Il Nicaragua e la Chiesa perseguitata. Il prezzo del patto col diavolo

di Julio Loredo

La persecuzione contro la Chiesa cattolica in Nicaragua raggiunge eccessi inauditi. Dal 2018, ben 245 religiosi – tra essi il Nunzio apostolico, tre vescovi e 136 sacerdoti – sono stati espulsi dal Paese. Gli attacchi contro le chiese si moltiplicano. Solo durante la prima metà del 2024 ne sono stati documentati 92. Nel 2023 si registrarono 740 aggressioni a sacerdoti e suore. Il governo marxista di Daniel Ortega considera la Chiesa una “nemica pubblica”, alla stregua dell’odiato “imperialismo yanqui”. Ortega e sua moglie, Rosario Murillo, chiamano i sacerdoti “terroristi”, “golpisti”, “ministri del demonio”. Più di un vescovo, tra cui monsignor Rolando Álvarez, è finito in carcere. Le processioni religiose sono proibite. Nel dicembre 2023 il governo ha lanciato la campagna “Natale zero”, per sradicare questa festività.

Diversi organismi internazionali dei diritti umani hanno sollevato accorate proteste, così come molte autorità religiose. Il Celam (Conferenza episcopale latinoamericana) ha diffuso una Dichiarazione di censura. In netto contrasto, il Vaticano di Francesco, a parte un vago e inefficace riferimento alle condizioni mentali del dittatore Ortega, ha finora mantenuto un imbarazzato silenzio, limitandosi ad accogliere a Roma qualche sacerdote oppositore cacciato dal regime. Avrà le mani legate per via del patto con la Cina comunista, di cui il Nicaragua è stretto alleato?

Sulla persecuzione non mancano le notizie, ma c’è un punto che non mi risulta sia stato menzionato: Daniel Ortega fu portato al governo proprio dalla Chiesa cattolica, o meglio dal settore allineato con la Teologia della liberazione, allora (1979) praticamente egemone.

Negli anni 1960-1970, la corrente della Teologia della liberazione affiancò, e a volte perfino cappeggiò, le varie rivoluzioni socialiste in America Latina. Tra i “compagni di viaggio” del comunismo internazionale, nella sua lunga marcia di conquista, forse nessuno gli è stato tanto utile quanto la Teologia della liberazione, specie in America Latina.

“I rappresentanti della Teologia della liberazione — scriveva nel 1985 l’analista sovietico Vladimir Pacika — vedono nel marxismo non tanto un sistema di pensiero contro il quale devono sviluppare un’alternativa cristiana, ma piuttosto una teoria dello sviluppo sociale che manca al cristianesimo, e da cui possono e devono trarre vantaggio”.[1] Aveva ragione Fidel Castro quando dichiarava: “La Teologia della liberazione è più importante del marxismo per la rivoluzione in America Latina”.[2]

Il Nicaragua, piccolo paese centro-americano a stragrande maggioranza cattolica, passerà alla storia come un caso da manuale in cui il movimento della Teologia della liberazione è riuscito a impadronirsi del potere, in alleanza con le forze comuniste del Fsln (Frente Sandinista de Liberación Nacional).

Nel gennaio 1966 Fidel Castro ospitò all’Avana la Conferencia Tricontinental, un raduno di organizzazioni rivoluzionarie di tutto il mondo, allo scopo di creare un movimento sovversivo globale. Fu in questa occasione che il “Che” Guevara lanciò il suo celebre proclama “Due, tre… molti Vietnam!”.[3] La conferenza diede un forte impulso ai movimenti guerriglieri in America Latina, tra cui il Frente Sandinista de Liberación Nacional del Nicaragua. Nato come insorgenza nazionalista contro la presenza americana, il Fsln diventò man mano marxista-leninista. I suoi combattenti erano addestrati in campi mediorientali dall’Olp di Yasser Arafat, allora in collusione con l’Urss.[4]

Si trattava di applicare il classico schema comunista: minoranze ben addestrate che sfruttano le situazioni di tensione nelle campagne e nelle città per creare un scontento tale da sfociare in una rivoluzione popolare. La dittatura di Anastasio Somoza Debayle (1925-1980) sembrava offrire il clima ideale. Eppure, già pochi anni dopo l’offensiva sandinista si era arenata, orfana di appoggio popolare. Saldamente cattoliche, le masse si mostravano refrattarie alla predica marxista.

A questo punto, però, intervenne un fattore nuovo. Mi riferisco alle Comunità ecclesiali di base (Ceb) ispirate dalla Teologia della liberazione, allora egemone nella Chiesa in Nicaragua, guidata dall’arcivescovo di Managua monsignor Miguel Obando y Bravo (che poi sfumerà le proprie posizioni). Utilizzando tecniche di “coscientizzazione”, le Ceb riuscirono a trasformare molti cattolici in rivoluzionari, indirizzandoli poi verso il Fsln. Spiega il sociologo Johannes Van Vugt: “La rivoluzione nicaraguense ebbe successo grazie alle comunità ecclesiali di base. Queste comunità costituirono una rete di mobilitazione in favore dell’insorgenza, utilizzando metodi di coscientizzazione per politicizzare le masse, salvo poi lanciarle contro il regime [di Somoza]. [Le Ceb] offrivano una giustificazione alla rivoluzione compatibile con la fede cattolica. Fornirono militanti e leader rivoluzionari al Frente Sandinista de Liberación Nacional”.[5]

Il risultato di questa simbiosi fra la Teologia della liberazione e l’insorgenza comunista fu la vittoria militare del Fsln, nel luglio 1979.[6] Prese quindi il potere una Junta, presieduta dal guerrigliero Daniel Ortega. La collusione della Chiesa col sandinismo fu tale che nel primo governo sandinista c’erano ben tre sacerdoti: padre Miguel d’Escoto, ministro degli Esteri; padre Ernesto Cardenal, ministro della Cultura; e padre Fernando Cardenal, ministro della Pubblica istruzione. In altre parole, fu la Chiesa cattolica, o meglio la corrente della Teologia della liberazione, allora dominante, a portare Daniel Ortega al governo, facendo un patto col diavolo, ossia col comunismo.

Com’era già successo con la rivoluzione cubana nel 1960, e con il trionfo di Allende nel 1970, la vittoria dei sandinisti galvanizzò la sinistra latinoamericana. Il 28 febbraio 1980 si tenne nel teatro della Pontificia Università Cattolica di San Paolo, in Brasile, una “serata sandinista”, sotto l’alto patrocinio del cardinale Paulo Evaristo Arns, arcivescovo di San Paolo. La serata faceva parte del IV Congreso Internacional Ecumenico de Teologia, al quale parteciparono 160 vescovi, sacerdoti, suore e laici impegnati nel movimento della Teologia della liberazione in America Latina. Ospiti d’onore furono guerriglieri sandinisti, con a capo il presidente Daniel Ortega, accompagnati dal francescano Uriel Molina, presentato come “cappellano della guerriglia”, e David Chavarría, un “guerrigliero cristiano”. Presente anche il ministro padre Miguel d’Escoto. I sandinisti volevano insegnare ai cattolici brasiliani la formula del loro successo, affinché potessero replicarlo. Era un aperto incitamento alla lotta armata.

Il giorno dopo, il giornale dell’arcidiocesi paulista titolava: “Nicaragua, è appena l’inizio!”. In un’intervista, il cardinale Arns rivelava che, col patrocinio della Curia, leve di militanti delle Comunità ecclesiali di base stavano viaggiando verso il Nicaragua per ricevere addestramento nella lotta rivoluzionaria. “Questo è solo l’inizio!”, esclamava con entusiasmo sua eminenza.[7]

Passano gli anni e i decenni, ed ecco che adesso il diavolo si sta rivoltando contro coloro che lo avevano aiutato per azione od omissione. Nel frattempo, il comunismo sovietico è finito, il marxismo è caduto nel dimenticatoio e lo stesso Ortega è stato estromesso dal governo nel 1990. I teologi della liberazione si sono riciclati in nuove espressioni dei loro errori: Teologia indigena, Teologia gay, Teologia femminista, Teologia ecologica e via dicendo. Daniel Ortega, però, è rimasto uguale.

Dopo un interludio, Ortega riprese il potere nel 2007 e non lo mollò più, divenendo a ogni effetto un tiranno. Di fronte ad alcune critiche delle autorità ecclesiastiche, che lo accusavano di violare i diritti umani, Ortega rispose lanciando un’efferata persecuzione contro la Chiesa. Nel 2018 il Vaticano dovette richiamare a Roma il vescovo ausiliare di Managua, per evitare che fosse assassinato. Nel 2022 Ortega espulse il nunzio apostolico. Diverse ordini religiosi sono stati chiusi, tra cui le Figlie della Carità di Madre Teresa.

Finora il Vaticano si è astenuto dal condannare ufficialmente e categoricamente la persecuzione in Nicaragua. Un possibile motivo lo abbiamo accennato sopra. Il Nicaragua è diventata una sorta di protettorato della Cina comunista[8], alla quale pure il Vaticano è legato per via di un Trattato del quale molte clausole sono segrete. Qual è la vera natura dei legami fra papa Bergoglio e il governo comunista di Pechino? Quali obblighi impone al Vaticano questo Trattato negoziato dal cardinale Parolin?

D’altronde, papa Bergoglio è promotore della Teologia della liberazione che nel suo pontificato è entrata definitivamente nella normalità della vita della Chiesa”, secondo quanto dichiarava padre Federico Lombardi, allora portavoce del Vaticano.[9] Avrà Francesco qualche remora nel condannare i frutti di una corrente che egli stesso promuove?

Note

[1] V.M. Pacika, Dialettica dello sviluppo sociale e della lotta ideologica. La Teologia della liberazione nella sua versione radicale latino-americana, in “Problemi di Filosofia”, Mosca 1985, n. 1, pp. 92-100.

[2] Cit. in Leonardo Boff, A originalidade da Teologia da libertação em Gustavo Gutiérrez, in “Revista Eclesiástica Brasileira”, vol. 48, fasc. 191, settembre 1988, p. 550.

[3] Ernesto Guevara, Crear dos, tres, muchos Vietnam. Mensaje a los pueblos del mundo a través de la Tricontinental, in “Tricontinental”, La Habana, 16 aprile 1967.

[4] U.S. Department of State, The Sandinistas and Middle Eastern Radicals, Washington DC, agosto 1985.

[5] Johannes Van Vugt, Christian Base Communities, in “The Ecumenist”, Ottawa, vol. 24, n. 1, novembre/dicembre 1985, p. 1.

[6] Si veda Carlos Alberto Libânio Christo, Nicaragua livre: O primeiro passo, Civilização Brasileira, Rio de Janeiro 1980; Juan Hernández Pico, Convergencia entre iglesia popular y organización popular en Centroamérica. Contribuì non poco alla vittoria sandinista la politica dell’allora presidente statunitense James Carter che, a pretesto dei diritti umani, ritirò l’appoggio ad Anastasio Somoza. Costui sarà assassinato nel 1980 da un comando terrorista in Asunción, Paraguay.

[7] Nicarágua è apenas o começo, in “O São Paulo”, 1 marzo 1980. Per un resoconto completo della serata guerrigliera, si veda Plinio Corrêa de Oliveira, Na “Noite sandinista”, incitamento à guerrilha dirigido por sandinistas “cristãos” à esquerda catolica no Brasil e na America espanhola.

[8] Si veda: Embajada de la República Popular China en la República de Nicaragua, “Artículo de Opinión del Embajador Chen Xi” en 19 Digital: “Asociación Estratégica China-Nicaragua Nueva relación orienta nuevos desarrollos”.

[9] Rossoporpora, Blog di Giuseppe Rusconi, in “Corriere del Ticino”, 26 febbraio 2014.

Fonte: atfp.it

Nella foto, il presidente del Nicaragua Daniel Ortega

 

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