2.continua

Fonte: remnantnewspaper

 

 

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