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Storia di un cattolico. 3 / Luis Navarro, il primo Cristero

Cari amici di Duc in altum, ovunque voi siate in questi giorni, vi invito a leggere una storia vera: la vita e il sacrificio di Luis Navarro Origel, conosciuto come il primo Cristero nel Messico del regime anticattolico del presidente Calles.

Al grido di ¡Viva Cristo Rey! la rivolta dei Cristeros avvenne tra il 1926 e il 1929. Sulle bandiere c’era l’effigie della Madonna di Guadalupe. I combattenti erano contadini, allevatori, professionisti, impiegati, studenti. Molti di loro per diventare soldati lasciarono le famiglie e sacrificarono la vita.

“Difendere con le armi in mano la completa libertà religiosa del Messico. Se osserverò questo giuramento, che Dio mi premi, se mancherò, che Dio mi punisca”: così giuravano i Cristeros.

Una vicenda, quella di Luis Navarro e dei suoi compagni, che a distanza di un secolo ha molto da insegnare a tutti noi.

Qui e qui le prime due puntate. Oggi l’ultima.

***

di Theresa Marie Moreau

La mattina successiva, il 28 settembre, in un audace confronto, Navarro guidò i suoi fratelli Ignacio, Jesús e Manuel e altri combattenti a prendere Penjamo sotto la minaccia delle armi, annientando le forze governative ben equipaggiate e ristabilendo l’autorità della Chiesa nella città.

La mattina dopo, il giorno 29, esausto, sporco, stanco della guerra, ritornò di nascosto dalla sua famiglia, per l’ultimo saluto. Non ce ne sarebbe mai stato un altro. Dopo essersi messo sotto la protezione di san Michele Arcangelo – protettore della Chiesa, campione di Giustizia, guerriero spirituale nella battaglia del Bene contro il Male – Luis Navarro quella mattina, proprio nel giorno della festa dei santi Gabriele, Raffaele e Michele, disse addio per sempre alla sua casa.

Per otto giorni – senza cibo, senza dormire – lui e i suoi uomini combatterono le forze socialiste. Vittoriosi nonostante la loro inferiorità numerica, presero Cueramero e poi Barajas. Ma quando erano in vista di Corralejo il generale José Amarillas Valenzuela (1878-1959) tese loro un’imboscata mentre attraversavano i binari della ferrovia.

Uno dei fratelli Navarro, Jesús, soprannominato Chucho, cadde da cavallo e si finse morto. Sebbene calpestato dalla cavalleria dei Callistas, sopravvisse e, finiti i combattimenti, fuggì e si diresse a nord, negli Stati Uniti d’America, con il fratello Manuel. Navarro fuggì con il fratello Ignacio sulle montagne del Michoacan, sul Cerro de Tancitaro, dove trovarono rifugio presso una segheria di proprietà dei loro cugini, Leopolde e Daniel Navarro.

Appena arrivato, Navarro si mise in contatto con la Lega, informandola che era pronto a ricevere aiuto in uomini e armi. Ma il quartier generale non aveva né uomini né armi da inviare e lo incoraggiò ad andare avanti, con qualunque mezzo avesse a sua disposizione per combattere.

In quei momenti solitari, Luis Navarro, pieno di nostalgia, scrisse lettere d’amore a Carmen. Nel suo scritto del 6 febbraio 1927 si rivolse poeticamente a lei come a “mia moglie, il mio unico e appassionato amore, l’amore della mia vita, la vita della mia vita, la mia santa compagna fin dall’infanzia”.

Rimase tenace e affrontò il nemico, quasi da solo, con la sua piccola unità di soldati, fino a quando René Capistrán Garza (1898-1974) – capo della Lega – pubblicò un manifesto, A la Nación, che dichiarava: “L’ora della battaglia è suonata”, e annunciava che l’organizzazione era pronta per diventare un vero e proprio movimento armato contro il regime tirannico.

Con quella dichiarazione, intere zone del Messico, compresa Jalisco, si ribellarono dando vita ai Cristeros, così chiamati dal regime perché invocavano Cristo. Benché inizialmente inteso in termini di derisione, il nome piacque alla milizia religiosa e fu subito adottato.

Per i soldati cattolici di Cristo la fede costituiva una parte importante della disciplina militare. Le divisioni dell’Esercito di liberazione nazionale elevarono l’obbedienza al livello soprannaturale e spirituale, adottando codici di condotta come i seguenti:

  1. Rendere un omaggio ufficiale, pubblico e solenne al Sacro Cuore di Gesù, Re sovrano del nostro esercito, e consacrargli con umiltà e amore tutte le opere e tutte le persone di questa divisione.
  2. Non omettere mai, per nessun pretesto, la recita quotidiana collettiva del Rosario alla Beata Vergine Maria di Guadalupe, e accordare a tale osservanza la stessa priorità di una rigorosa disposizione di regolamentazione militare.
  3. Quando possibile, disporre le cose in modo che tutti i capi, ufficiali e soldati possano ufficialmente adempiere ai precetti del culto domenicale, della Confessione e della Comunione.
  4. Garantire la protezione divina durante le battaglie facendo preparare l’esercito e tutti i cattolici con la preghiera umile e fiduciosa e raccomandando di compiere atti di perfetta contrizione.

Nel tentativo di reprimere la ribellione, Calles ordinò l’esecuzione dei leader della Lega nazionale per la difesa della libertà religiosa, considerati nemici dello Stato. Capistrán sfuggì alla cattura e attraversò il confine con gli Stati Uniti. Le autorità catturarono invece l’avvocato Anacleto Gonzáles Flores (1888-1927), lo accusarono falsamente di omicidio e lo torturarono: lo appesero per i pollici, gli furono staccati gli occhi dalle orbite, gli tagliarono la pianta dei piedi, gli perforarono il corpo con le baionette e gli spezzarono le ossa con calci di fucile.

Tormentato, insanguinato, pugnalato, scorticato, spezzato, il 1° aprile 1927, nei suoi ultimi istanti di vita, Gonzáles ebbe la forza di lasciare ai suoi torturatori, prima del colpo di grazia, queste parole: “Io muoio, ma Dio no! Viva Cristo Re!”.

Giorni dopo, a Coalcoman, il 6 aprile, al ritorno sul campo di battaglia Luis Navarro diede alla sua prima brigata il nome di Brigata Anacleto Gonzáles Flores, in onore del martire. Sentendo la propria morte imminente, scrisse a sua moglie una lettera dolce e allo stesso tempo dolorosa, datata 8 aprile, dicendole addio: “Fino a quando Dio vorrà. Che sarà molto presto, comunque!”.

Durante il primo incontro con il parroco di Coalcoman, padre José María Martínez, e i parrocchiani – che non avevano mai rinunciato alla fede e al suo esercizio – Luis spiegò l’ampiezza e la profondità della corruzione nel governo, composto da assassini e ladri. Disse che non erano stati perseguitati solo i credenti religiosi ma erano stati violati i diritti umani fondamentali, e suggerì di formare un vero governo per opporsi a quel regno violento e crudele.

In risposta alla sua proposta, il 23 aprile 1927 gli abitanti di Coalcoman si dichiararono non ribelli, ma indipendenti dal governo Calles. Luis Navarro, sotto il nome di battaglia di generale Fermín Gutiérrez soldato di Maria, inviò la dichiarazione al governatore e incaricò i cattolici dell’amministrazione pubblica, riaprì le scuole e represse i reati pubblici.

Coalcoman doveva servire come quartier generale per Luis Navarro, a quel punto uno dei generali di divisione dell’Esercito di liberazione nazionale, di stanza nella regione sud-ovest: la regione costiera del Michoacan, da Colima a Guerrero.

Per mantenere il controllo di Coalcoman, Luis decise che era necessario conquistare le vicine Aguilillas, Chinicuila e Tepalcatepec.

Il 24 aprile gli giunse la notizia che le truppe federali si erano stabilite ad Aguilillas, il che rappresentava una minaccia mortale. Quindi decise di attaccare.

Lui e la sua brigata, composta da trecento uomini, entrarono di nascosto nella città di Aguilillas all’alba, sconfiggendo gli uomini del regime senza sparare un solo colpo. Per festeggiare, i Cristeros suonarono con entusiasmo le campane della chiesa, sorprendendo i residenti, che si resero conto di essere stati liberati. Gioiosi, i cittadini applaudirono ai rintocchi che erano stati zittiti per tanto tempo, dato che anche suonare le campane era diventato un reato.

Luis annunciò alla cittadinanza: “In chiesa sarà celebrata la santa messa solenne, seguita da una processione pubblica. Finalmente respirerete aria di libertà! Finalmente nella nazione messicana c’è un posto in cui potete adorare Dio liberamente!”.

Parrocchiani vicini e lontani riempirono la chiesa. Ai piedi dell’altare fu deposta la bandiera nazionale. Luis Navarro e suo fratello Ignacio sedevano davanti, circondati dai loro uomini. Durante la messa, al momento dell’elevazione, i soldati di Cristo presentarono le armi.

Nel corso della processione – pubblica affermazione della fede per le vie del paese, con in testa il Santissimo Sacramento sotto un baldacchino – i parrocchiani cantarono un antico inno eucaristico messicano:

Hostia Sol del amor, tu luz inflama, el corazón del México leal

Successivamente, Navarro si concentrò sulla presa di Tepalcatepec, dove sperava di potersi approvvigionare.

La Tierra Caliente, la Terra Calda, era controllata da due fuorilegge: Serapio “Guarachudo” Cifuentes e “El Perro” Ibanez. I due non rispettavano assolutamente nessuno, con un’unica eccezione: il parroco. E così, durante un incontro concordato tra i due banditi e Luis Navarro in un ranch vicino a Las Animas, i due uomini accettarono di seguirlo e sottomettersi al suo comando.

Per attaccare Tepalcatepec, Navarro aveva a disposizione duecento soldati. I due fuorilegge ne avevano altri ducecento. E un allevatore locale, il colonnello Ezequiel Mendoza Barragan, disponeva di cento uomini pronti a unirsi a un suo solo cenno. Totale: mezzo migliaio di combattenti, per lo più poco addestrati e scarsamente armati, che si facevano forza solo grazie alla fede e alla preghiera.

Prima dell’alba del 2 maggio 1927, gli uomini si prepararono per l’attacco a Tepalcatepec. Pregarono il rosario in ginocchio, recitarono l’Ave Maria e il Padre nostro. Le preghiere si diffusero nel buio, in un cielo senza luna, perfetto per l’assalto imminente. Recitarono la comunione spirituale, offrirono la loro giornata e la loro vita a Dio e chiesero la grazia del martirio. Ogni soldato ricevette due nastri azzurri, il colore di Maria: ne misero uno sui cappelli e uno sulla manica destra delle camicie bianche.

In mancanza di munizioni contro una forza ben armata, il piano migliore era lanciare un attacco a sorpresa per cogliere il nemico alla sprovvista. All’alba i due fuorilegge entrarono nella città di Tepalcatepec. Sorpresi, la trovarono, apparentemente, abbandonata dai suoi abitanti. Mentre Serapio alzava una bandiera e prendeva il controllo del municipio, il resto delle truppe entrò. Ma verso mezzogiorno i governativi improvvisamente presero d’assalto la città, attaccando da tutti i lati. Sopraffatti, i Cristeros fuggirono.

Dopo essersi ritirati e raggruppati, presero successivamente la città di Chinicuila. Navarro radunò quindi di nuovo le sue truppe per attaccare ancora una volta Tepalcatepec.

Il 29 maggio iniziarono i combattimenti, strada per strada, casa per casa, fino a raggiungere la chiesa. Per tre giorni i contendenti si scambiarono colpi di arma da fuoco, finché i Cristeros ruppero l’assedio delle truppe federali e presero la città.

Da lì, Navarro e i suoi uomini marciarono ingaggiando battaglie, villaggio dopo villaggio. In quella vita nomade, senza comodità e con poco cibo tranne in po’ di riso e l’occasionale morisqueta di riso e fagioli, tutto era difficile.

Dopo mesi senza notizie dalla famiglia, a causa dei suoi continui spostamenti da un campo di transito all’altro, Luis Navarro il 15 settembre 1927 ricevette un pacco. Dopo averlo deposto, ancora chiuso, ai piedi dell’altare, lo aprì piano piano, vide i fogli di carta, si mise a leggere e apprese così che il suo figlio più piccolo, Rafael, era morto tra le braccia di sua madre e la donna, per il funerale, aveva dovuto vendere il loro ultimo vitello.

Addolorato, scrisse subito alla moglie: “L’anima che il Signore ci aveva prestato e affidato alle nostre cure per un breve periodo, l’ha già ritirata da noi per renderla partecipe per sempre della sua infinita felicità”.

Mentre marciava sul terreno accidentato di città in città, di battaglia in battaglia, spesso Luis esprimeva il suo dolore, con la sua bella voce, cantando canzoni della sua terra natale. La sua preferita, Las Cuatro Milpas (I quattro campi di grano):

Cuatro milpas tan solo han quedado / del ranchito que era mío, ay yai yai yai / de aquella casita tan blanca y bonita / lo triste que está.

Lugubre e malinconico, composto nel 1926 da Belisario de Jesús García de la Garza (1894-1952), un soldato dell’ex truppa carrancista, il canto dipinge la desolazione delle campagne messicane depredate.

Ma ecco un altro terremoto politico: il 17 luglio 1928, poco dopo la sua rielezione alla presidenza, Obregon fu assassinato. Il regime attribuì la colpa ai Cristeros, ma si sparse la voce che l’omicidio fosse stato ordinato da Calles.

Alcune settimane dopo, Navarro apprese che le truppe calliste – sotto il comando del generale Rodrigo M. Quevedo Moreno (1889-1967) – si stavano dirigendo verso di lui.

Il 9 agosto 1928, quando Navarro aveva con sé solo tredici uomini, ci fu il primo combattimento. Il giorno successivo, 10 agosto, festa di san Lorenzo, diacono cattolico martirizzato sotto l’imperatore Valeriano, dopo aver ricevuto la Comunione e aver offerto a Dio la loro giornata e la loro vita, intorno alle sette del mattino gli uomini di Luis Navarro si scontrarono con i callisti sul Cerro de las Higuerillas, vicino a Pihuanto, a Jalisco. Circondato dal nemico, Luis Navarro continuò a combattere a distanza ravvicinata. Al suo fianco, il fratello Ignacio, il suo assistente Alejandro Larios, il maggiore Filiberto Calvario e Bernardino González.

Adelante!” urlò Luis. Il suo grido di battaglia.

Risuonò uno sparo. Navarro inciampò, perdendo l’equilibrio. “Il mio generale è ferito!” urlò Larios, afferrando Luis per un braccio. González afferrò l’altro, mentre Calvario continuava a sparare contro i nemici, tenendoli a bada.

Con la testa leggermente inclinata in avanti, Luis barcollò, finché i suoi uomini riuscirono ad adagiarlo, sulla nuda terra, dietro una roccia, all’aperto.

“Dove sei ferito?” chiese Ignacio.

La fronte di Navarro era coperta di sudore, ma sulle labbra ecco un sorriso di immensa gioia. Con entrambe le mani sollevò il cappotto intriso di sangue, esponendo il foro del proiettile, esattamente sopra il cuore.

“Fratello della mia anima”, disse Ignacio, baciando due volte la fronte del morente e pensando alla madre, alla moglie e ai figli di suo fratello.

Adelante. Vai avanti”, sussurrò Luis, incoraggiando il fratello ad accogliere il suo destino eterno, lo stesso destino che lui, Ignacio, avrebbe dovuto affrontare otto mesi dopo, il 3 aprile 1929.

Ignacio tornò subito a combattere e pochi minuti dopo vide suo fratello, ferito, zoppicare giù per la collina.

“Ecco qualcuno vestito molto bene!” gridò un callista, alzando la pistola e mirando a Navarro, che crollò a terra e rotolò giù dalla collina. In fondo, il suo corpo inerte si fermò.

Larios a sua volta puntò la pistola e uccise l’omicida.

Lo stesso Larios, con Ignacio, dopo che il nemico si fu ritirato corse a recuperare il copro del comandante. Il viso di Luis mostrava lo splendore beato della felicità compiuta.

Aveva trentuno anni.

Sempre fedeli, i suoi uomini mandarono a chiamare padre Ottaviano Marino e trasportarono il loro comandante martire – il Primo Cristero – dalla violenza del campo di battaglia al loro accampamento nella piccola valle di Cristo Re. Cantarono il Te Deum, e una guardia d’onore restò accanto al corpo di Luis, in veglia, tutta la notte.

Prima della celebrazione della messa funebre e della sepoltura, Ignacio rimosse con reverenza gli abiti macchiati di sangue del fratello, orsa diventati reliquie. Tra gli averi del morto, ecco un portafoglio.

Nascosto all’interno, un piccolo biglietto, scritto molti anni prima, durante gli esercizi spirituali ignaziano, con un messaggio semplice e accorato: “Mio Dio, che io sia un martire”.

3.fine

Le precedenti puntate sono state pubblicate qui e qui.

Fonte: remnantnewspaper

Aldo Maria Valli:
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