Da Wojtyła a Bergoglio. Così, con Assisi 1986, dilagò l’apostasia

Questo estratto, fondamentale per capire l’attuale crisi, è tratto dal libro di don Andrea Mancinella (1956-2024) Golpe nella Chiesa. Documenti e cronache sulla sovversione: dalle prime macchinazioni al Papato di transizione, dal Gruppo del Reno fino al presente.

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27 ottobre 1986: Giovanni Paolo II invita personalmente i rappresentanti di tutte le più diffuse religioni del mondo per un incontro ecumenico di preghiera ad Assisi, la città di san Francesco. Circa un mese prima, in un articolo de L’Osservatore Romano pubblicato per preparare gli animi dei cattolici all’impatto sconvolgente di Assisi, monsignor Mejìa (allora vicepresidente della Pontificia Commissione Iustitia et Pax, ex compagno di studi del giovane don Karol Wojtyła all’Angelicum e poi, naturalmente, anche lui cardinale) aveva rivelato l’eresia fondamentale che era alla base di questo incontro ecumenico di preghiera: «La comune presenza (di rappresentanti di varie religioni, N.d.R.) si fonda, in ultima analisi, sul mutuo riconoscimento e rispetto della via seguita da ciascuno, e della religione a cui si appartiene, come strada di accesso a Dio» [1]. E infatti solo accettando questo indifferentismo religioso (per il quale una religione in sostanza vale l’altra) ripetutamente condannato dalla Chiesa [2], è possibile accettare l’incontro di Assisi e le sue ormai innumerevoli repliche a ogni livello (anche diocesano, e perfino parrocchiale).

Nella mattinata del 26 ottobre Giovanni Paolo II, prima di entrare nella Basilica di Santa Maria degli Angeli, così presentava ai convenuti il programma dell’incontro: «Andremo da qui ai nostri separati luoghi di preghiera. Ciascuna religione avrà il tempo e l’opportunità di esprimersi nel proprio rito tradizionale. Poi dal luogo delle nostre rispettive preghiere, andremo in silenzio verso la piazza inferiore di San Francesco. Una volta radunati in quella piazza, ciascuna religione avrà di nuovo la possibilità di presentare la propria preghiera, l’una dopo l’altra» [3].

Fermiamoci un momento e ragioniamo: Nostro Signore Gesù Cristo ha posto in questa terra il suo Vicario e la Chiesa perché annunziassero la verità e dispensassero la grazia e la salvezza a tutti gli uomini di qualsivoglia religione, chiamandoli alla conversione, a costo del martirio: e così hanno fatto gli Apostoli, così tutti i Santi e i Martiri per duemila anni. Ma ecco ora un Papa chiamare a raccolta i non cattolici non per esortarli alla conversione e nemmeno per una semplice discussione, bensì per spingerli a pregare secondo le loro false e vane credenze umane (quando non diaboliche) al fine di ottenere una non meglio precisata pace mondiale. Quale pace? Non sarà certo la pace di Cristo quella che si otterrà disobbedendo a Lui, che ha ordinato ai suoi Apostoli: “Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato” (Mc. 16, 15).

Quando poi papa Wojtyła ha citato il nome di Gesù Cristo, l’ha presentato come se Egli e la sua Chiesa fossero facoltativi, un semplice traguardo di perfezionamento ideale. Con queste parole e questi atti Giovanni Paolo II: 1) violava il Primo Comandamento di Dio; 2) confermava i non cattolici nei loro errori, radicandoveli ancor più; 3) diffondeva tra i cattolici una mentalità relativista ed indifferentista, che sta oggi spegnendo inesorabilmente la fede (intendiamo la vera fede cattolica dogmatica) del popolo cristiano.
Nel corso della giornata, poi, nei luoghi sacri di Assisi si moltiplicavano le profanazioni. Ecco come le sintetizzava un periodico cattolico:

1) dopo aver visto nella chiesa di San Pietro (Assisi) i bonzi adorare il Dalai Lama, reincarnazione per loro del Buddha, seduto con le spalle al Tabernacolo di un altare laterale, dove la lampada accesa attestava la presenza reale di Nostro Signore Gesù Cristo, al Quale nessuno dei suoi ministri si era premurato di risparmiare almeno quell’oltraggio (cfr. Avvenire, 28 ottobre 1986);

2) dopo aver visto nella medesima chiesa l’idolo del Buddha troneggiare dal Tabernacolo, sull’altare principale, simbolo del Corpo di Cristo, consacrato per offrire a Dio il Sacrificio del suo Unigenito Figlio (cfr. Avvenire e Il Mattino, 28 ottobre 1986);

3) dopo aver visto gli stregoni pellirosse preparare il khalumet della pace sull’altare della chiesa di San Gregorio (cfr. La Repubblica, 28 ottobre 1986);

4) dopo aver udito gli indù invocare la Trimurti e tutto il pantheon induista seduti attorno all’altare della chiesa di Santa Maria Maggiore (cfr. Corriere della Sera, 28 ottobre 1986);

5) dopo aver letto che alcune chiese cattoliche e la stessa Basilica di San Francesco si sono salvate dalla profanazione solo grazie alla sensibilità di musulmani ed ebrei, i quali si sono rifiutati di «tenere i loro riti nei luoghi sacri di una religione diversa» (cfr. Il Giornale, 28 ottobre 1986);

6) dopo aver visto in Santa Maria degli Angeli, dinanzi alla Porziuncola, il Vicario di Cristo seduto nel semicerchio di sedie tutte identiche tra i capi delle altre religioni, affinché tra loro, come tra i cavalieri della Tavola Rotonda, non ci fosse «né primo né ultimo» (cfr. Il Tempo e Avvenire, 28 ottobre 1986);

7) dopo aver letto che il Dalai Lama sedeva alla sinistra del Vicario di Cristo, perché il cerimoniale gli aveva assegnato tra gli ospiti un posto d’onore, essendo egli non un semplice rappresentante di una religione, ma lo stesso Buddha reincarnato, ovvero un idolo vivente (cfr. Il Tempo, 28 ottobre 1986);

8) dopo aver visto ed udito sacerdoti cattolici fungere premurosamente da interpreti di officianti buddhisti, sikh, musulmani e degli stregoni africani ed amerindi ad edificazione dei cattolici presenti;

9) dopo aver udito, ad esempio, il sottosegretario del Segretariato per i non cristiani, il salesiano Giovanni Bosco Shireida, spiegare con tutta serietà ai presenti che i buddhisti avevano smesso la loro nenia, perché avevano raggiunto il Nirvana (cfr. Il Mattino, 28 ottobre 1986) e il padre Andraos Salama, scalzo per rispetto ai fratelli musulmani, tra i quali pregava un italiano apostata dal cattolicesimo, che Avvenire chiama, però, un convertito all’islamismo, spiegare con altrettanta serietà: «Essi chiamano Allah per sottomettersi e chiedere il suo perdono» (cfr. Avvenire, 28 ottobre 1986);

10) dopo aver visto alcuni frati francescani avviarsi per primi, tutti compunti, a ricevere dagli stregoni pellirosse la benedizione di Manitou (cfr. Il Mattino, 28 ottobre 1986) e gente cattolica entrare nei vari luoghi di preghiera come se andasse a una Messa, ricevervi devotamente la benedizione di Allah, Buddha, Visnù, ecc. (cfr. La Repubblica, 28 ottobre 1986), assistere «ad ogni cerimonia con lo stesso (sic!) raccoglimento» (Avvenire, 28 ottobre 1986), baciare rispettosamente la mano del Dalai Lama (cfr. Il Tempo, 28 ottobre 1986), e ricevere gli intrugli magici sparsi dagli stregoni africani quasi fossero acqua benedetta (cfr. Il Giornale, 28 ottobre 1986);

11) dopo aver visto trionfare in Assisi gli apostati dal cattolicesimo per seguire le favole musulmane, buddhiste, induiste, ecc. (cfr. La Repubblica e Avvenire, 28 ottobre 1986);

12) dopo aver sentito il rabbino di Roma esprimere la propria soddisfazione perché ad Assisi, e chi potrebbe contraddirlo? «Tutte le religioni, su un piano di assoluta parità, hanno potuto pubblicamente e privatamente offrire la loro preghiera per la pace di tutti» (cfr. Il Tempo, 29 ottobre 1986);

13) dopo aver letto sull’organo ufficioso dell’episcopato italiano che i convenuti in Assisi «hanno cantato i nomi (sic!) di Dio» (Avvenire, 28 ottobre 1986);

14) dopo aver letto sui giornali laicisti – ma chi potrebbe dar loro torto? – titoli come Padri nostri lassù nei cieli (Panorama, 2 novembre 1986), Notre-Père qui ètes aux dieux (Libération)[4], Nel nome di ogni dio (Il Manifesto), Assise: la paix des dieux (Le Quotidien)[5], Tous les dieux de l’humanité s’étaient donné rendez-vous hier à Assise (France Soir)[6];

15) dopo aver visto, udito e letto molte, troppe altre cose sulla giornata di Assisi il 27 ottobre 1986, preferiamo non sapere quanto dell’abominio della desolazione perpetrato in quei luoghi santi sia dovuto realmente all’iniziativa personale di Giovanni Paolo II e quanto, invece, si debba all’iniziativa personalissima del cardinale Roger Etchegaray, in quanto Presidente della Pontificia Commissione Iustitia et Pax, il dicastero che ha preparato l’incontro, come ha reso noto L’Osservatore Romano del 27-28 ottobre 1986.

È certo comunque che mai la Santissima Trinità e Nostro Signore Gesù Cristo erano stati più oltraggiati, mai i luoghi santi più sacrilegamente profanati, mai la dignità del Capo visibile della Chiesa cattolica più umiliata, mai il popolo cristiano più scandalizzato dai suoi stessi Pastori. E quando leggiamo che il cardinale Willebrands commosso ha dichiarato che è stata una giornata «incredibilmente bella; su di essa scenderà la benedizione di Dio» (cfr. Il Giornale, 28 ottobre 1986), ci domandiamo quanto, non del cardinale né del vescovo né del sacerdote, ma quanto del battezzato rimanga ancora in questo olandese.

E quando il cardinale Etchegaray, facendo il bilancio di Assisi, parla trionfante di «impressioni ed immagini che ci inducono già ad un apprezzamento positivo, a un moto di rendimento di grazie» (Avvenire, 2 novembre 1986), sappiamo che a questo prete di Cristo, vescovo e cardinale della Santa Chiesa, non resta più niente di sensus catholicus. L’amara conclusione di Assisi è che la superstizione, praticatavi il 27 ottobre 1986 dai rappresentanti delle false religioni, è nulla in confronto al tradimento che Dio ha subito in Assisi da parte dei suoi stessi ministri [7]. Il mondo, da parte sua, ha ovviamente applaudito all’inaudita iniziativa papale, e in particolare le Logge massoniche hanno ben potuto esultare di fronte al picconamento della Chiesa.

La Civiltà Cattolica del 6 dicembre 1986, ad esempio, riportava alla pagina 45 il seguente comunicato ufficiale: «I massoni della GLNF (Gran Loggia Nazionale Francese, N.d.R.) desiderano associarsi di tutto cuore alla preghiera ecumenica che il 27 ottobre raccoglierà ad Assisi tutti i responsabili di tutte le religioni a favore della pace nel mondo». Il Grande Oriente d’Italia dal canto suo poteva così esultare: «La saggezza massonica ha stabilito che nessuno può essere iniziato se non crede nel GADU (Grande Architetto dell’Universo, N.d.R.), ma che nessuno può essere escluso dalla nostra Famiglia a causa del Dio nel quale crede e del modo in cui Lo onora. A questo nostro interconfessionalismo si deve la scomunica da noi subita nel 1738 ad opera di Clemente XII. Ma la chiesa era certamente in errore, se è vero che il 27 di ottobre del 1986 l’attuale Pontefice ha riunito ad Assisi uomini di tutte le confessioni religiose per pregare assieme per la pace. E che altro andavano cercando i nostri Fratelli se non l’amore fra gli uomini, la tolleranza, la difesa della dignità umana quando si riunivano nei Templi, considerandosi eguali, al di sopra delle fedi politiche, delle fedi religiose e del vario colore della pelle?» [8].

È l’ennesima conferma che le novità del Vaticano II e le loro applicazioni postconciliari nulla hanno a che fare con la Fede cattolica, ma derivano – col tramite della nuova teologia – dalla fonte avvelenata del naturalismo massonico.

[…] San Pio X aveva avvertito i cattolici di guardarsi dall’aderire «ad una specie di cristianesimo vago ed indefinito che si suol chiamare interconfessionale e che si diffonde sotto la falsa etichetta di comunità cristiana mentre evidentemente non c’è nulla di più contrario alla predicazione di Gesù Cristo» [17]. Altro che unico popolo di Dio!

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[1] OR, 17 settembre 1986.

[2] Cfr. ad es. Leone XII (Denz. 2720); Gregorio XVI (Denz. 2730); Pio IX (Denz. 2785 e 2915-2917).

[3] OR, 27-28 ottobre 1986.

[4] Gioco di parole con la prima frase del Padre nostro in francese (cieux = cieli, dieux = dèi).

[5] Assisi: la pace degli dèi.

[6] Tutti gli dèi dell’umanità si erano dati appuntamento ieri ad Assisi.

[7] Sì sì no no, n. 21, 15 dicembre 1986, pp. 1 ss.

[8] Hiram, rivista del Grande Oriente d’Italia, aprile 1987, pp. 104-105.

[…]

[17] Enciclica Singulari quadam, in EE, vol. 4, n. 362.

Fonte: radiopsada.org

Andrea Mancinella, Golpe nella Chiesa. Documenti e cronache sulla sovversione: dalle prime macchinazioni al Papato di transizione, dal Gruppo del Reno fino al presente, prefazione di don Curzio Nitoglia, postfazione di Aldo Maria Valli, Radio Spada, 306 pagine, 25 euro

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