Lettera / Una proposta per le nostre parrocchie

di Valter Tuninetti

Caro Aldo Maria Valli,

da un po’ di tempo io e la mia famiglia ci siamo avvicinati alla santa messa apostolica di sempre, quella che viene normalmente chiamata in “rito antico” o “vetus ordo” o anche, in modo riduttivo, “messa in latino”.

In questo rito, al quale hanno partecipato i nostri antenati e i più grandi santi della storia, c’è ovviamente molto più del latino: è la vera messa cattolica, senza bisogno di aggiungere tanti fronzoli.

Poiché non vogliamo che le nostre due bambine di sei e cinque anni, che presto dovranno prepararsi alla prima comunione, frequentino il catechismo nelle nostre parrocchie, il catechismo “novus ordo“, quello in cui si insegna a mancare di rispetto alla Santa Eucarestia prendendola sulle mani e si dà un’immagine di Gesù relativistica, quasi gnostica, abbiamo quindi deciso di portarle al priorato della Fraternità San Pio X più vicino a noi, dove hanno potuto conoscere i sacerdoti e le suore che si occuperanno del catechismo.

Ancora una volta siamo rimasti conquistati dalla bellezza e dalla magnificenza della celebrazione eucaristica, per il grande rispetto verso Gesù Sacramentato, il risuonare maestoso del canto gregoriano, il silenzio, le frequenti genuflessioni, il raccoglimento di fronte al quale pure dei bambini turbolenti come i nostri restano ammutoliti.

Ogni volta che assisto alla vera messa mi porto a casa qualcosa, un seme d’amore di Dio che, purtroppo, non riesco più a percepire nella messa riformata, alla quale pure continuo a partecipare, nell’impossibilità di andare sempre a quella antica.

Così, durante il viaggio di ritorno dal priorato, mi è cresciuto nell’animo un desiderio, quello di “colonizzare”, per dire così, le nostre parrocchie con elementi del rito antico.

So che i tradizionalisti puri resteranno inorriditi dalla mia proposta, ma dobbiamo capire che i sacerdoti che celebrano in rito antico sono pochi. Quindi tutti noi che amiamo il rito antico, spiritualmente rafforzati, possiamo dare l’esempio anche nelle messe riformate. Mi riferisco a una condotta retta, con comunione ricevuta rigorosamente sulla lingua e magari in ginocchio, possibilmente in tanti. Non dobbiamo accontentarci delle concessioni. Bisogna poi andare in tanti a parlare con i sacerdoti modernisti, per riportarli sulla retta via ricordando loro che nessuno è certo del paradiso. Dobbiamo anche incoraggiarli a non temere le reazioni di vescovi e superiori, perché il sacerdote è Alter Christus, e Gesù è andato contro tutto e tutti per amore nostro, fino alla morte. E dobbiamo pregare per riparare alle offese e agli abusi liturgici che vengono perpetrati nella messa riformata.

Se non lo facciamo noi, chi potrà farlo? So che molti, compresi i sacerdoti che consigliano di non partecipare alla messa piuttosto che andare a quella nuova, non saranno d’accordo con me, ma credo che se non conquisteremo il campo saremo schiacciati. Occorre un grande sforzo da parte nostra. Andare a una messa che avvertiamo come adulterata è difficile, ma è un moto di carità, e comunque anche lì c’è Gesù Eucarestia (almeno fino quando le gerarchie ecclesiastiche non lo toglieranno).

Grazie per la sua attenzione, caro Valli. Che Dio la benedica

 

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