Il Vaticano II e la deformazione della coscienza cattolica

È impossibile parlare con veracità della libertà, della coscienza e della dignità della persona umana se non facendo riferimento alla legge divina.

Arcivescovo Marcel Lefebvre, dal suo intervento al Concilio Vaticano II, settembre 1965

di Robert Morrison

Agli occhi di chi vuole imporre i propri malvagi programmi alla società, il problema posto dal cattolicesimo è sempre stato come superare le coscienze correttamente formate. Se un cattolico ha una coscienza correttamente formata e una ferma determinazione a seguirla, preferirebbe morire piuttosto che accettare i mali condannati dalla Chiesa cattolica. Nel corso dei secoli, i nostri nemici si sono avventurati a risolvere questo problema in due modi generali: da un lato, costringendoci o manipolandoci al fine di farci abbandonare la determinazione a seguire le nostre coscienze; dall’altro cercando di deformare le nostre coscienze. In larga misura, la rivoluzione del Vaticano II ha consentito ai nostri nemici di raggiungere entrambi questi obiettivi.

Molti cattolici oggi non capiscono più che dobbiamo formare correttamente la nostra coscienza, quindi vale la pena rivedere ciò che la Chiesa ha sempre insegnato sull’argomento. Come per tante altre questioni, la serie Radio Replies, che presenta le risposte a migliaia di domande poste da padre Leslie Rumble e padre Charles Carty nel loro programma radiofonico degli anni Trenta, fornisce una solida risposta cattolica alla domanda se la coscienza di una persona debba essere infallibile:

No. La coscienza di un uomo non è sempre necessariamente una vera coscienza. Un uomo può deformare la sua coscienza. E proprio come può formulare un giudizio sbagliato in letteratura, scienza, economia o sport, così può formulare un giudizio sbagliato su cosa sia una condotta morale corretta o una condotta morale malvagia. Una coscienza è giusta quando è in armonia con la legge di Dio. Se non è in armonia con la legge di Dio, allora è una coscienza erronea. E sappiamo per esperienza che gli uomini hanno spesso fatto del male convinti di avere ragione. Quando la coscienza è in errore, così che un uomo fa del male in buona fede, dobbiamo chiederci se quell’uomo è responsabile della sua mancanza di conoscenza o meno. Se è responsabile, perché ignora cose che dovrebbe sapere o era obbligato a sapere, non può essere scusato dal peccato.

Quindi le nostre coscienze sono giuste solo quando sono conformi alla legge di Dio. Agire in conformità con una coscienza erronea è peccaminoso se avremmo dovuto conoscere, o eravamo obbligati a conoscere, la verità. Per la maggior parte dei cattolici che hanno raggiunto l’età della ragione, quindi, è difficile sfuggire alla colpa per aver agito in conformità con una coscienza erronea: siamo infatti generalmente obbligati a conoscere (o cercare) la verità sulla fede e sulla morale.

Ma in che modo la rivoluzione del Vaticano II ha deformato le coscienze? Per una prima sincera risposta sulla questione possiamo guardare al libro del 1968 di Frank Sheed sulle conseguenze del Vaticano II, Is It the Same Church?, in cui descrive l’impatto dei disaccordi tra i vescovi al Concilio:

Per un gran numero di cattolici fu un’esperienza sconvolgente apprendere che i vescovi erano divisi e anzi, se si doveva credere ai giornalisti, amaramente divisi. Una cosa era accettare le decisioni emanate dai successori degli Apostoli in tutta la maestosità della loro unità, un’altra era accettarle dopo che venivano prese a maggioranza e in seguito, se si doveva credere ai giornalisti, a pressioni e recriminazioni non dissimili da quelle dei politici di qualsiasi luogo (p. 63).

In base a questa sottile ma vitale intuizione, Sheed ribadisce la realtà che noi cattolici confidiamo nella Chiesa per formare le nostre coscienze perché giustamente vediamo la Chiesa come la salvaguardia delle verità che Nostro Signore vuole che tutti noi crediamo e rispettiamo. Ma se vediamo i vescovi opporsi tra loro, o ai loro predecessori, su questioni fondamentali di fede e morale, potremmo dubitare che la Chiesa sia effettivamente la più importante rivelatrice di verità al mondo. Sheed continua affrontando due questioni: il dibattito contemporaneo sulla contraccezione e il trattamento ecumenico del Concilio nei confronti dei non cattolici:

L’effetto di tutto questo è di rendere la vecchia accettazione incondizionata molto più dura, specialmente in una questione come la contraccezione che può influenzare le persone in modo continuo, immediato, a volte angosciante, come non fanno gli insegnamenti dottrinali. Chiunque non sia convinto dall’espressione del Papa in merito può pensare che la sua decisione personale spetti alla sua coscienza. E mentre il Concilio Vaticano II parla in modo molto lucido dei diritti degli uomini al di fuori della Chiesa di seguire la propria coscienza, non ho trovato che discuta la relazione della coscienza cattolica con i suoi stessi insegnamenti o comandi se li ritiene contrari a sé (pp. 63-64).

Prima del Concilio Vaticano II i cattolici sapevano, generalmente, che non c’è salvezza al di fuori della Chiesa (a parte le normali eccezioni) e che sono tenuti a seguire tutti gli insegnamenti immutabili della Chiesa. Per innumerevoli cattolici, il Concilio ha completamente minato queste verità fondamentali. E così Sheed, i cui libri si trovano ancora nelle librerie cattoliche tradizionali, arriva a chiedersi se un cattolico debba seguire gli insegnamenti della Chiesa quando sono in conflitto con la sua coscienza.

Oltre alla valutazione di Sheed su come le discussioni del Concilio abbiano plasmato il sentimento cattolico generale sulla coscienza umana, possiamo esaminare la Dichiarazione del Vaticano II sulla libertà religiosa, la Dignitatis humanae, che afferma:

Da parte sua, l’uomo percepisce e riconosce gli imperativi della legge divina attraverso la mediazione della coscienza. In tutta la sua attività, un uomo è tenuto a seguire la sua coscienza per poter giungere a Dio, fine e scopo della vita. Ne consegue che non deve essere costretto ad agire in modo contrario alla sua coscienza. Né, d’altra parte, deve essere trattenuto dall’agire in conformità con la sua coscienza, specialmente in questioni religiose.

Sebbene il documento altrove incoraggi i cristiani a “attenersi alla dottrina sacra e certa della Chiesa” nella formazione delle loro coscienze, il brano citato, al centro delle battaglie tra vescovi, costituisce l’innovazione che ha dato il tono all’insegnamento post-conciliare. E in esso non c’è alcun accenno al fatto che un’anima possa smarrirsi seguendo una coscienza erronea.

In vari interventi tenuti durante il Concilio Vaticano II l’arcivescovo Marcel Lefebvre cercò di convincere i suoi colleghi padri conciliari a rettificare questa concezione errata della coscienza.

Nel novembre del 1963 monsignor Lefebvre commentò il seguente passaggio della bozza della Dichiarazione sulla libertà religiosa:

La Chiesa cattolica rivendica, come diritto della persona umana, che a nessuno sia impedito di compiere e proclamare i suoi doveri pubblici e privati verso Dio e gli uomini… secondo la luce della sua coscienza, anche se erronea.

Ed ecco la risposta dell’arcivescovo:

L’ordine universale creato da Dio, sia naturale che soprannaturale, è, in effetti, in opposizione essenziale a questa affermazione. Dio ha fondato la famiglia, la società civile e soprattutto la Chiesa affinché tutti gli uomini possano conoscere la verità, essere prevenuti contro l’errore, raggiungere il bene, essere preservati dagli scandali e raggiungere così la felicità temporale ed eterna (Marcel Lefebvre, Accuso il Concilio, pp. 19-20).

Dicembre 1963. Nelle osservazioni inviate alla Segreteria del Concilio sul progetto di schema per la Dichiarazione sulla libertà religiosa, l’arcivescovo Lefebvre scrisse quanto segue:

Questa concezione della libertà religiosa trae le sue origini e la sua forma da un’opinione oggi diffusa tra il pubblico, un’opinione fondata sul primato della coscienza e sulla libertà da ogni restrizione… La coscienza non può essere definita senza relazione con la Verità, ordinata com’è essenzialmente a questa qualità… La coscienza, la libertà, la dignità umana possiedono diritti solo nella misura in cui sono in relazione essenziale con la verità (Marcel Lefebvre, Accuso il Concilio, pp. 24-26)

Ottobre 1964. Il sesto intervento di monsignor Lefebvre al Concilio riguarda ancora la Dichiarazione sulla libertà religiosa:

Questa dichiarazione sulla libertà religiosa dovrebbe essere abbreviata, come hanno già detto diversi Padri, per evitare le questioni controverse e le loro pericolose conseguenze… Tra i vari atti di coscienza, gli atti interiori della religione devono essere distinti dagli atti esteriori, perché gli atti esterni possono sia edificare sia causare scandalo… Bisogna prestare attenzione alle gravissime conseguenze di questa dichiarazione sul diritto di seguire la voce della propria coscienza e di agire esteriormente secondo questa voce. In effetti, una dottrina religiosa influenza logicamente tutta la morale. Chi può non vedere le innumerevoli conseguenze di questo ordine di cose? Chi sarà in grado di determinare la linea di demarcazione tra il bene e il male quando il criterio della morale secondo la verità cattolica rivelata da Cristo è stato messo da parte? (Marcel Lefebvre, Accuso il Concilio, pp. 47-48)

Settembre 1965. L’undicesimo intervento di monsignor Lefebvre al Concilio torna sulla Dichiarazione sulla libertà religiosa:

La libertà ci è data per l’osservanza spontanea della legge divina. La coscienza è legge divina naturale inscritta nel cuore e, dopo la grazia del battesimo, è legge divina soprannaturale…. È impossibile parlare con veracità della libertà, della coscienza, della dignità della persona umana se non in riferimento alla legge divina…. Poiché la Chiesa di Cristo sola possiede la pienezza e la perfezione della legge divina, naturale e soprannaturale; poiché essa sola ha ricevuto la missione di insegnare questa legge e i mezzi per osservarla, è in lei che Gesù Cristo, che è la nostra legge, si trova in realtà e verità (Marcel Lefebvre, Accuso il Concilio, p. 64)

Possiamo constatare molto chiaramente che l’arcivescovo Lefebvre vide i pericoli insiti nel modo di trattare la coscienza umana da parte di Dignitatis humanae. Come ha scritto il vescovo Bernard Tissier de Mallerais nella sua biografia dell’arcivescovo Lefebvre, il commento del vescovo del 3 dicembre 1965 testimonia il fatto che anche molti altri padri conciliari si opposero a Dignitatis humanae:

Per un numero notevole di Padri conciliari l’insegnamento e le applicazioni pratiche dello schema non sono accettabili in coscienza. Infatti, il principio fondamentale dello schema è rimasto immutato nonostante gli emendamenti introdotti: cioè, il diritto all’errore… Poiché la dichiarazione sulla libertà religiosa non ha alcun valore dogmatico, i voti negativi dei Padri conciliari costituiranno un fattore di grande importanza per gli studi futuri della dichiarazione stessa, e in particolare per l’interpretazione che ne verrà data (pp. 310-311).

Sfortunatamente, il fatto che la dichiarazione non avesse “alcun valore dogmatico” agli occhi dei Padri conciliari che vi si opponevano non le impedì di essere una giustificazione per cambiamenti monumentali in ciò che la Chiesa conciliare insegna sulla libertà religiosa e sul primato esercitato anche da una coscienza erronea.

Qualcuno potrebbe obiettare che le innovazioni del Concilio Vaticano II relative alla coscienza si applicavano principalmente ai non cattolici: questo faceva parte dell’indagine di Sheed di cui sopra. Ma le innovazioni di Dignitatis humanae sulla libertà religiosa e la coscienza erano solo una parte di un bombardamento complessivo contro il modo in cui i cattolici comprendevano la fede:

Come possiamo vedere dagli interventi sulla Dichiarazione sulla libertà religiosa, i vescovi si scontrarono sul fatto che il Concilio potesse contraddire ciò che la Chiesa aveva sempre insegnato, mettendo in discussione il fatto che la Chiesa è l’unica entità che dice la verità per volere divino.

La spinta ecumenica del Concilio confuse anche i cattolici, in quanto indebolì la realtà che non c’è salvezza al di fuori della Chiesa cattolica: se non fosse più così, perché i cattolici dovrebbero seguire comandamenti difficili che i protestanti trascurano?

I dibattiti sulla contraccezione hanno aggiunto a tutto questo una componente carica di emozioni, e hanno normalizzato di fatto il rifiuto dell’insegnamento morale cattolico. Una volta che si può scegliere di seguire una coscienza erronea rispetto all’insegnamento della Chiesa in una questione, non c’è più alcuna vera barriera al fare lo stesso in qualsiasi altra questione.

Poco dopo il Concilio, tutto nella Chiesa sembrò cambiare: i preti si sposarono, le suore abbandonarono la pratica religiosa, la messa cambiò e gli insegnamenti precedentemente stabiliti divennero aperti alla discussione. Tutto ciò minò la convinzione che la Chiesa sia la custode della verità immutabile che Dio ci chiede di seguire.

Nel corso del tempo, i seminari divennero sempre più corrotti, portando alla cattiva formazione di preti che sono diventati i vescovi eretici che vediamo oggi. Una volta che abbiamo vescovi apertamente eretici, molti cattolici trovano difficile credere che siano tenuti a obbedire all’apparente gerarchia della Chiesa.

L’arcivescovo Lefebvre predisse che ci sarebbero state “conseguenze molto gravi di questa dichiarazione sul diritto di seguire la voce della propria coscienza e di agire esteriormente secondo quella voce”. Come è evidente oggi, aveva ragione. Questo, tuttavia, non è un motivo per disperare: le verità immutabili in cui credeva allora l’arcivescovo Lefebvre sono ancora vere oggi e lo saranno sempre. Coloro che seguono quelle verità onoreranno Dio. Anzi, si onora Dio ancora di più quando si deve aderire alla verità immutabile in opposizione ai nemici che cercano di convincerci ad abbandonarla. Abbiamo anche la benedizione di vedere più chiaramente che mai che i papi precedenti al Vaticano II avevano ragione: ci avevano detto quali catastrofi si sarebbero verificate se i cattolici avessero abbandonato la verità. Ogni danno causato dalla rivoluzione del Vaticano II conferma che ciò che dissero è ancora vero.

A un livello pratico più immediato, è evidente che c’è un grave pericolo nel cercare di formare le nostre coscienze senza rispetto per ciò che la Chiesa insegna realmente. Quando vediamo un cardinale apertamente eretico come Blase Cupich pronunciare l’invocazione alla Democratic National Convention, abbiamo buone ragioni per sospettare che i demoni abbiano oggi più potere che mai nel tentativo di distorcere ciò che la Chiesa insegna. Per molti di noi, tuttavia, il vero rischio non è formare le nostre coscienze sulla base delle buffonate anti-cattoliche di Francesco e Cupich, ma concludere che non possiamo più rivolgerci al clero cattolico per una guida su questioni morali.

Quest’ultimo pericolo, ovvero che potremmo decidere di non poter più chiedere consiglio alla Chiesa rappresentata dal buon clero, sembra essere una minaccia reale oggi per i cattolici sinceri che vogliono veramente fare la volontà di Dio. Ci troviamo di fronte a questa tentazione in molti ambiti diversi, che vanno dai nostri pensieri su Francesco alla possibilità di votare. Sappiamo che non possiamo cercare una guida nei preti eterodossi, ma dovremmo anche ricordare che uno dei mali del protestantesimo è che rende ogni uomo l’ultimo giudice della verità religiosa. Se è letteralmente impossibile trovare un prete cattolico che ci guidi, allora sembra che non dovremmo disperare perché Dio non ci chiede di fare l’impossibile. Tuttavia, come ha insistito l’arcivescovo Lefebvre nel suo intervento del settembre 1965, dovremmo sempre cercare di rivolgerci alla Chiesa rappresentata dal clero quando sorgono questioni di fede e morale:

Poiché solo la Chiesa di Cristo possiede la pienezza e la perfezione della legge divina, naturale e soprannaturale; poiché solo essa ha ricevuto la missione di insegnare questa legge e i mezzi per osservarla, è in essa che Gesù Cristo, che è la nostra legge, si trova in realtà e verità.

Di solito impariamo ciò che la Chiesa insegna mediante i suoi pastori, quindi sembra che dobbiamo almeno cercare di trovare un clero che possa guidarci, in particolare quando cerchiamo di applicare l’insegnamento della Chiesa a questioni che sorgono attraverso le difficili circostanze in cui ci troviamo oggi. Se questo è davvero impossibile, allora possiamo confidare che Dio provvederà. Se, tuttavia, trascuriamo di chiedere consiglio al clero perché vogliamo guidare noi stessi, potrebbe essere il nemico della nostra salvezza, piuttosto che Dio, a provvedere.

Cuore Immacolato di Maria, prega per noi!

Fonte: theremnantnewspaper

 

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