Pessime abitudini in chiesa / 9
Cari amici di Duc in altum, le vostre segnalazioni circa le “pessime abitudini” continuano ad arrivare senza sosta. Tra le varie mail ne ho però trovata anche una diversa. Inviata da un certo roberto65 (non c’è firma) dice: “La peggiore abitudine è di chi entra in chiesa non per pregare, ma per giudicare gli altri, come fate voi. Gesù disse una parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti”.
Ringrazio roberto65 per il riferimento alla parabola del fariseo e del pubblicano (Luca 18, 9-14), che non va mai dimenticata, ma non credo che le segnalazioni inviate al blog nascano dal desiderio di giudicare gli altri in modo presuntuoso. Mi sembra di notare, piuttosto, vero dispiacere per lo stato in cui è ridotta la liturgia nel novus ordo.
Ed ecco un’altra segnalazione.
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Caro Aldo Maria Valli,
segnalo qualche altra pessima abitudine. Riguardano i lettori e il celebrante.
I lettori sono spesso impacciati, impreparati, frettolosi, e non di rado commettono veri e propri abusi. La Parola di Dio è un poema, non un telegramma. C’è ancora gente che esce a leggere e dice “prima lettura”, o il famigerato “ripetiamo insieme” al salmo. Ultimamente si è diffuso anche il deprecabile gesto di invito con la manina fatto dal lettore all’assemblea, quando questa deve rispondere. Gesto teatrale e petulante, che distrae e attira l’attenzione sul lettore stesso e non sul testo sacro. Infine è in uso dire “è parola di Dio”, sbagliatissimo e arbitrario, perché la formula è la traduzione di Verbum Domini, cioè parola di Dio, senza “è”.
Altra novità dei liturgisti moderni: nelle messe feriali, con una sola lettura, il salmo lo deve recitare un secondo lettore, che “rappresenta l’assemblea”. Assurdo. Papa Benedetto XVI era fortemente contrario alla folla nel presbiterio e all’ambone.
Nella celebrazione ho notato l’offerta delle due specie insieme: “Ti offriamo questo pane e questo vino, frutti…”. Quanta fretta!
Ho notato anche la formula “il nostro sacrificio”. Sbagliato. Si dice “mio e vostro”, dove “mio” lo dice Gesù per mezzo del sacerdote. “Nostro” esprime la nostra piccola e doverosa partecipazione, offrendo noi stessi.
Altra traduzione arbitraria: “Liberi dal peccato e da ogni paura”. No, non è paura, è turbamento, traduzione del latino perturbatione, che significa tentazione. Gesù è venuto a salvarci, non a fare lo psicologo.
Segnalo anche l’invito del sacerdote ai fedeli a recitare insieme preghiere che spettano al solo sacerdote (la preghiera per la pace, soprattutto, trasformata in preghiera per fermare le guerre nel mondo, quando invece chiede la pace per la Chiesa: veramente fuori luogo).
E ancora. Omelie in mezzo ai fedeli, abbandonando il presbiterio, stile “chiesa povera e missionaria, sacerdoti e fedeli al pari grado”.
Brutto anche il nuovo uso di saltare l’atto penitenziale, quando, nelle messe feriali, si recitano i salmi della Liturgia delle ore. Si afferma che sarebbe implicito nei salmi. Mah…
Infine (succede soprattutto negli istituti missionari): distribuzione dell’ostia consacrata, poi il fedele stesso la intinge nel calice. Abuso liturgico gravissimo.
Tobia
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